"Tra le mani di un imperatore"

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Lui mi ha plasmato fin dall'inizio, fin da quel fatidico incendio nel quale quasi non ci rimise la vita.

Non potrò mai dimenticare il suo corpo ingoiato dalle fiamme e la sua espressione placida, quasi sorridente, mentre consapevolmente moriva.

Mi terrorizzava, che un ragazzo di soli quindici anni avesse già certi ideali di cambiare il mondo e non fosse affatto spaventato dalla morte, che anzi l'accogliesse e la desiderasse.

Quello era un tentato suicidio, Heath non aveva scuse per quella folle azione.

A quei tempi lo consideravo pazzo, che il mondo non poteva cambiare a suo piacimento e non potevo capire come la morte poteva dare senso alla sua esistenza.

Pagai le sue spese mediche, e dopo mesi di riabilitazione finalmente guarì, insieme alla bambina da lui salvata, che lo salutava agitando la manina in aria.

Non potevo che chiedermi perché, perché l'avessi salvato sebbene non lo conoscessi, perché avessi abbandonato la vita di strada per un ragazzo con la smania di comandare.

Lentamente quelli che consideravo deliri divennero la normalità, spesso lo ascoltavo quasi rapito dall'illusione che potessero diventare realtà.

Hesth parlava di rivoluzione, di cambiamenti radicali in tutto il mondo, farneticava della fine di tutte le guerre, della cura a tutte le malattie, e che i bambini avessero tutti dei genitori pronti ad amarli.

Sorridevo davanti a quei discorsi più grandi di noi, sorridevo ma non capivo, non capivo che Heath era serio.

La confusione nella mia mente era evidente, una forza sconosciuta mi spingeva a dargli retta, a credergli e a porgergli il mio aiuto, e io mi piegavo al volere silenzioso di Heath.

Anche adesso che il tempo è passato, adesso che Ares è stato distrutto, ancora non mi capacito ad allontanarlo da me.

Qualcosa ci unisce, e non mi riferisco solo al mio enorme amore per lui che lui ignora, ma anche ad una forza, una spinta invisibile che mi suggerisce di seguirlo e di proteggerlo da tutto e tutti.

"Cambierò il mondo con queste mie stesse mani" pronunciava e pronuncia ancora Heath, continuando a definirsi il comandante di un qualcosa che ormai non esiste più da tempo.

Si ostina a definirsi imperatore, si ostina a mantenere quello sguardo vitreo e freddo mentre il passo cadenzato di un generale lo contraddistingue.

Lui mi ha formato, mi ha reso quello che sono ora, forse è per questo che non riesco a toglierlo dai miei pensieri e dal mio fianco.

Dopo tutte le crudeltà alle quali mi ha sottoposto, dopo avermi nascosto il suo tumore e dopo aver avuto una storia, seppur breve, con quella manager della Raimon nonostante fossimo fidanzati io avrei tutti i motivi di questo mondo per lasciarlo.

Per abbandonarlo a se stesso, dato che dice di essere qualcuno di supremo, di insormontabile,di irraggiungibile.

Hai ragione Heath, io non riuscirò mai a raggiungere il tuo livello, a d essere alla tua altezza dunque perché continui a insistere sul nostro rapporto in rovina?

Se non sono niente per te lasciami andare, o consentimi di lasciarti, anche se non credo sarò mai capace di dirti appieno addio.

Rifletto, i pensieri martellano mia mente, trapanano la mia sicurezza e mi convincono sulla nostra separazione.

Vorrei piangere ma tu potresti accorgertene, vorrei parlarti ma la voce mi è morta in gola non appena ti sei coricato affianco a me nel letto matrimoniale.

Sono debole appena ti vedo, sono debole in tua presenza perché so di non essere abbastanza, so di non essere voluto da te.

Penso ancora a quella ragazza, al perché hai detto tutto a lei e a me non hai detto niente, quella Regina era per caso un altro giocattolo come lo sono io?

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