Epilogo

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"Che caldo che c'è qui dentro eh, Isotta?" Sibilla si fermò e la posò su uno dei divanetti del corridoio di Palazzo Chigi; automaticamente si assembrarono vicino a loro tutte le segretarie e i segretari che lavoravano lì.

Fu un tripudio di «ma quanto è bella!» e complimenti affini del tutto meritati: Isotta era una bambina stupenda.

Dopo averla svestita della giacca foderata, Sibilla le sistemò la salopette e il cardigan in lana, nonché i fini capelli biondi che le si erano arruffati sotto la cuffietta calda, quindi la lasciò spupazzare da tutti i presenti mentre lei radunava le proprie cose e si svestiva del cappotto e della sciarpa.

Sibilla aveva corso come una matta per tornare a casa in tempo per quel 14 febbraio: aveva appena concluso le sessioni di doppiaggio di un film, prestando la voce a una sua collega inglese. Era rimasta a Milano per quasi una settimana, portando con sé Isotta e lasciandola alla babysitter durante le sessioni di registrazione, praticamente vedendole dalla vetrata che separava le stanze. Ogni tanto si voltava, faceva qualche faccia buffa per far ridere sua figlia, poi tornava al lavoro.

Dopo aver sistemato le sue cose, Sibilla si fermò a guardare come Isotta prendesse ogni singola coccola e attenzione da chiunque le stesse intorno: tale e quale a suo padre, e non solo per quello. Non appena muoveva le gote belle piene e rotonde, queste venivano solcate da due profonde fossette adorabili. Era complessivamente una bambina paffutella al punto giusto, da mordicchiare e subissare di baci.

La guardò ancora e, come ogni volta, rimase incantata, siccome Isotta aveva ereditato un suo tratto genetico rarissimo e la natura aveva poi voluto compiere un altro capolavoro: aveva gli occhi eterocromi, di una forma ancora più accentuata rispetto a quella di Sibilla. Un'iride azzurra, come la sua, e una nocciola scuro, come Giuseppe. Sibilla si scioglieva di dolcezza ogni volta che pensava a quella commistione, a quell'alchimia straordinaria che era stata l'unione di lei e Giuseppe; quel fagottino di puro ed incommensurabile amore che era la loro Isotta. Tuttavia, era consapevole e pronta a rincuorarla in futuro per alcune critiche meramente estetiche: un giorno si sarebbe accettata, proprio come aveva fatto lei nell'adolescenza più tarda.

Lasciò che se la passassero di mano in mano, divertendosi a farla ridere con buffe smorfie, quindi lasciò il passeggino lì accanto al divanetto – visto che le avevano dato il permesso – e le riconsegnarono la piccola Isotta, della quale si poteva dire tutto meno che fosse leggera. S'incamminò verso lo studio di Giuseppe, salendo le scale e salutando tutto il cerimoniale presente qua e là, sparsi per i corridoi e per i vari uffici.

Erano stati mesi del tutto anomali quelli appena trascorsi, così diversi dalla quotidianità a cui lei e Giuseppe erano abituati che in un primo momento fu difficile adeguare ogni aspetto della vita alle necessità di Isotta: il timore costante era quello di fare un passo falso, di sbagliare qualcosa, di non agire nel migliore dei modi possibile negli interessi di Isotta.

Fortunatamente, dopo le prime settimane di adattamento, avevano iniziato a prenderci la mano, ad esclusione delle innumerevoli notti in bianco che la piccola Isotta faceva fare ad entrambi: quelle davvero erano stancanti ed estenuanti.

Sibilla era solita fare lunghe passeggiate con Isotta nel passeggino, e quando poteva le raggiungeva Giuseppe: inevitabilmente attiravano l'attenzione dei passanti e lei si divertiva moltissimo nel vedere le persone andare in crisi, senza sapere a chi chiedere una foto per primo senza disturbarli troppo, senza distoglierli dalle attenzioni di Isotta.

Il restante tempo Sibilla si era cimentata nella collaborazione con la stesura di un paio di sceneggiature: sua figlia assisteva ad ogni sua attività quotidiana ed era perennemente sollecitata a interagire con lei, col mondo esterno e ad ascoltare tanta buona musica, talvolta suonata e cantata da Sibilla stessa.

In quei giorni felici arrivati con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora