"Questione di codini"

595 11 55
                                    

Due grandi paia di occhi castani si riempirono di lacrime mentre stringeva con rabbia le spalline dello zaino.

L'ennesima presa in giro, sempre per lo stesso motivo.

Riccardo aveva appena sette anni e già doveva sopportare il peso dell'inferno sulle spalle, ogni giorno collezionava nuovi insulti e nuove prese in giro da parte dei compagni, e non poteva nemmeno parlarne con qualcuno.

Se infatti l'avesse riferito all'insegnante, oltre al fatto che non sarebbe cambiato nulla, le prese in giro sarebbe aumentate, e con esse le sue lacrime.

Non voleva mostrarsi debole, piangere davanti ai propri compagni, e per questo fuggiva via deriso da essi per poi ripararsi al vecchio campo al fiume.

Lì, davanti al muto ruscello, dava sfogo alla sua tristezza, bagnando di lacrime il bel prato verde del campetto dove lui e il migliore amico Gabi giocavano sempre.

Riccardo non era affatto viziato come pensavano tutti i suoi compagni, era vero che apparteneva ad una famiglia piuttosto ricca e che a scuola sfoggiava sempre vestiti di marca e scarpe firmate ma non era affatto abituato a tutte quelle attenzioni.

Nonostante la tenera età, il castano sapeva che se poteva permettersi tutte quelle belle cose era grazie al duro lavoro che aveva fatto suo padre prima di morire, e all'eredità che aveva lasciato alla mamma che nonostante la grande fortuna anch'ella continuasse a lavorare.

Non si dava delle arie e con i compagni era sempre gentile e sorridente, prestava tutto a tutti sempre volentieri e giocava con chiunque senza distinzioni.

La maestra gli faceva i complimenti per gli ottimi voti e per la sua capacità di scrittura e lettura maturata prima degli altri alunni, scaturendo così in loro parecchia gelosia e antipatia definendolo il preferito della maestra.

A lui non interessavano i bei voti, la scuola tutto sommato gli risultava facile e divertente, l'unico grande problema erano le continue frecciatine degli altri bambini, un gruppetto che era solito prenderlo di mira dopo le lezioni.

Riccardo non poteva farne parola con nessuno, lui stesso ammetteva che sarebbe sembrato il viziato che pensavano fosse e a volte si era abbandonato al pensiero che avessero ragione gli altri bambini.

Forse lui era davvero tanto terribile, tanto viziato e cattivo, e non meritava degli amici, per questo glieli portavano via.

Era l'unica ragione che risultasse valida alla mente del bambino,e come se non bastasse lo prendevano in giro anche perché il primo giorno di scuola aveva pianto, così come avevano fatto molti di loro.

Che c'era di male dopotutto?

Tutti, o quasi tutti, avevano pianto il loro primo giorno di scuola, che fosse per vedere meno mamma e papà o che fosse per avere paura a non fare amicizia, che venissero giudicati.

Riccardo era già molto amico del piccolo Gabi, e il rosa gli bastava e avanzava, con lui passava tutte le sue giornate, scopriva nuove emozioni e cosa più preziosa giocavano insieme a calcio.

Quando era triste, appunto, il castano si rifugiava al campo dive rincorreva la palla assieme all'amico, ricordando i bellissimi momenti insieme.

Gabi giocava quasi sempre in difesa, se non le rare volte in cui giocava in porta.

Quando ricopriva il ruolo di difensore, il rosa roteava su se stesso e cercava di compiere delle buffe capriole e intanto urlava con tutta la vocina che aveva in corpo, sempre e comunque, il turbine supremo.

Gabi rideva e si rialzava tutto sporco di terra mentre guardava il cielo su di lui, azzurro come i suoi occhi.

Il sogno del rosa era imparare infatti la tecnica micidiale del suo mito nonché padre Nathan Swift e ereditare da lui la sua tecnica di difesa.

Inazuma One-shotsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora