Capitolo 23 - Quindici anni dopo

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Sento un rumore fastidioso, un vociare insistente... apro gli occhi domandandomi dove diavolo mi trovo. Mi guardo attorno confusa, Ma certo, sono ancora sull'Hogwarts express.
Abbandonandomi ai ricordi della mia adolescenza passata a Hogwarts, devo essermi addormentata; ma del resto stanotte non ho chiuso occhio per l'agitazione di ritornare a Hogwarts dopo quindici anni.

Mi affaccio alla porta dello scompartimento, c'è molta agitazione nel corridoio, e poi... riconosco la sua voce ancora prima di vederlo. Remus Lupin è affacciato alla porta di uno scompartimento un po' più avanti del mio e sta parlando con qualcuno all'interno.
È un po invecchiato, con qualche capello grigio e i vestiti sciupati, ma è proprio lui. Inconfondibile anche se non lo vedo da un sacco di tempo. Probabilmente allora insegna a Hogwarts. Chissà se da lui avrò qualche risposta alle domande che mi tormentano da quindici anni. D'altronde è l'unico che possa darmene qualcuna.

Ho una stretta al cuore pensando a Lily, a James e a Marlene che sono morti, ad Alice e Frank Paciock che sono stati torturati fino a impazzire, e un'altra ancora più forte mentre getto un'occhiata alla Gazzetta del Profeta che ho comprato stamattina e che ora è appoggiata sul sedile vuoto accanto al mio, sempre aperta sulla stessa pagina dal momento in cui l'ho comprata.
Dicono che il tempo allevia tutte le sofferenze, ma io so che non è vero, ci sono ferite che non si rimarginano mai. E quella ferita in fondo al mio cuore, anche dopo quindici anni, brucia ancora mentre guardo quella foto.

Fa male vedere il suo bel viso quasi irriconoscibile, magro, pallido e scavato, i capelli lunghi fino alle spalle, aggrovigliati e sporchi, e i suoi occhi grigi, quegli occhi da cui non riuscivo a staccare i miei, quegli occhi che avevo visto pieni di amore per me, e poi improvvisamente diventati freddi come il ghiaccio, ora tenebrosi e folli che mi fissano senza vedermi dalla pagina del giornale. E fa ancora più male leggere quello che scrivono di lui: il braccio destro di colui-che-non-deve-essere-nominato, un assassino, un pazzo che ha ucciso tredici babbani e un mago, Peter Minus, con un solo incantesimo e che qualche settimana fa è fuggito da Azkaban, la terribile prigione magica.

In tutti questi anni non ho mai creduto che lui potesse davvero aver fatto questo, ho sempre pensato che ci sia stato un errore, un terribile errore. Sono certa che il ragazzo che conoscevo e che avevo amato più di quanto potessi mai amare me stessa non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, semplicemente non ne sarebbe stato capace. Ma il ragazzo che io conoscevo e avevo amato così tanto forse era cambiato dopo quella sera in cui i miei occhi avevano incontrato i suoi, freddi e distanti, per l'ultima volta, quella in cui aveva ferito il mio cuore per sempre, irrimediabilmente. Erano passati tre anni da quando l'avevo visto l'ultima volta a quando era stato condannato e portato ad Azkaban, e non ho la minima idea di cosa sia successo in quei tre anni. A parte qualche sporadica lettera scambiata con Lily, avevo preferito tagliare i ponti con qualsiasi persona che mi potesse ricordare i sette anni passati a Hogwarts. Avevo ricevuto lettere anche da Mary, Sarah e Remus, ma non avevo mai risposto a nessuno di loro. Già solo le lettere di Lily facevano troppo male perché rendevano troppo reale una vita che non mi apparteneva più e che invece dovevo sforzarmi con tutta me stessa di dimenticare. Ma non avrei mai potuto rinunciare a tenermi in contatto con Lily, avevo un disperato bisogno della mia migliore amica. Almeno finché lei non è stata uccisa... e ora di lei e James non resta che Harry, il loro unico figlio, sopravvissuto chissà come a colui-che-non-deve-essere-nominato.

Alla fermata di Hogsmeade, il treno si ferma e scendiamo. Piove, una fitta pioggerellina gelata, troppo gelata per essere il primo settembre. Vedo Hagrid (beh, è impossibile non vederlo) che chiama i ragazzini del primo anno per la tradizionale traversata del lago, e mi dirigo invece con tutti gli altri verso le carrozze. Per la prima volta, riesco a vedere anche gli animali che le trainano, i thestral: sono più brutti di quanto mi aspettassi in base ai racconti che avevo sentito, e davvero preferirei non vederli adesso, perché vorrebbe dire che non ho mai visto delle persone, tra cui i miei genitori, morire davanti ai miei occhi, come invece purtroppo è successo. Un senso di inquietudine mi pervade, ma salgo su una carrozza e partiamo.

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