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Izuku non riusciva a starsene fermo in stanza, lui aveva bisogno di muoversi, di distrarsi, di tenere la mente occupata con qualcosa che non fosse Kaminari sdraiato nel letto dell'infermeria. Lanciò i propri pugnali chiusi nelle fodere sul letto e si diresse alla finestra che dava sul grande giardino dell'accademia.

Sbuffò poggiando la fronte calda al vetro fresco. Erano giorni che non si sentiva bene, la febbre non era alta, si alternava sempre tra i 37.3 e i 37.6, ma la stanchezza, quella sì che era decisamente invalidante. Chiuse gli occhi beandosi per un istante del fresco che si andava allargando sul suo viso. Si morse il labbro perché in quelle condizioni, così senza aver nulla da fare, era inevitabile pensare al suo amico.

Gli tornò in mente il color giallo canarino che caratterizzava le ciocche di Kaminari, quella saetta nera che lo rendeva unico nel suo genere, gli occhi ambrati sempre sinceri e il sorriso, costante e rassicurante. Tutto di quel ragazzo gli mancava, addirittura sentiva la mancanza anche delle sue battute.

Riaprì piano gli occhi, erano inumiditi da amare lacrime e le guance, leggermente arrossate per la febbre, mostravano le lentiggini marcate che attendevano di esser rinfrescate da quelle gocce salate.

Scosse la testa, aveva assolutamente bisogno di distrarsi, ricacciò indietro le lacrime, deludendo quelle lentiggini accaldate, e si diresse verso la porta della stanza, ma non prima di aver recuperato i propri pugnali dal letto ancora sfatto dalla sera precedente.

Arrivò davanti la porta socchiusa di Mirio, sapeva che quel suo compagno non la chiudeva mai in caso qualcuno avesse avuto bisogno di lui. Era un'abitudine che aveva preso negli anni passati in quel posto, una volta arrivati dei ragazzi più piccoli, Mirio aveva mostrato loro dove fosse collocata la sua stanza e li aveva rassicurati dicendogli che avrebbero sempre trovato la porta aperta per ogni evenienza; e così era stato per tutti quegli anni, mai una volta Izuku l'aveva trovata chiusa e mai una volta Mirio si era rifiutato di aiutarlo.

Il verde sospirò e bussò con la mano sullo stipite, era vero che la porta era sempre aperta, ma era questione di educazione avvertire della propria presenza bussando. Attese una risposta da dentro la stanza e quando sentì un verso sommesso, si affacciò piano, facendo apparire prima la sua chioma scompigliata e poi i suoi occhi lucidi del color del prato.

"stai bene, Izuku?" chiese il biondo mettendosi seduto sul letto. Non stava ancora dormendo, era tornato da poco in accademia dopo aver incontrato Tamaki, ma già si era sdraiato sul materasso nell'attesa che il sonno sopraggiungesse. Notò gli occhi lucidi del minore e gli si avvicinò lentamente fino a raggiungerlo sulla soglia della stanza.

"sì" rispose piano il verde cercando di mascherare sia il dolore che il malessere dovuto alla febbre. Purtroppo per lui gli si leggeva in faccia che stava mentendo e Mirio gli posò il palmo della mano sulla fronte calda.

"hai la febbre"

Il verde scosse la testa così obbligando il biondo a togliere la mano. Non era lì per essere curato o altro, lui voleva un incarico per passare la notte fuori e non chiuso nelle quattro mura della sua fin troppo stretta e silenziosa stanza. Guardò in modo serio e supplichevole il maggiore e attese che questo comprendesse quanto fosse importante per lui venir ascoltato.

"dimmi" disse Mirio dopo essersi fatto convincere dalle iridi verde smeraldo.

"dammi una zona" era un modo di dire che usavano quando richiedevano l'incarico di perlustrazione. Bastava sapere in che zona recarsi e l'incarico sarebbe stato suo. Voleva uscire, andare a vagare per i freschi vicoli isolati, non chiedeva altro, solo una semplice perlustrazione che non costava fatica o troppa lucidità.

Natural enemiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora