Capitolo 26

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I giorni passavano, ma per Draco sembravano non passare mai. La sua routine quotidiana era diventata più dolorosa del solito, non riusciva ad addormentarsi la sera e non riusciva a svegliarsi al mattino, ed ogni sera, puntuale come un orologio svizzero, sognava Hermione che veniva torturata da Bellatrix. Ormai andare a dormire era per lui diventata un'agonia, tanto da riempirsi di caffè come se al posto dello stomaco avesse avuto un barile in attesa di essere riempito. Aveva sempre delle occhiaie tremende e oramai andava avanti per due cose: la prima era l'inerzia, ormai compagna abituale della sua schifosa vita, l'altra era la speranza e la consapevolezza che, da qualche parte, avrebbe potuto vedere Hermione.
Hermione. Mai nessuno le era mancato così tanto come quella ragazza. Gli mancava tutto di lei, ogni singola cosa: i suoi capelli ricci che gli solleticavano il visto quando l'abbracciava, il suo leggero profumo di arancio e mandarino, i suoi caldi e amati occhi bruni e le sue morbide labbra. Ogni singolo ricordo era per Draco una dolce pugnalata auto inflitta alla schiena. E per quanto odiasse quel dolore, una parte di lui lo amava e sperava di continuare a sentirlo. Aveva passato delle notti in bianco per cercare di trovare una soluzione a questo enorme controsenso, ma ancora non c'era riuscito. Quel dolore, lasciatogli da Hermione, lui lo vedeva sia come una meritata punizione sia come un modo per sentirsi più vicino alla sua amata, per quanto folle e senza senso questa spiegazione potesse risultare. Si era chiuso in un profondo silenzio che solo Astoria, in rare occasioni, riusciva a rompere. Per il resto parlava solo con Blaise di cose enormemente futili e di poca importanza.
Ormai non sapeva più come andare avanti. Osservava ogni singolo particolare, ogni suo movimento. La osservava quando si sistemava i capelli dietro alle orecchie, quando giocava distrattamente con una ciocca nelle lezioni di Storia della Magia, quando prendeva freneticamente appunti durante tutte le altre ore. La guardava sorridere alle sue amiche e ridere con Dean e Agnes, e nel suo cuore desiderava essere al posto del bruno, posare lui il suo braccio sulle sue spalle per sorreggersi e non cadere dalle troppe risate, abbracciarla e farle il solletico solo per il gusto di vederla arrabbiare.
Ma, osservandola bene, capiva anche che tutto quello che faceva con i suoi amici non era che una farsa, una mera illusione a cui tutti credevano. Tutti ci cascavano eccetto lui, così bravo a mentire e a nascondersi dietro ad una maschera da riconoscere tranquillamente quando qualcuno faceva lo stesso, soprattutto se questo qualcuno lo aveva imparato da lui.
Hermione aveva una continua maschera di serenità stampata in volto, ma se la di osservava nei pochi momenti in cui si lasciava andare, e cioè quando pensava che nessuno la stesse guardando, si potevano notare le labbra curvarsi leggermente in giù, gli occhi perdere quella luce di felicità e le spalle curvarsi verso il basso come costrette da un peso invisibile. E quel peso, lo sapeva, ce lo aveva messo proprio lui, con tutte le menzogne, tutte le omissioni, tutti i segreti.
-Come ti senti?- gli aveva chiesto un pomeriggio Daniel. Lui aveva sospirato e, giratosi nella direzione dell'amico, aveva aperto qualche volta la bocca per poi richiuderla senza aver pronunciare una parola.
-So che prova ancora qualcosa per me.- aveva poi risposto, -Ma non la biasimerei mai se incominciasse ad odiarmi. Vorrei che lo facesse. Sarebbe molto meno doloroso da sopportare.-

***

Le settimane passava, ed oramai tutti gli studenti del settimo e del quinto anno avevano incominciato i ripassi materia per materia per prepararsi agli esami. Il tempo andava via via migliorando e questo portava più buonumore sia tra gli insegnati che tra gli studenti, che percepivano di avere più energie da disperdere nel Quidditch e nello studio, oltre che ad attività ludiche di seconda e fondamento importanza tipo sdraiarsi sul divano a guardare il soffitto.
Nella varie sale comuni, oltre alle montagne di libri, si potevano scorgere alcuni studenti intenti a giocare a scacchi magici e a sparaschiocco. Nei vari dormitori, ragazzi e ragazze si raccontavano le ultime avventure con le proprie cotte e si confrontavano sulle lezioni e sui vari compiti assegnati.
Blaise dormicchiava sotto un'albero mentre, al suo fianco, Astoria leggeva un libro di Julie McCafrey, nota scrittrice magica del XIX secolo.
Daniel chiacchierava allegramente con Sybil e qualche altra Serpeverde al limitare della foresta.
Dean e Seamus ridevano seduti sui gradini davanti al portone d'ingresso.
Hermione, seduta sull'erba soffice con Agnes, Agatha, Ginny e Megan stava leggendo tranquillamente il libro di Difesa contro le Arti Oscure.
Draco, seduto sotto al solito albero in riva al Lago Nero dal lato opposto rispetto alle ragazze, stava ripassando degli Incantesimi e leggeva la teoria dal suo manuale. Non erano incantesimi particolarmente difficili, soprattutto per lui che in quella materia era sempre andato abbastanza bene. Non era un genio, certo, ma non era neanche una scarpa. E la cosa che più gli mancava era la voglia di studiare e di applicarsi, per cui gli bastava poco per eccellere se lo voleva. E lui lo voleva, o avrebbe deluso le aspettative di sua madre.
Mosse leggermente la bacchetta come era indicato sul manuale pensando attentamente alla pronuncia e sperando in un qualche segnale di ben riuscita. Non accadde nulla. Ritentò: ancora nulla. Ci riprovò cinque o sei volte e poi, demoralizzato ed infastidito, chiuse il libro con malagrazia e si mise a guardare le fronde degli alberi. L'ultima volta che lo aveva fatto, c'era la neve e lui era sdraiato sulle gambe di Hermione.
Ricordava bene la felicità che aveva provato quel giorno, tanto da sembrargli perfetto e da desiderare che non finisse più. Chiuse gli occhi e si abbandonò al ricordo.
-Devi muovere la bacchetta in modo più deciso.- disse una voce, un po' in lontananza, leggermente seccata. Draco aprì gli occhi e abbassò in fretta lo sguardo, sicuro di aver avuto un'allucinazione. E invece no: Hermione Granger era davvero seduta in riva al lago, mentre gli dava le spalle, e gli aveva dato un consiglio. Con il cuore in gola, il ragazzo raccolse il libro e lo riaprì alla pagina che stava studiando. Seguì il consiglio della ragazza ed improvvisamente l'incantesimo gli riuscì. Accennò un piccolo sorriso e poi alzò lo sguardo sulla schiena di lei.
-Grazie.- disse il più dolcemente possibile.
Hermione non rispose.
-Da quanto sei lì?- chiese Draco.
-Da prima che tu te ne accorgessi.- rispose secca Hermione.
Mi pare ovvio, pensò Draco.
-Già.- rispose invece. -Possiamo parlare? Di tutto quello che è successo intendo.- chiese ad una certa.
-So cosa intendi.- rispose secca Hermione, -E sì, se proprio vuoi parlare alla potrai farlo.- terminò. Draco colse ciò che la ragazza aveva sotto inteso, e cioè che lui avrebbe anche potuto parlare, ma a lei non importava.
-Dove? Qui?- chiese ancora Draco.
Hermione si morse forte il labbro, in parte per convincersi a terminare quella conversazione nel migliore nei modi e a dirgli della Stanza delle Necessità, in parte per resistere all'impulso di andare da lui e abbracciarlo. Ma lei non voleva buttarsi a capofitto tra le sue braccia, ne era certa. Eppure, ogni singola porzione di pelle bramava il contatto con il ragazzo. Hermione lo ignorò.
-No, nella Stanza delle Necessità. Tuo padre, se ti sta tenendo d'occhio, non lo saprà.- disse.
-Cosa? Come?- chiese ancora il ragazzo.
-Te lo spiegherò quando ci vedremo. Domani sera alle 21:00 precise, non aspetterò un minuto di più.- disse, poi si alzò e si diresse verso le sue amiche dall'altra parte del lago.

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E anche il 26 capitolo è terminato. Personalmente non mi convince molto, ma rispetto alla prima stesura è decisamente più carino e articolato.
Spero che vi possa piacere 🤍

Forgive me - DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora