Capitolo 3

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Sibilla accese il fornello e vi ripose sopra un pentolino d'acqua per far cuocere la pasta, poi si allontanò dalla cucina, chiuse la porta in vetro scorrevole dietro di sé, rimosse il disco di Billie Holiday dal giradischi e accese la televisione in sala da pranzo per sentire le ultime notizie: gente fuori di testa, folli intolleranti, corruzione, una buona porzione di classe politica che creava imbarazzo, rabbia ma che aveva assurdamente molti consensi – soprattutto in prospettiva degli ultimi mesi di mandato del Governo. Nulla di nuovo sotto il sole. Se non fosse stato così, non sarebbe stata l'Italia.

Guardò oltre l'ampia finestra del balcone, oltre il terrazzo – benedicendo mentalmente gli operai che le avevano sistemato il disastro in piscina causato dal freddo e poi coperta a dovere per l'inverno.
Le torri della Garisenda e degli Asinelli svettavano verso il cielo, illuminate da fari colorati; dalla parte opposta invece luccicavano gli sparuti lumi delle case sulle colline a ridosso della città. Bologna era sempre esageratamente bella, ad ogni ora del giorno, in ogni stagione. Era semplicemente casa e Sibilla quel posto non lo avrebbe abbandonato per nessun motivo.

In America la aspettavano a braccia aperte in una di quelle ville strampalate, ma nulla, nemmeno l'universo intero, poteva competere con i palazzi colorati e gli innumerevoli chilometri di portici della sua Bologna. La città della libertà e dell'inclusione. Casa.

Sibilla si voltò e, come ogni volta, guardando il suo appartamento oscillante tra il vintage e il bohémien, si soffermava sulla sua magnifica e fornitissima libreria, che per lei era motivo di immenso orgoglio.

All'improvviso suonò il telefono di lavoro: era Joanne, la sua manager. Era un orario insolito per farsi sentire, almeno per lei. Resettò l'assetto lingua romanza per entrare in quella anglosassone.

"Pronto?"

"Buonasera Sibilla, perdonami se ti disturbo, posso rubarti un momento?" rispose lei, sempre col suo tono serio quando si trattava di nuovi lavori. Sibilla si preparò mentalmente.

"Sì, certamente, dimmi pure!"

"Credo di averti trovato un ruolo nuovo, e credo che come proposta possa piacerti. Non ho ancora parlato con gli addetti al casting, ai produttori e al regista, prima volevo conferire con te, ma sono certa che andranno in fibrillazione se dovessi presentarmi là"

Sibilla sorrise; era bello, confortante e incoraggiante sentire la sua manager esprimersi con così tanta sicurezza quando si trattava della sua persona e della sua professionalità. Mentre invece, con se stessa, Joanne era molto umile e modesta, sebbene lavorasse straordinariamente e avesse capacità manageriali da far impallidire molti suoi colleghi e colleghe.

"Sto parlando di Henry Fuser alla regia e Rosalie Chausson per la sceneggiatura"

"Ah caspita!" esclamò, sentendo pronunciare i due nomi eminenti "Di cosa si tratta?"

"Di una parte Lgbtq, una ragazza omosessuale transgender che intraprende un percorso per cambiare il proprio sesso. Da qui poi tutto il percorso psicologico, ma soprattutto le discriminazioni e le violenze a cui è sempre sottoposta"

"Sì, mi interessa un sacco" asserì senza pensarci due volte, quasi interrompendola. Sibilla aveva sempre familiarizzato, fraternizzato e sostenuto la comunità Lgbtq. Prestare il suo volto per loro sarebbe stato ancora più incisivo e sensibilizzante sul piano internazionale.

"Ottimo" restò qualche momento in silenzio, come se dovesse cercare le parole giuste per parlare "Scusami se te lo ribadisco sempre, ma il tuo volto per quel ruolo sarebbe perfetto. La gente vuole vederti e se ti mostri sotto queste spoglie, soprattutto cavalcando questa fortunata onda del politicamente corretto, ci ingrazieremmo non sai quanta gente, produttori, registi e sponsor... senza contare il pubblico. Anche quelli che ti disprezzano per la tua presa di posizione in certi tessuti sociali a rischio parlerebbero di te"

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora