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Tamaki non pensò a ciò che stava per fare, il suo corpo si mosse d'istinto. I suoi muscoli furono come trasportati da una forza invisibile, una corda legata al cuore lo portò a frapporsi tra il ragazzo dai capelli dorati e un lupo infuriato. Fu un istante, un decimo di secondo, ma in quel frammento di tempo la mano dalle unghie affilate, tipiche dei lupi, affondò nel suo addome e raggiunse gli organi interni.

La cosa che lo stupì fu il dolore, non ne sentì, era conscio che quella ferita fosse grave, la peggiore che avesse mai riportato in battaglia, ma il dolore, quello non c'era. Sgranò gli occhi, fu un gesto inevitabile, li allargò e incontrò quelli spaventati e increduli dell'altro lupo, quello che con i polpastrelli sfiorava la superficie calda del suo intestino.

Gli uscì un rantolo e quel suono, che seppur sembrava causato dal dolore era un semplice suono di stupore, fece sgorgare un rivolo di sangue dall'angolo della bocca. Quella goccia scarlatta disegnò una scia, talmente scura da risaltare sul mento chiaro, e arrivò al bordo del viso dal quale si staccò e andò a macchiare l'asfalto, mischiandosi a sangue secco di qualche altra vittima di quella crudele guerra senza senso.

Il lupo, consapevole di ciò che aveva appena fatto, estrasse la mano, deglutì e se ne andò correndo. Avrebbe voluto chiedere scusa, ma sapeva che sarebbe stato inutile, sapeva che la ferita inflitta al suo compagno fosse letale, ma era destinata all'hunter e lui, si sentiva in colpa, ma allo stesso tempo cercava di convincersi che non fosse stato un suo errore.

Tamaki si girò verso Togata, quello sguardo incredulo svanì, divenne dolce e leggermente afflitto. Sapeva che il biondo avrebbe passato il resto della sua vita incolpandosi di ciò che era accaduto in quella battaglia, ma non sapeva come convincerlo a pensare diversamente.

Lui aveva agito istintivamente, forse era stato proprio il suo amore per Togata a condurlo a quella fine, a comportarsi da scudo, a diventare la salvezza di quel biondo ragazzo dai modi gentili.

Sorrise, perché sapeva che Togata si inebriava dei suoi sorrisi, piegò la bocca in su e inclinò leggermente la testa e fu in quel momento che si rese conto che le forze lo stavano piano piano abbandonando. Le ginocchia cedettero e il corpo, reso pesante da chissà quale strano fenomeno, iniziò ad accasciarsi. Sarebbe caduto a terra se non ci fosse stato Togata lì di fronte, pronto a sorreggerlo e accompagnarlo delicatamente sulla strada fredda e sporca.

Un brivido lo percorse e pensò che anche il biondo se ne fosse accorto perché immediatamente le forti braccia di Togata lo avvolsero e lo strinsero. I muscoli caldi del biondo cercavano invano di passare un po' del proprio tepore a quel corpo che piano diveniva più freddo e pallido.

Il corvino non smise di sorridere, solo un istante aveva fatto vacillare il proprio sorriso, nel momento in cui il corpo inesorabile aveva iniziato a cadere, ma nell'istante in cui Togata l'aveva afferrato il sorriso era tornato protagonista indiscusso su quel viso pallido. Un sorriso forte, sicuro e caldo, nonostante tutto lui riusciva a sorridere e trasmettere calore tramite quell'espressione così naturale nella vita umana, ma così rara da vedere sul letto di morte, ma che se solo ci fosse sempre renderebbe il tutto più semplice.

Togata ancora non aveva trovato il coraggio di parlare, nessun suono, lamento o parola che fosse, era ancora uscito dalle sue labbra screpolate. Guardava gli occhi del corvino che piano si andavano opacizzando e lasciavano scivolare via la lucentezza tipica dello sguardo dei lupi. Si lasciò catturare dal riflesso delle stelle nelle iridi scure di Tamaki e, come se fosse uno specchio, quelle puntine andarono a conquistare anche le sue iridi blu indaco.

Tamaki non si fece sfuggire quel particolare, portò la mano fredda e tremante alla guancia gonfia dell'altro e l'accarezzò, cercando di memorizzare ancora una volta le piccole rughe che si formavano agli angoli degli occhi quando quel biondo dal carattere esuberante rideva. Anche se in quel momento sul viso di Togata non c'era alcuna espressione dipinta, lui poteva intravedere quelle piccole rughe che accompagnavano ogni singola risata di quel ragazzo. Gli sembrava di poterle percepire al passaggio dei suoi polpastrelli su quella pelle tirata.

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