Cap 19 (parte uno)

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Mi sveglio per via di un incubo, uno dei tanti ormai.
Sono passati due giorni da quando ho parlato con Logan.
Quel giorno ho passato il restante tempo della giornata con Helen e Isabelle e a cena Logan si è scusato per come si era comportato nei miei confronti.
Sa che non sono arrabbiata con lui, anche perché in questi due giorni abbiamo passato diverso tempo insieme in cui lui ha provato ad insegnarmi a combattere.
Decido di alzarmi; so benissimo che non riuscirei a riprendere sonno.
Vado dallo zaino e tiro fuori la tuta che avevo messo qualche giorno fa e la stessa maglietta nera.
Dopotutto i vestiti che ho portato con me non sono Infiniti, prima o poi dovrei andare a comprarmi qualcosa di nuovo.
Oggi è il dodici giugno, il giorno della morte di mia madre.
Sto uno schifo.
L'anno scorso quando se ne è andata l'ho presa malissimo.
Dopo aver ricevuto la notizia me ne sono andata dall'ospedale e ho passato tutto il giorno al mare a piangere, ricordandomi di come lei mi ci portasse sempre e di come lo amasse.
Non riuscivo a crederci.
Quel giorno mi aspettavo di vederla da un momento all'altro spuntare da infondo alla spiaggia e venirmi incontro e invece ciò non accadde mai.
Ma questa volta non voglio ricordare!
Voglio solo dimenticare.
Per un giorno! Non chiedo tanto!
Guardo l'ora e vedo che sono le dieci del mattino.
Meglio così, almeno Logan sarà sveglio e potrò dirgli che me ne vado in città per tutto questo pomeriggio.
Esco dalla stanza con la testa leggera, riesco solo a pensare a che giorno di merda sia questo.
Vado dalla stanza di Logan, busso ma nessuno mi risponde.
Apro la porta, ma la stanza è vuota.
Vado di sotto scendendo le scale e incontro isaac che mi guarda preoccupato.
Lui sà...
Sà che giorno è oggi per me, glielo avevo detto una volta o due e lui se lo ricorda.
La data della morte di mia madre l'ho detta solo a lui, nemmeno Helen e Isabelle la conoscono nonostante gli abbia raccontato l'accaduto.
Logan invece sa solo che mi sono trasferita, non conosce il motivo.
Isaac si avvicina a me e mi abbraccia forte.
"mi dispiace!" Mi dice mentre mi da un bacio sulla testa.
Non riesco a trattenere qualche lacrima.
"anche a me" rispondo completamente sincera.
"Isaac, i-io vado in città oggi, a-avverti tu Logan" gli dico con voce spezzata.
"Ti do un passaggio?" Mi chiede lui riferendosi al fatto che non so guidare e che dovrei fare una marea di strada a piedi.
"Si... grazie" gli dico di cuore.
Isaac ha la patente perché a differenza mia lui è anche più grande.
Frequentava il mio stesso corso a scuola perché avendo iniziato la scuola per via della sua fuga, era finito con quelli della mia età, anche se lui ha già diciotto anni.
A tutti diceva di essere stato bocciato per non ricevere domande.
Scendiamo le scale fino a piano terra prendiamo un paio di chiavi delle macchine che sono a disposizione per il branco e ci dirigiamo verso la macchina.
Percorriamo la strada per la città in silenzio e una volta arrivati isaac mi chiede "posso farti un po' di compagnia?"
So che non mi vuole lasciare sola, e lui sà che in realtà è quello che vorrei tanto, però alla fine accetto.
"va bene, ma solo un pochino, dopo voglio rimanere sola, capiscimi per favore" gli rispondo io con una voce piena di dolore.
Vorrei essere forte oggi, ma proprio non ci riesco.
Scendiamo dall'auto e isaac mi porta a fare colazione in un bar poco distante.
Ci sediamo ad un tavolo e poco dopo isaac mi chiede "è bello qui vero?"
Cercando di farmi fare conversazione, ma per sua sfortuna oggi non funziona molto, la mia mente è leggera e va su tutt'altri pensieri.
"Si" rispondo io con voce atona.
"Cosa vuoi mangiare?" Mi chiede lui quasi sul punto di ordinare.
"niente, ho lo stomaco chiuso" gli rispondo io guardandolo negli occhi.
"Luna non puoi fare così! Devi mangiare okey? Ti ordino qualcosa io se non decidi tu" mi risponde lui, io annuisco con la testa e lascio che sia lui a decidere per me.
Non so se quello che mi prenderà lo mangerò davvero, prima non ho mentito dicendo di avere lo stomaco chiuso, però cercherò di sforzarmi per fargli un piacere.
Quando arriva il cameriere sento isaac dire "una bottiglietta d'acqua, un cappuccino e due ciambelle"
Il ragazzo prende subito le ordinazioni e se ne va'.
Immagino che isaac abbia preso per me la bottiglietta d'acqua, dato che sa quanto odio alla mattina bere cose calde e anche perché conosce il fatto che a me non piace il cappuccino o il caffè in generale.
L'acqua alla mattina è l'unica cosa che riesco a bere, al massimo il tè freddo oltre a quelle due cose nient'altro.
Dopo poco arrivano le nostre ordinazioni e io con le mani inizio a spezzettare la ciambella e portarmi piccoli pezzi alla bocca.
Vedo isaac farmi un sorriso per il fatto che per lo meno io ci stia provando, ma penso che in ogni caso noti il mio sforzo.
Quando finisce di mangiare mi chiede "vuoi andare via di qui?"
Io che sono riuscita a mangiare si e no metà ciambella, alla sua domanda annuisco con la testa e isaac si dirige alle casse per pagare con me al suo fianco.
Guardo l'ora sull'orologio che ho al polso e noto che ormai sono le undici di mattina.
Isaac mi porta ad un parco all'aperto, senza cancelli o recinzioni e passiamo qualche ora fermi sulle altalene.
Verso l'una isaac mi dice "pulce, ora devo tornare alla casa branco, si staranno chiedendo tutti che fine abbiamo fatto, torno a prenderti alle quattro del pomeriggio okey? Intanto prendi questo" mi dice isaac allungandomi il suo telefono.
Il mio l'ho perso, non ho idea di dove sia e in questi giorni non ero minimamente interessata a scoprirlo.
"Grazie per esserci sempre isaac, sei veramente un fratello per me" gli dico alzandomi sull'altalena e abbracciandolo forte, lui ricambia l'abbraccio e poi si vede costretto ad andarsene.
Io sto male, veramente male.
La sua presenza, anche se inconsciamente, mi faceva bene.
Mi alzo e mi dirigo verso un locale qualsiasi.
Con me ho portato diversi soldi e per oggi voglio dimenticare tutto, persino il mio nome.
Entro in un locale a caso e chiedo al barista di portarmi la cosa più alcolica che ha da bere.
So quanto tutto questo faccia schifo, so che non dovrei farlo, eppure il dolore vince sulla coscienza.
Lui all'inizio mi guarda stupito, poi però mi accontenta.
Mi siedo al balcone e il ragazzo mi porge un bicchiere con all'interno un liquido aranciato, non ho idea di cosa sia ma lo butto tutto giù in tre sorsi.
Sento la gola bruciarmi, ma ne ordino un altro.
Passo la giornata così fino a quando non ricordo più nemmeno che cosa sto facendo e nemmeno il motivo per cui lo sto facendo.
Il barista mi guarda preoccupato "ti senti bene?" Mi chiede.
"si, ne vorrei ancora" gli dico io.
Le parole mi escono di bocca senza neanche comandarle, non è quello che voglio eppure continuo a bere.
"Mi dispiace, credo di non poterti dare più niente" mi risponde il ragazzo.
Al che mi metto a piangere, ormai completamente ubriaca e inizio a dire cose senza senso.
"è uno schifo sai? Lui lo sapeva e mi ha mandata via!" Non ricordo neanche io di cosa stia parlando, ora non piango più, mi fermo solo perché inizio a provare un certo malessere.
Adesso però mi viene da ridere, non so perché ma lo faccio.
Il ragazzo di fronte a me mi guarda preoccupato.
Poi sento una voce dire "Luna, che stai facendo?"
Non so chi stia cercando quella voce, non so a chi appartenga so solo che vedo tutto sfocato e che mi gira la testa.
Mi alzo in piedi perché voglio riprendermi, ma inevitabilmente cado a terra.
Non so perché ma ora sto piangendo di nuovo.
Mi ritorna in mente mia madre, anche lei è caduta, caduta in un posto irraggiungibile.
"Perché la mia luce mi ha lasciato?"
Chiedo a non so chi.
Si perché mia madre era la mia luce, la mia felicità, lei era la gioia delle mie giornate perché mi rendeva felice.
Ma adesso è una stella lontana e la sua luce non mi arriva più.
Sento delle braccia cercare di sollevarmi ma io le spingo via.
"No! non toccarmi!"
Non so chi sia ma nessuno mi deve toccare.
Ma quelle braccia insistono e mi tirano su stringendomi ad un corpo maschile.
"Piccola, sei ubriaca?" Mi chiede una voce con preoccupazione.
"Lasciami!" Esclamo.
Vedo tutto sfocato e cerco di spingere via chiunque mi stia tenendo, ma non ci riesco.
Involontariamente mi scendono delle lacrime per la sensazione di impotenza che sto provando, nemmeno con lei ho potuto fare niente.
"Ti prego!" Dico pensando di dire al mondo crudele che me l'ha portata via di lasciarmela ancora un po'.
Ma lei ormai non c'è più.
"Luna, sono io" mi dice la voce di prima.
"perché mi hai rubato la mia luce!"
Inizio a dire tirando dei pugni sul petto di colui che mi sta tenendo tra le sue braccia, anche se non sembrano fargli nulla.
Mia madre qualche volta la chiamavo luce, ma solo poche volte, ora mi pento di non averglielo detto tutti i giorni.
"Luna.." mi dice quella voce maschile in una metà tra il dispiaciuto e il sofferente.
"perché non ho potuto fare niente?" Chiedo a chissà chi mentre cerco di spingermi via da quell'abbraccio e in qualche modo ci riesco.
Faccio qualche passo indietro e cerco un appiglio per appoggiarmi, credo di aver trovato un tavolo.
"Piccola, Andiamo a casa vieni!" Mi dice sempre la stessa voce dolce, che mi prende una mano, io vedo sfocato, non riesco a metterne a fuoco il viso ma intravedo dei capelli neri e degli occhi azzurri.
Casa... parlava di casa, dov'è casa mia?
In Italia, mia madre è lì.
"A casa... mamma" il mondo gira e queste sono le ultime parole che sussurro prima che la terra sotto i miei piedi inizi a mancare e che quel mondo tutto sfocato diventi nero.

-Compagni Di Vita- Life MatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora