Leaving - 1

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19 agosto 2066.

Erano circa le quattro di mattina, su Ganimede. Miriam era alla porta d'ingresso, con le chiavi tintinnanti in una mano. Cercò di entrare facendo meno rumore possibile, togliendosi anche le scarpe col tacco e lasciandole in un angolino vicino all'appendiabiti di mogano.

La ragazza guardò davanti a sé, notando che la casa era immersa nel silenzio più totale. Sulla destra, il grande divano grigio ardesia si trovava davanti alla grande libreria bianca, esattamente di fronte alla TV al plasma. Poco più in là, il grande tavolo che aveva ospitato Kamila e le sue amiche per quella sera: c'era ancora una tovaglia, un po' stropicciata, a coprire la nuda e candida superficie. Due calici di cristallo erano rimasti lì, vuoti. Dalla porta - finestra non entrava nessuna luce.

Gli occhi di Miriam si spostarono sulla propria sinistra, notando che la piccola porta che dava sulla cucina era rimasta socchiusa. La ragazza quindi si decise ad avanzare, stringendo nella mano destra parte della catena della pochette. Kamila non si era addormentata sul divano.

Dopo qualche passo in avanti, quasi in punta di piedi, Miriam svoltò a sinistra, imboccando il corridoio che conduceva alle camere da letto. Non accese la luce. Vide immediatamente la porta della stanza di Amanda chiusa, come a custodire qualche segreto al suo interno. Non aveva ancora avuto il coraggio di metterci piede, in quella camera. In fondo al corridoio c'era la sua stanza; prima, però, decise di vedere se sua madre stesse bene, aprendo leggermente la prima porta che trovò sulla destra.

La luce continuava ad essere poca, quasi del tutto assente, ma Miriam si accorse immediatamente di qualcosa di strano. Stava guardando la schiena di sua madre, con i capelli neri sciolti che vagavano su di essa, e vide le sue braccia avvinghiate a qualcosa accanto a sé.

A qualcuno.

La ragazza decise di entrare del tutto, mentre sentiva il sangue affluire lentamente al cervello.

"No... No..."

Aveva già riconosciuto quei capelli brizzolati, che un tempo dovevano aver avuto una colorazione tra il castano ed il nero. Riconobbe immediatamente le spalle austere, che fino a qualche giorno prima aveva visto fasciate da un completo elegante e blu scuro. Non fu necessario pensarci ancora: era sicura che, se l'avesse guardato negli occhi, avrebbe ritrovato la fotografia spiccicata delle sue iridi.

Jon era tornato ed era nel letto di sua madre. Con sua madre.

- No, no, no! Cazzo! - disse la ragazza, senza riuscire a trattenersi. Kamila non sembrò sentirla, mentre Jon si mosse, girando lievemente il capo all'indietro, ma senza riuscire a vedere sua figlia.

Miriam sentì letteralmente il soffitto caderle addosso. Anzi, macché soffitto! Sentì il pavimento sgretolarsi sotto i suoi piedi. Si mise la mano destra sulla bocca, come per coprire il proprio respiro. Si sentiva decisamente di troppo in quella stanza.

Uscì chiudendo la porta delicatamente, con le mani tremanti. Solo una volta fuori si accorse di stare piangendo copiosamente. La porta della stanza di Amanda rimaneva chiusa. Lei la fissò, chiedendo scusa a sua nonna. Non era riuscita nemmeno a mantenere una promessa.

"Eppure... non può essere colpa mia. Non può essere solo colpa mia..." continuava a ripetersi Miriam, immobile di fronte alla camera di Kamila. La vita le stava giocando un brutto scherzo: la morte della nonna, la ricomparsa di Jon, la notte con Spike finita con lui che nel sonno chiamava un'altra, lei che era tornata a casa e aveva trovato la madre e quell'uomo (tanto odiato dalla nonna) insieme, nello stesso letto ed abbracciati. Era tutto troppo, troppo da sopportare in una volta sola.

Però poteva non essere troppo tardi: poteva pur sempre cercare di allontanare Jon... Ma il fatto che la madre avesse ceduto, che lei stessa lo avesse riaccolto, gettò Miriam nello sconforto più totale.

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