Capitolo 20

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Ogni mese, da ormai un anno, si ripeteva sempre la solita terribile storia.

Sibilla appoggiò entrambe le mani al lavandino, stringendo forte i lati per reggersi e cercare di stemperare la tristezza e la frustrazione.

Il groppo in gola bruciava, il peso sul cuore era insopportabile e la voglia di strapparsi le membra così tanta da non rendersi conto che quel flusso di pensieri disperati l'avevano già portata a far tracimare grosse lacrime dalle palpebre.

Si accasciò a terra tra i singhiozzi, appoggiandosi con la schiena al mobiletto sotto il lavandino e cingendo le braccia intorno alle gambe, quasi in posizione fetale.

Quella volta la crisi si stava facendo decisamente più pesante, e Giuseppe non era in casa, era dall'altra parte del mondo con un potente capo di Stato dell'Oriente.

Per fortuna... e per sfortuna.

Lo avrebbe voluto lì... come non lo avrebbe voluto, pur di non farsi vedere in quello stato pietoso. Ormai non sapeva più nemmeno lei cosa desiderasse realmente.

Con grande difficoltà, Sibilla allungò il braccio là dove aveva lasciato quell'arnese che da mesi era divenuto infernale. Il terzo di fila quel giorno. Lo afferrò e lo guardò ancora una volta, lacerandosi l'anima.

Negativo.

Lo guardò ancora nella speranza di vedere un risultato diverso, pregando che una qualche magia potesse sortire un esito diverso.

Negativo.

L'unica cosa che chiedeva di più al mondo le era negata dal suo stesso, maledetto corpo. Sentiva i conati di vomito dal nervoso, il respiro si era fatto affannoso ed incompleto per i singhiozzi e la testa le scoppiava. Le sembrava di essere stata interamente trascinata all'inferno.

Era stanca. Non ce la faceva proprio più.

Quella lineetta unica e negativa del test di gravidanza stava diventando il suo incubo peggiore, come una presenza parassita maligna che aveva il controllo del suo corpo.

Quel corpo invidiato da tutte, bramato da tutti... eppure così inutile per lei. Avrebbe fatto cambio con qualsiasi altra donna per avere la possibilità di rimanere incinta con facilità. E Giuseppe non c'entrava nulla, lui era sano come un pesce, per fortuna!

Ma lei... Sibilla aveva fatto tante visite da esperti ed esperte, tutti con opinioni quasi esattamente collimanti: poteva concepire, ma con grande difficoltà.

Le avevano detto di rilassarsi, di non pensarci troppo su, di prendere un periodo di vacanza e lasciare che le cose venissero da sé. Ma non arrivava proprio un bel niente e lei si sentiva inutile; non c'era film, spettacolo teatrale o impegno sociale che reggesse. E nell'ultimo anno ne aveva avuti molti di impegni, li aveva presi proprio per non pensare a quella triste realtà e fare qualcosa che le piacesse, che la facesse stare bene. Aveva girato due film – non troppo impegnativi, nemmeno come tempistiche di permanenza all'estero – e una commedia teatrale con tanti bravi attori italiani, devolvendo la paga quasi interamente in beneficenza.

Eppure chiedeva solo di avere quello che la stragrande maggioranza delle donne poteva avere con facilità, a volte senza nemmeno desiderarlo: un figlio.

Era dura accettare di essere in quella percentuale di donne che concepivano con difficoltà, e il terrore di finire esattamente nell'altra percentuale, di quelle che non potevano concepire, era così tanta da farla ammattire ogni giorno sempre di più.

Era un terrore talmente viscerale e compromettente che a volte lo sentiva come uno spirito maligno attaccato alle sue spalle, in groppa, che le sussurrava all'orecchio cose terribili.

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora