Capitolo 4

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Hope pov.

La mia vita era sempre stata perfetta, avevo una famiglia che amavo tanto e un fratello eccezionale, anche se era più grande di me di 11 anni.
Trovava sempre il tempo per me, era tutto: un amico, un confidente, uno psicologo, il mio difensore, non altro che mio fratello.
Di amiche non ne avevo molte, anche perché si avvicinavano a me sempre perché in realtà volevano conoscere mio fratello. Le classiche sedicenti troppo attratte da ragazzi più grandi, per questo mi ero chiusa a riccio, diventando antipatica ai loro occhi. Ero un asociale, non parlavo con nessuno, la mia vita era mio fratello Robert.
Rob era un ragazzo bellissimo: moro con occhi celesti, mentre io li avevo verdi. Somigliava molto a mia madre sia caratterialmente che fisicamente, infatti avevano le stesse iridi blu. Io invece non somigliavo a nessuno. Ero unica, mi ripeteva sempre Rob, unica come le stelle, me ne regalò anche una, una sera, con tanto di testamento.
Molte volte ci ritrovavamo in soffitta soprattutto quando tornava dalle sue svariate operazioni di polizia, così le chiamava lui.
Ce ne stavamo sul tetto tutto il tempo, guardavamo le stelle e la luna, raccontandoci le nostre giornate di quando lui non c'era. Capitava spesso che si assentava anche per mesi, però mi chiamava sempre ogni sera, e se non poteva, il messaggio della buonanotte lo inviava sempre, tranne una notte.

Quando morì.

Quella sera di un anno e mezzo fa , quella maledetta sera, la chiamata, come il messaggio non arrivò.

Io e Rob eravamo telepatici, lo eravamo sempre stati da bambini. Ogni volta che entrambi avevamo sensazioni strane, accadeva qualcosa all'altro. E io quella mattina, mi ero svegliata con un vuoto nel petto,e una sensazione di angoscia, ma non ci avevo fatto poi tanto caso, perché dovevo andare a lavoro.
Lavoravo da Gabriel, un piccolo negozio che vendeva attrezzature per ricambi elettrici. Avevo il turno di mattina e dovevo sbrigarmi , altrimenti sarei arrivata in ritardo. In realtà quella mattina, non ci ero mai andata a lavoro perché avevano suonato alla porta due agenti di polizia. Ancora sono impressi nella mente quel " mi dispiace signora.."
Ancora mi è impresso il preciso momento in cui il mio cuore è andato in pezzi . Mio fratello, il mio adorato Rob era morto. Morto durante una missione ,quell' era stato tutto ciò che avevano raccontato.
Inutile dire il dolore immenso della mia famiglia, tutto era andato a rotoli, come anche la mia vita.
A distanza di un anno e mezzo la mia vita era rimasta devastata. Continuavo a lavorare da Gabriel, un vecchietto tanto gentile quanto buono. L'unico che mi aveva spronato ad avere una vita, se si poteva definire ancoravcosì.
Lavoravo tutto il giorno, avevo chiesto io a Gabriel di assumermi full time, mi aiutava a non pensare. I miei genitori dalla morte di Rob non erano stati più gli stessi. Mia mamma era cambiata drasticamente, non rideva, non piangeva , era apatica . Mio padre , invece, cercava di fare quel che poteva per andare avanti, ma le litigate erano sempre all'ordine del giorno.
Quello era stato il motivo per cui avevo iniziato a pensare di andarmene di casa. La famiglia Miller di prima, non esisteva più, mio fratello non c'era più. Tutto si era sgretolato da quel giorno.
Solo un luogo, mi faceva sentire stranamente bene la vecchia villa difronte. Quella casa era sempre stata abbandonata, poi un giorno degli uomini vennero a sistemarla. Ogni giorno ammiravo i vari camion di traslochi, che caricavano mobili vecchi e scaricavano altri nuovi e intatti.
La villa era stata acquistata da un certo Alexander, non ci abitava o almeno non stava fisso, ma veniva soltanto durante il weekend.

Ricordo ancora quando lo vidi per la prima volta 2 mesi prima.

Ero rimasta a pensare davanti alla mia finestra, con gli occhi rivolti verso la strada. Mi capitava spesso di rimanere imbambolata e quel pomeriggio stavo proprio così.
Lo vidi scendere da una Mustang nera . Era alto, forse troppo. Capelli neri come la pece e occhi grigi. Si proprio grigi , con un fisico abbastanza palestrato, non eccessivamente,ma quanto bastava.

Lo avevo squadrato ber bene.

Un giorno mentre passeggiavo davanti casa sua, qualcosa colpì la mia attenzione o meglio qualcuno. Un piccolo gatto si era incastrato nella rete che divideva casa di quel ragazzo alla strada, che scoprì dopo chiamarsi Alexander Gilbert, così stava scritto sul citofono . Senza pensarci scavalcai il piccolo cancelletto e liberai il gattino.
Rimasi stranita, quando sul retro, vidi una piccola porta socchiusa. Lui non cera ,era giovedì e sarebbe arrivato il sabato , per questo una piccola occhiata non avrebbe causato nulla, così entrai.
Se da fuori quella villa era malandata, Bhe! dentro era completamente diverso !.
Era tutto completamente rivestita con carta da parato, il parquet in ogni stanza . Era semplice ed elegante. Quel che mi colpì di più però era una piccola stanza che si trovava in mazzarda. Li erano presenti molti scaffali con varie collezioni tra cui le barche a vela, le stesse che piacevano a mio fratello. Quella stanza era l'unica che era collegata ,da una scalinata, ad un altra stanza fatta completamente di vetrate, dove erano presenti, ogni tipo di alcolici, tutti intatti e precisi ,ordinati per grado di alcol contente in ciascuna bottiglia. Dall'altra parte invece, bicchieri di ogni genere . Non avevo mai visto un collezionista del genere per questo mi affascinava quella persona anche se l'avevo visto una sola volta.

Da quel giorno, ogni giorno entrai in quella casa . Era come un rifugio per me. Rifugio dalla mia vita, dalle urla dei miei genitori . Un rifugio che per qualche strano motivo a me ignoto, mi faceva sentire vicino a mio fratello.

Beyond appearances - Oltre le apparenzeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora