Gnossienne

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30 agosto 2066, notte.

Spike Spiegel era appostato dietro ad un grande albero, una specie di quercia dalla corteccia rossastra. Diverse centinaia di metri davanti a sé, su un pontile di legno sottile, si ergevano due figure: erano di spalle ed avevano entrambi un'altezza compresa tra il metro e ottanta e il metro e novanta. L'uomo sulla sinistra, il più alto, teneva lo sguardo basso, con le mani in tasca; la donna lo guardava e i suoi capelli si muovevano seguendo la brezza. 

Il lago Kaplan era completamente immobile e riusciva a riflettere molte delle stelle del cielo. Era come un grande specchio, una lastra posata sul terreno e di forma circolare.

Spike non poté sentire nessuna delle parole che si stavano scambiando i due, ma era consapevole di averli trovati. 

Era da solo. Il suo telefono era spento, mentre si passava la pistola tra le mani, silenziosamente. Era già carica, ovviamente.

Sulle panchine di ghisa verde non c'era nessuno. Nessuno guardava la strana ed intrigante vista del lago. Le coppiette abituali erano come svanite: probabilmente erano solo andate al cinema, a vedere il nuovo film romantico appena uscito. Neanche gli animali sembravano voler uscire dai loro nascondigli: gli scoiattoli Koi, a macchiette rosse e nere, si erano sicuramente appisolati nelle loro tane ed i corvi riposavano sui rami del querceto.

Il ragazzo guardò un'altra volta la donna, sporgendosi leggermente dal tronco. 

Portava un vestito a mezze maniche, di un colore scuro. L'abito le arrivava appena sopra il ginocchio ed ai piedi calzava delle ballerine. Il caschetto nero e mosso era spettinato, mentre continuava a parlare con l'uomo. La voce si era alzata, ma le parole ancora non riuscivano ad essere messe a fuoco dalle orecchie di Spike.

Eppure sapeva che era lei.

L'uomo, nonostante sovrastasse la donna con la sua altezza, sembrava intimorito. Continuava a tenere lo sguardo sull'acqua e ribatteva alle domande di lei con la voce sempre bassa, come se volesse nascondersi. A volte scuoteva lentamente la testa, sconsolato. 

Spike Spiegel aveva immaginato Chiyeko Huni come una signora di mezz'età, tarchiata, con una fila di doppi, tripli menti, i capelli radi e gli occhiali da nonna. Perché no, magari anche senza denti.

Però, quando Mao gli aveva mostrato le sue foto, ci era rimasto quasi di sasso. Era giovane, giovanissima. Probabilmente più giovane di lui. Sembrava una ragazzina, forse una studentessa universitaria del primo anno. In realtà doveva essere sulla trentina.

Strinse la pistola nella mano destra, avvolgendo ogni singolo dito intorno all'arma. L'indice era appoggiato delicatamente sul grilletto, che sentiva liscio e quasi viscido sotto il suo tocco. Strinse gli occhi e vide la pistola quasi svanire nell'oscurità.

Era arrivato il momento di fare fuoco.

Respirò silenziosamente, appoggiò la spalla destra al tronco della quercia e prese la mira. Chiyeko continuava a parlare, di spalle. Urlava, ma Spike continuava a non capire cosa stesse dicendo. L'uomo accanto a lei rispose a voce bassa, ma non sembrò avere il coraggio di guardarla in volto. 

La voce di Chiyeko prese una strana piega, come se fosse stata presa fisicamente da una forza sconosciuta e piegata in modo innaturale. L'uomo non la guardò, forse ancora sovrappensiero. Il caschetto nero ruotò verso destra e tutto il corpo lo accompagnò in questo movimento: il vestito seguì le gambe molli e bianche, le braccia si afflosciarono. 

Finalmente l'uomo si accorse della morte, come se quest'ultima gli avesse picchiettato con l'indice sulla spalla. Rimase muto, mentre un liquido scuro usciva da sotto i capelli. Sembrava essere un piccolo serpente, una biscia notturna. Si guardò attorno, ma non sembrava essere nervoso. Non ancora. 

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