Capitolo 2

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Si alzò, si lavò e si vestì come suo solito. 1 settembre 1998.

Chissà cosa sarebbe successo.

Sicuramente non potrà essere peggiore degli ultimi due, si disse mentre si sistemava meglio il fermacravatta. Sospirò guardandosi allo specchio. Se sua madre non avesse ritenuto fondamentale per la sua carriera l'aver ottenuto i M.A.G.O., probabilmente non sarebbe tornato ad Hogwarts quell'anno. Dopo tutti i processi che avevano dovuto sopportare, erano riusciti per miracolo a evitare il carcere a vita. Dovevano ringraziare Harry Potter che aveva testimoniato a loro favore spiegando quanto le menzogne che Narcissa Malfoy aveva raccontato a Voldemort fossero state decisive per la vittoria. Dovevano ringraziare Hermione Granger che aveva saputo trovare valide argomentazioni per tenere almeno Draco fuori da Azkaban.

Draco aveva passato gli ultimi mesi o al Ministero per essere processato oppure chiuso in camera sua cercando di non affondare. Il rapporto con suo padre non era migliorato, anzi: quell'uomo lo terrorizzava, ma ormai era diventato così bravo a recitare da poter intraprendere una carriera da attore. Al contrario, il rapporto con Narcissa Malfoy era migliorato un poco: quando, davanti a tutta la scuola, Draco era stato chiamato da Voldemort per unirsi a lui, non aveva mosso un dito. Non sapeva se per il terrore di tornare in quell'incubo o se per il terrore di morire da codardo. Non era mai stato un ragazzo particolarmente coraggioso e per questa ragione non si era mai opposto al Signore Oscuro. Per questo si era mosso solo quando era stata sua madre a chiamarlo. Non era andato dai Mangiamorte, non si era unito al lato oscuro dopo tutto quello che aveva visto. Lui era andato dalla sua mamma. Lui era andato dalla donna che, bene o male, aveva sempre cercato di proteggerlo. Da suo padre, dal Signore Oscuro. Forse, perfino da se stesso.

Doveva inoltre fare quotidianamente i conti con il senso di colpa e il dolore che gli lacerava il petto. Andava ogni sera a dormire sfinito per le emozioni che provava per risvegliarsi il mattino dopo più stanco di prima. Era piuttosto sicuro di essere entrato in una specie di sindrome depressiva o qualcosa del genere. Aveva visto morire troppa gente. I ranghi del Signore Oscuro non erano mai stati quelli giusti per lui. Lui non voleva che i Sanguemarcio e i Mezzosangue morissero, non lo meritavano. Pensò alla bruna che per anni aveva disprezzato e preso in giro: loro due sarebbero stati ufficialmente i più grandi della scuola e non sapeva se sarebbe riuscito anche solo a guardarla in faccia dopo aver assistito in prima linea alle torture inflitte da Bellatrix senza muovere un dito. Non riusciva a darsi pace per quello che aveva visto e fatto.

Come poteva andare avanti come se nulla fosse? Come poteva fingere che andasse tutto bene anche ai suoi occhi e non solo a quelli degli altri? Come poteva farsi accettare da una popolazione e da una scuola che lo aveva etichettato come uno schifoso Mangiamorte? La risposta era semplice: non poteva. Quello che aveva vissuto sarebbe rimasto dentro di lui fino a quando chissà quale entità superiore non lo avrebbe richiamato a sé. Draco non credeva in Dio, non ci aveva mai creduto. Ed era chiaro il perché: se davvero esisteva un Dio, come aveva potuto permettere che tutte quelle cose brutte e terribili accadessero?

Tornò a guardarsi allo specchio e mise su la sua quotidiana maschera che mostrava alle persone. Sentì un leggero bussare alla porta.

-Avanti.- disse con il tono di voce piatto e altezzoso impartitegli dal padre. Un giovane elfo domestico entrò nella grande camera scura del ragazzo.

-Sua madre dice che è ora di andare, signorino Malfoy.-

Draco non smise di fissare il suo riflesso.

-Grazie, puoi andare.-

Sentì l'elfo chiudere la porta alle sue spalle. Decise di indugiare ancora qualche minuto prima di buttarsi tra la folla del Binario 9¾ e della scuola. Probabilmente indugiò più di qualche minuto perché presto una testa bionda fece capolino oltre la porta della sua stanza seguita poi dal resto del corpo. Narcissa Malfoy era vestita con un semplice ma elegante abito nero e portava i capelli raccolti in uno chignon basso sulla testa.

-Tesoro, sono le undici meno dieci, è davvero ora di andare.- Draco annuì.

-Andrà bene, Draco. Ho parlato con la signora Zabini ultimamente e mi ha detto che forse tornerà anche Blaise a scuola.-

Draco si girò a guardarla.

-Come puoi dire che andrà tutto bene? Con o senza Blaise, io rimango un Malfoy. Un Mangiamorte. E tutto a causa di... lui.- disse l'ultima parola con disprezzo e paura.

-So cosa provi nei confronti di tuo padre Draco, ma vedila come un'occasione per fare del bene. Prova, allontanandoti da lui, a stare meglio con te stesso.- gli disse sua madre abbracciandolo.

-Grazie, mamma.- sussurrò lasciandosi confortare dalle braccia dell'unica persona mai veramente amata, dell'unica persona per cui avrebbe dato la sua vita, dell'unica persona che per lui c'era sempre stata, indipendentemente da tutto e tutti. Si separarono appena sentirono dei passi salire le scale e si avvicinarono alla porta per uscire. Appena chiusero la porta dietro di loro, si ritrovarono davanti il volto severo di Lucius Malfoy.

-Finalmente. Credevo foste stati rapiti.- disse con un lento e freddo sarcasmo che fece contrarre le viscere di Draco.

-Stavamo solo controllando di non aver dimenticato nulla, padre.- disse il ragazzo nascondendo il timore dietro quella solita maschera di indifferenza e superiorità che era tanto abituato ad indossare.

-Bene. Io e tua madre non verremo con te, Draco. Credo sia proprio ora che tu ti smaterializzi.- disse secco prendendo la moglie per un braccio e trascinandola fuori dal campo visivo del ragazzo. Prima che Narcissa si voltasse per dare un ultimo sguardo all'amato figlio e che egli si smaterializzase con tutto l'occorrente per l'anno scolastico, a Draco parve di vederla tremare al solo contatto con quell'uomo.

***

C'era caos, molto più caos di quanto ricordasse.

Bambini urlanti correvano a destra e sinistra, genitori gridavano avvertimenti e salutavano i figli. Mentre trasportava il suo baule verso il deposito bagagli vide facce note. Non sapeva i loro nomi, ma sapeva che erano al secondo anno e che fino a pochi mesi prima avevano passato pomeriggi e serate intere a farsi torturare dagli allievi del settimo anno. Da lui. Cercò di rimanere impassibile nonostante sembrasse avere un'aura nera intorno a lui visto che tutte le persone a cui passava a fianco ammutolivano. Vide una donna sulla sessantina tirarsi più vicino due gemelline di circa sette anni. Cercò di non farci troppo caso.

Mentre si girava per salire sul treno si accorse che un ragazzino del secondo o terzo anno era in difficoltà. Gli ritornarono in mente le parole di sua madre "so cosa provi nei confronti di tuo padre Draco, ma vedila come un'occasione per fare del bene. Prova, allontanandoti da lui, a stare meglio con te stesso". Fece un respiro profondo e allungò la mano per aiutarlo.

-Lascia, faccio...-

-Stai lontano da lui, mostro!- gli disse una donna dai capelli scuri e la pelle olivastra mettendosi davanti al figlio. Probabilmente, una pugnalata nello stomaco avrebbe fatto meno male. Guardò la donna e, da dietro le sue braccia, scorse gli occhi scuri del bambino pieni di paura. Si girò e se ne andò, cercando di non dare troppo nell'occhio e cominciando ad avere qualche difficoltà a mantenere la sua classica maschera alzata.

Era davvero questo che la gente pensava di lui? Credeva che fosse un mostro? E come dare loro torto, lui stesso si sentiva come tale. Salì sul treno senza guardare nessuno in faccia e si infilò nel primo scompartimento vuoto che riuscì a trovare. Guardò fuori per diversi minuti senza davvero guardare il movimento al di là di quel misero finestrino di vetro. Avrebbe tanto voluto sparire da lì e comparire da qualche altra parte. Anzi, Draco cominciava seriamente a pensare che la cosa migliore sarebbe stata scomparire e basta. Senza riapparire da nessuna altra parte, così da non poter più dare fastidio a nessuno e poter permettere agli altri una vita diversa da quella che aveva vissuto lui, immersa nella paura di morire o peggio.

Una strana sensazione lo distolse da quei tetri pensieri e si voltò, sicuro che qualcuno lo stesse osservando. Quando vide chi c'era dall'altra parte della porta, trattenne il respiro e serrò la mascella. Hermione Jean Granger lo stava guardando, la mano vicino alla maniglia, troppo spaventata per trovare il coraggio che l'aveva sempre distinta dagli altri studenti di Hogwarts. Probabilmente non si era neanche accorta che il ragazzo si era girato a guardarla.

Draco avrebbe tanto voluto che lei varcasse quella soglia, avrebbe voluto ringraziarla, dirle che gli dispiaceva come mai prima d'allora di quello che era avvenuto a Villa Malfoy, dirle che non si sarebbe mai perdonato di non essere intervenuto per porre fino a quel supplizio. Ma Hermione non aprì quella porta e lui continuò a tenersi tutto dentro, logorandosi poco alla volta.

Forgive me - DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora