15/10
Ore 14:27Ok, forse andare in quel bar a metà del giorno non era stata l'idea migliore che Otto avesse mai avuto.
E sì, aveva ragione: quello era esattamente il tipo di posto che avrebbe servito alcolici ai minorenni, tanti alcolici.
Avevano esagerato? Forse.
Non avrebbero dovuto? Sicuramente.
E ora si ritrovavano a barcollare come due scemi all'interno di una biblioteca estremamente silenziosa, facendo voltare tutti i presenti verso di loro.
<Probabilmente dovremmo fermarci da qualche parte.> Ridacchiò Otto.
Cinque bevette un sorso dalla bottiglia di vodka, ormai quasi completamente vuota, che teneva nella mano sinistra, e rise di gusto.
Otto individuò un angolino deserto con una comodissima staccionata in legno contro la quale appoggiarsi, e vi si avvicinò barcollando, per poi sedersi con la schiena appoggiata al legno freddo.
Cinque le si avvicinò ridendo, per non so quale motivo, si sedette accanto a lei e, senza pensare, lasciò scivolare il braccio attorno alle spalle della ragazza.
Dal canto suo, la castana appoggiò istintivamente la testa sulla spalla del fratello.
La spontaneità del suo gesto lasciò Cinque a dir poco interdetto, ma la sua mente era ormai annebbiata dell'alcool, per cui non ci pensò troppo su.
Entrambi iniziarono a sentire le palpebre farsi pesanti, e dopo pochi secondi, caddero entrambi tra le braccia del Dio Morfeo.Otto fece un sogno.
Si trovava in un bilocale dalle pareti verniciate di vari colori, passando da quelli pastello ai più stravaganti.
Otto ricordava che la proprietaria dell'appartamento non aveva abbastanza soldi per potersi permettere un'abitazione più grande, e si era anche dovuta accontentare di vernici a basso costo di colori diversi.
La giovane donna in quel momento si trovava nel cucinotto della casa, intenta a tagliare le verdure per la cena.
Vicino a lei, una bambina dagli occhioni di un verde intenso e i capelli color dei tronchi d'abete la osserva attentamente, aspettando con pazienza l'arrivo della cena.
Quando finalmente la donna si allontanò dal cucinotto, la bambina iniziò a scalciare, unico suo modo per comunicare, non essendo ancora in grado di parlare.
L'adulta le si avvicinò con un biberon pieno di latte caldo, e le sorrise dolcemente.
<No, mija, ancora non puoi mangiare le verdure, i tuoi dentini sono troppo deboli, dovrai accontentarti del latte.>
La bambina sembrò comprendere, perché cominciò a ridere tranquillamente, per poi prendere il biberon tra le sue piccole manine e iniziare a bere il latte.
Dopo poco, la piccola sembrò essere sazia, per cui lanciò il biberon e la signora si chinò pacatamente a raccoglierlo, appoggiandolo sul lavandino del cucinotto.
Poi, la bimba allungò le braccia verso di lei, pregandola con gli occhi di prenderla in braccio.
La donna sorrise caldamente e la sollevò, stringendola a sé e portandola nel piccolo terrazzino con vista sulla strada, lungo la quale un cartello stradale indicava alle auto l'ingresso nella cittadina di El Paso, in Texas, dove viveva una delle comunità ispano-americane più ampie d'America.
Sebbene il paesaggio non fosse dei migliori, la bambina sembrò gradire, infatti iniziò a battere le mani, contenta.
La donna sospirò, poi le spostò un ciuffetto di capelli dietro l'orecchio.
Lei iniziò a parlare, accarezzando la guancia della bambina: <Tu sei speciale, Kami, e le persone non lo capiscono. Loro non sanno che dono del cielo sia stata per me la tua nascita, tu sei il mio piccolo angelo. Non ti lascerò mai andare, mai.>
Poi, il sogno cambiò.
Ora anche l'ambientazione era diversa: era sicuramente inverno, e nevicava.
La donna camminava rapidamente lungo una strada molto trafficata, non dando la possibilità di capire il luogo dove si trovava.
La bambina era in braccio a lei, completamente bardata in un cappotto di lana di due taglie più grandi, e una sciarpa cucita a mano le era stata avvolta attorno alla gola, facendole pizzicare il naso.
Mentre correva, con il fiatone e le guance arrossate per il freddo, la donna cominciò a parlare alla bimba: <Sei troppo piccola per questo, hai solo un anno, non posso più garantirti protezione, mija, il tuo dono... È qualcosa di troppo grande, perfino per me. Qui sarai al sicuro, incontrerai altre persone come te.>
Si fermò di fronte ad un edificio innevato, con un intestazione in lettere dorate, che la bambina non riuscì a comprendere.
La donna fece sedere la piccola di fronte alla porta del palazzo in mattoni, poi bussò tre volte.
Si accovacciò di fronte alla piccina, e riprese a parlarle, per l'ultima volta, con le lacrime agli occhi: <Io non vorrei farlo, mija, sul serio, e sei troppo piccola per capire, ma ti prego, perdonami.>
Lasciò poi un bacio sulla fronte della bambina, e corse via.
La piccola stava per scoppiare in lacrime, quando una donna dai capelli biondi e cotonati e il sorriso gentile aprì il portone.
<Oh, santo cielo! Devi avere proprio freddo, qui fuori, tutta sola. Come ti chiami, piccolina?> Chiese.
La bambina non rispose.
"Kami" Avrebbe voluto dire "Sono Kami, e vengo dal Texas. Mia madre è appena andata via, devo tornare da lei." Non disse nulla di tutto ciò, era troppo piccola per poter parlare.
<Ora ti porto dentro.> La donna prese per mano la bambina infreddolita e la fece entrare nel palazzo.
<Benvenuta all'Umbrella Academy, piccolina. Da oggi, questa è la tua nuova casa.>Otto si svegliò di colpo, e riuscì a pensare solo ad una cosa: mamma.
Spazio autrice:
Halo! Come va?
Spero che vada tutto bene.
E niente, vi avevo promesso la sopresa, e avete avuto la sopresa :)
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I Love You|| Eight Hargreeves×Five Hargreeves
FanfictionPRIMA FANFICTION ITALIANA su T.U.A a raggiungere le 100K LETTURE* FANFICTION ITALIANA su T.U.A con PIÙ LETTURE* *Immagina, humor e raccolte sfondi non sono calcolate [I CAPITOLI REVISIONATI AVRANNO UN OMBRELLO ACCANTO AL TITOLO] "sta zitto" disse...