Finale alternativo (parte prima)

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Il seguente capitolo – temporalmente parlando – si collocherebbe tra il Capitolo 31 e l'Epilogo.

"Quindi andrai a quella bella presentazione sulla Festa della Liberazione?" chiese teneramente Giuseppe, raggiungendola da dietro, stringendola e lasciandole un soffice bacio sulla guancia.

"Sì!" rispose Sibilla, posandogli la mano sulla guancia per farla collimare giocosamente con la sua, lasciandosi dondolare dalle forti braccia di suo marito "Oggi pomeriggio, se vuoi, potremmo tornarci insieme! Sarebbe carino far visita ai ragazzi anche con te..."

"Sì, ma certo! Ci andremo!" le rispose, staccandosi da lei e afferrando la cravatta lì vicino; alzò il colletto e si destreggiò con abilità ed eleganza nel chiudere il nodo, perfettamente "Ti ricordi vero che dopo aver assistito alla deposizione della ghirlanda all'Altare ho l'intervista col giornalista de Il Fatto Quotidiano?"

"Sì, ovvio! Il tuo momento autocelebrativo" gli fece una smorfia e lui rispose con la stessa moneta, stuzzicandola "Scherzo, lo sai. Fai bene a fare quell'intervista, soprattutto in una giornata come oggi"

Giuseppe raccattò i pochi effetti che gli sarebbero serviti e si guardò allo specchio per l'ultima volta, complessivamente, per assicurarsi che tutto fosse in ordine ed impeccabile.

"Aspetta..." disse lascivamente Sibilla, muovendosi buffamente con quel bel pancione che continuava a crescere giorno dopo giorno "La cravatta te la sistemo io"

"Provoca pure..."

"Finalmente rimetti la pochette a quattro punte... mi piace da morire".

Dopo aver sistemato l'indumento pregiato ed essersi generosamente lasciata andare a qualche carezza sul petto, Sibilla si voltò e raccattò la sua borsetta con alcuni effetti utili per la mattinata.

Scesero insieme le scale di casa, salutando un vicino che stava rientrando dalla passeggiata col cagnolino e augurandogli una buona Festa della Liberazione.

Quella mattina il sole splendeva vigoroso nel cielo azzurro e terso; sembrava spazzare via quelle ombre di disumanità che serpeggiavano in quel Paese a causa della determinazione del Governo e della maggioranza. I provvedimenti per l'inasprimento delle leggi Scelba e Mancino stavano giungendo ad un agognato termine, provocando così la rabbia e il rancore di alcuni dei gruppi più estremi dell'opposizione e di alcuni «partiti», che avrebbero definitivamente rischiato l'anticostituzionalità, e quindi lo scioglimento. Senza contare delle proteste e della subumana «accoglienza» che alcuni soggetti avevano riservato ai migranti in arrivo dalla Siria che l'Italia aveva soccorso in mare per dare manforte alla Grecia.

Erano state settimane un po' turbolente e Sibilla, stizzita ed esasperata dalla disumanità di alcuni gruppi di persone, si era espressa sui social a proposito del tema – come aveva sempre fatto da quando era più giovane –, sempre tenendo ben alta la bandiera della solidarietà e dei diritti fondamentali dell'essere umano.

Erano piovuti pesanti insulti come in un temporale estivo. Un grande classico.

Sibilla, appena varcato il portone d'ingresso del palazzo, si guardò intorno, notando una Roma già sveglia per quella giornata di festa, avvolta in una tranquillità e pacatezza inusuale: la gente poteva finalmente «respirare» al di fuori dagli orari di lavoro asfissianti e sfiancanti.

"Ma sei sicura di voler andare a piedi?" le chiese Giuseppe, prendendole la mano "Ti giuro che non ho mai sentito di donne incinte stare meglio camminando tanto e non sedute comodamente"

"Ne sono assolutamente certa, davvero. Se cammino sto meglio, paradossalmente sento meno il peso sulla schiena"

"Dio mio... io non oso immaginare quando arriveremo a luglio. Davvero, se ora sei così non immagino fra poco più di due mesi"

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora