Capitolo 2

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Alexander pov.

I miei genitori erano stati vittima di un attentato una notte, precisamente il 23 settembre 1998.

Quella notte io non ero presente in casa, come tutte le altre notti.

Anche se ci eravamo trasferiti in un' altra città e in un altro quartiere, anche lì eravamo scortati, quindi io non avevo molta libertà.

Ero costretto a studiare a casa,grazie un insegnante privato che viveva con noi.
Non conoscevo la vita, non conoscevo il significato di amicizia o di amore, non conoscevo cosa voleva dire una passeggiata, la vista del mare, insomma la mia vita era una prigione proprio come il destino dei criminali che i miei genitori avevano processato.

Per questo ogni notte, scappavo dal giardino sul retro della nostra gigantesca villa.
Avevo scoperto un passaggio che mi permetteva di uscire ed entrare senza essere scoperto dalle guardie in fondo al cancello e per essere sicuro di non essere scoperto, avevo memorizzato gli orari in cui quella guardie cambiavano il turno, precisamente alle 22 e 10 di sera e alle 6 e 50 di mattina .
In quei minuti buchi, io scappavo di casa, per immergermi nella vita reale.
Le luci, i negozi, tutto era nuovo per un ragazzino che aveva vissuto chiuso in una tana. Mi piaceva osservare le persone, memorizzavo i loro gesti, il loro modo di fare, le paure , questo mi aveva aiutato poi,nel mio lavoro.

Quella sera del 23 settembre, come le altre sere, stavo girovagando per il paese e mi ero soffermato in un parco, su di una panchina ad osservare un piccolo scoiattolo su di un albero. Li trascorsi tutta la notte. Dopo aver visto l'alba, come di solito facevo,mi fermai nel mio bar preferito, per mangiare il mio amato croissant al cioccolato e il mio cappuccino, prima di rientrare a casa , fu in quel bar che scoprì la notizia.

Il telegiornale come ogni mattina, comunicava al modo le news e quella mattina comunicò anche la morte dei miei genitori.

Flashback

" Edizione straordinaria delle 6, stanotte precisamente verso le quattro, un esplosione ha colpito la casa dei magistrati " Trevor". Un vero è proprio attentato che ha colpito l'intera famiglia . Tutti sono morti sul colpo , ricordiamo Marie Elisabeth e Lion Trevor come eroi della giustizia e  grazie a loro che Los Angeles a meno paura delle organizzazioni criminali .
Due eroi però, che non sono scampati alla mafia . Anche il piccolo John e il maestro, Matthew Cambel, sono stati vittima di questo attentato. Un duro colpo per la magistratura e per le forze dell'ordine. "

Fine flashback

Quella mattina non ritornai a casa, anche perché non ne rimaneva nulla e poi dovevano pensare che fossi morto. Vagavo nascondendomi e piangendo. I miei genitori erano morti, mi credevano morto . Passai due giorni a gironzolare come un barbone, doveva essere dura per un ragazzino di appena 11 anni, ma non per me. Mia madre, anche se rinchiuso in una casa, mi aveva preparato bene per questo giorno. Lei sapeva che sarebbe arrivato e fu anche per questo che ricordai di quell'indirizzo tracciato dietro una mia foto da piccolo che custodivo sempre nel mio portafoglio.
Comprai un biglietto treno per Atlanta , precisamente a Midtown un quartiere della capitale .
Arrivato a destinazione presi un taxi che mi portò diritto a destinazione.
Li si trovava Michael O'connel, grande amico di mio padre e anche grande collega, che si era ritirato dalla sua carriera a causa della sua malattia. Sapeva del mio arrivo, o almeno lo sperava, visto che aveva sentito per telegiornale della mia morte. Mi spiegò del programma di protezione nei miei confronti dalla mia nascita , mi raccontò dei miei genitori , dei loro piani verso il mio futuro. Mio padre aveva espresso categoricamente che dovevo restare alla larga dalla vita di strada. Non dovevo diventare avvocato o magistrato, non dovevo far giustizia, ma soprattutto non dovevo chiedere vendetta perché nonostante la giustizia e gli arresti, la mafia avrebbe sempre sparso sangue, avrebbe sempre avuto quella piccola vincita sul mondo e io dovevo stare alla larga da tutta quella merda.

Per questo cambiai identità diventando: Alexander Gilbert .

Quell'uomo ,Michael mi aveva accolto nella sua casa come un figlio. All'inizio non fu semplice instaurare un rapporto con lui, ma con il tempo imparai a volergli bene, infondo era l'unico che conosceva la verità. L'unica persona che mi aveva fatto sentire un ragazzo normale . Andavo a scuola, frequentavo le persone normalmente , senza bodyguard o stupidi programmi di protezione. Ero un ragazzo orfano di genitori,ma libero . All'età di 20 anni mi arruolai, anche contro il volere di Michael, ma lo volevo più di me stesso e poi ero portato sia per il carattere , sia per la forza. Con gli anni ero diventato chiuso, acerbo, non avevo amici, non mi interessavano, ero privo di emozioni. La tristezza, la paura come anche l'amore erano sentimenti che non mi appartenevano più ormai . Ero una roccia che si fortificò ancor di più dopo la morte di Michael.
Il mio essere freddo, cocciuto il mio non avere nessuno, aveva permesso di diventare a far parte dei servizi segreti . Mi ero costruito una corazza intorno a me che mai nessuno avrebbe abbattuto. Ero un uomo privo di sentimenti per questo ero perfetto come macchina da guerra. La mia vita a 24 anni diventò completamente fatta di missioni, per la maggior parte essere infiltrato in qualche associazione criminale sparsa per il mondo.
Mi assegnavano le battaglie più toste, perché conoscevano bene l'Alexander Gilbert, disposto a tutto per vincere .
Io però non volevo vincere. A me non interessava il successo del mio lavoro.
Avevo scelto di essere una macchina da guerra, grazie ai miei addestramenti, grazie a tutti i corsi di arte marziale e di box . Ero il più temuto non perché la gente conosceva il mio vero lavoro, ma perché conoscevano il mio essere cattivo.
Ero una macchina da guerra perché ero cresciuto con un unico obiettivo o meglio, con un unica missione:

UCCIDERE GLI ASSASSINI DEI MIEI GENITORI.

Beyond appearances - Oltre le apparenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora