Non riusciva.
Era ormai immobile da venti infiniti minuti, non poteva resistere ancora in quella situazione.Guardò in alto, dove l'oscurità non permetteva neanche di scorgere il soffitto.
Girò la testa verso la sveglia: 4:35, segnavano le luci rosse.
"Dannazione" sussurrò. Era inutile pensare che qualcuno la potesse sentire, tutta la sua famiglia era a letto.
Fortunati loro; doveva essere bello dormire la notte.
Alzò lentamente il busto ed appoggiò i suoi piedi nudi sul morbido tappeto di pecora.
Un brivido le attraversò la schiena quando, fatto il primo passo, si trovò a contatto con le gelide piastrelle in cotto.Afferrò il telefono dal comodino ed accese la torcia.
Camminava appoggiando i piedi il più delicatamente possibile per non fare rumore.Entrò nel bagno e si chiuse la porta alle spalle.
Accese la luce e dovette sbattere ripetutamente le palpebre prima di abituarsi.
Guardò il suo riflesso nello specchio.
Gli occhi rossi e le borse marcate sotto gli occhi, accentuate dal mascara che non aveva mai voglia di togliersi.Si sciacquò la faccia più volte e si asciugò con un panno.
Prese delle ciabatte che trovó per terra, quelle a forma di coniglio che avevano comprato a Natale.
Uscí dalla stanza e si diresse verso l'ingresso.
Afferrò dalla gruccia una felpa e se la infilò.Non appena aprì la porta una leggera brezza le accarezzò il viso.
Amava Los Angeles di notte.Cominciò a camminare.
Un piede dopo l'altro avanzava sulla solita strada, alla solita ora, diretta alla solita meta.Era così monotona la sua vita.
Erano poche le macchine che passavano a quell'ora, ed aveva smesso di chiedersi cosa pensassero le persone quando vedevano una ragazzina uscire a quell'ora.
Ed eccola di nuovo lì.
Davanti all'unico bar della città ancora aperto a quell'ora.
Era un locale piccolo, con le pareti in pietra ed il pavimento il legno scuro.Le porte automatiche si aprirono permettendole di entrare.
Si guardò in giro:non c'era nessuno, anche il proprietario era in cucina, però, a giudicare dallo zaino sul pavimento, c'era anche un altro ragazzo.Il gestore sbucò da dietro la porta mentre lei si sedette al bancone.
"sempre il solito?" Chiese, già pronto con il bicchiere in mano.
"Sempre il solito" confermó lei.
Afferró il telefono dalla tasca e lesse gli ultimi messaggi.
Non c'era niente di nuovo, solo i suoi compagni che mandavano messaggi sul gruppo dei compiti.
Il barista appoggiò il drink sul bancone e lei iniziò a sorseggiarlo giocando a Candy Crush."Figliolo, portami del ghiaccio!" Gridò il signore rivolgendosi, a giudicare da dove guardava, a qualcuno dentro la cucina.
Non lo aiutava mai nessuno a quell'ora.Alzò lo sguardo e vide spuntare dalla porta un ragazzo alto, forse sul metro e settantacinque.
Era magro, tanto che non riusciva a capire se avesse 9 o 16 anni.
Era evidentemente una caratteristica di cui si vergognava, dato che copriva il suo fisico con una maglietta lunga ed una tuta.Lo fissò mentre portava il recipiente a quello che doveva essere suo nonno.
Il ragazzo fece per tornare ma il signore lo fermò."Non essere scortese, saluta"
Lui si voltò verso la cliente e le rivolse un "buongiorno" accompagnato da un flebile sorriso.
La ragazza si limitò a bere l'ultimo sorso e lasciare i soldi sul bancone.
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lontani dal proprio passato || PAYTON MOORMEIER
Fiksi PenggemarOgni tanto cerchiamo di nascondere il nostro passato a tutti, perfino a noi stessi. È proprio per questo motivo che Payton decide di aprire un nuovo capitolo della sua vita in California, trasferendosi nella famigerata Hype House insieme al suo migl...