Capitolo 12

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"... ed è proprio per questo motivo che vorrei ringraziare quelle persone che mi hanno permesso di accedere ai loro ricordi e alle loro emozioni per dare voce a una comunità fondata sull'amore. Grazie Susan, James, Patricia, Thomas e Jasper... grazie per il vostro coraggio che è la fonte d'ispirazione per costruire insieme, mano nella mano, un futuro migliore, più rispettoso e pieno di amore. Grazie a Rosalie Chausson e Henry Fuser, che col loro genio hanno dato voce a chi aveva paura di ricordare e parlare, si sono messi a completa disposizione per dare vita a questa realtà che da troppo tempo viene celata. Senza ognuno di loro questa sera non sarei qui, ed è per questo che gli dedico questo premio" Sibilla sospirò, guardando la statuetta d'oro tra le sue mani, prima di largheggiarsi in quell'azzardo "E lo dedico anche a chi, al di là dell'immenso e reciproco amore, ha creduto nelle capacità della sottoscritta quando lei stessa non riusciva a farlo: quindi questo è per te, Giuseppe".

La platea del Dolby Theatre applaudì vigorosamente. Non ci fu una seconda ovazione come quella dell'intervento al suo primo Premio Oscar, no: dieci anni prima il suo discorso capillarizzato tra poesia, arti e filosofia – con tanto di citazioni – aveva incantato l'intero mondo dello spettacolo, dopotutto, aveva appena diciotto anni. Senza tener conto della stretta di mano e dell'inchino a una delle più grandi attrici che contendeva il premio insieme a lei e ad altre colleghe; quello fece ammattire la stampa americana. Il momento, immortalato in una splendida foto, era stato sovrastato da un'audace citazione di mazziniana memoria «The beauty giovine Italia» e piazzato quasi in tutte le prime pagine. Sibilla, a parte esserne lusingata, si sorprese piuttosto che qualche giornalista americano conoscesse Giuseppe Mazzini e fu turbata dall'accostamento scelto, non per lei, piuttosto per il povero Mazzini.

L'applauso continuava ancora e Sibilla non esitò sul palco per cercare il suo prediletto e amato sguardo nocciola scuro, là in mezzo non c'era, quindi si inchinò e lasciò il palcoscenico, recandosi dietro le quinte.

"Prego, di qua" le disse il coordinatore di palco, allargando il braccio laddove doveva recarsi "E complimenti!"

"Grazie!" rispose lei, facendo l'occhiolino. Attraversò il retro del teatro tra sorrisi e inchini, che ricambiò tutti con gentilezza.

I vari funzionari le indicarono esattamente cosa fare, quindi si diresse immediatamente a far incidere il proprio nome sulla base del premio.

Il foyer del teatro era gremito di fotografi e là, al bancone dove gli incisori stavano già lavorando, Sibilla incontrò alcuni colleghi. Tra chiacchiere, abbracci e complimenti, arrivò il suo turno del set fotografico con la statuetta.

Solo al termine di tutta la cerimonia poté uscire e, a quel punto, venne letteralmente assalita dai giornalisti; Sibilla accorse frettolosamente dalla delegazione italiana e li salutò come se stesse vedendo dei vecchi amici, sentendosi già un po' più a casa.

Riuscì a telefonare a Giuseppe solo molte ore più tardi, quando lui ormai si stava alzando dalle poche ore di sonno fatte per andare a presiedere una discussione di legge alla camera. Era in completa fibrillazione, così contento che sembrava averlo vinto lui il premio; aveva seguito la cerimonia da casa e lei si sentì sciogliere di tenerezza quando glielo disse.

Avevano deciso insieme che Sibilla sarebbe andata da sola alla premiazione, per molti motivi: il primo fra tutti era la necessaria mancanza di interferenza della carica istituzionale di Giuseppe con il mondo dello spettacolo, e viceversa. In quel mese insieme con lui, stare nascosti agli occhi degli altri era stato difficilissimo, infatti si erano sempre incontrati a casa di lei nel fine settimana, di nascosto.

Qualche ora prima, all'arrivo di Sibilla sul red carpet, non erano mancate le solite domande impertinenti – alcune profondamente misogine – che rimarcavano l'assenza di un accompagnatore alla serata. Sibilla aveva risposto dicendo: «Ho due gambe, un cervello e due organi dentro le orecchie che mi permettono di stare in equilibrio, quindi sono in grado di camminare da sola prefissandomi un obiettivo da raggiungere: posso farcela».

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora