One shot - Una sorpresa per Natale

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24 dicembre 1998

Scendo dallo sgabello che ho posizionato poco fa accanto alla porta d'ingresso e osservo soddisfatto il rametto di vischio che ho appena finito di appendere. Avrei potuto farlo con la magia, ma le decorazioni natalizie mi fanno sempre venire una gran voglia di procedere a sistemarle, posizionarle e appenderle con le mie mani, esattamente come fanno i babbani; il Natale è già abbastanza magico di per sé e ho sempre pensato che non sia necessario rovinare questa magia aggiungendone dell'altra.

 Avrei potuto farlo con la magia, ma le decorazioni natalizie mi fanno sempre venire una gran voglia di procedere a sistemarle, posizionarle e appenderle con le mie mani, esattamente come fanno i babbani; il Natale è già abbastanza magico di per s...

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"Che ne dite ragazzi? Ha fatto proprio un bel lavoro il vostro papà, non è vero?" domando avvicinandomi ai due bambini che sgambettano nelle rispettive sdraiette.

Una delle mie canzoni natalizie preferite comincia ad uscire dal giradischi babbano che mi ha procurato Arthur, ed istintivamente mi metto a canticchiarla. Regulus mi rivolge un grande sorriso sdentato mentre Elizabeth mi sembra un po' imbronciata mentre mi punta addosso i suoi enormi occhi blu. I gemelli hanno ormai quasi quattro mesi e, mentre il maschietto è fino ad ora prevalentemente tranquillo, di buon carattere e piange raramente, la femminuccia sembra divertirsi a dare spesso del filo da torcere a chi si occupa di lei. Lascio una carezza sulla testolina di Reg e mi rivolgo alla piccola Lizzie.

"Ehi campionessa, non mi dire che sono stonato eh? Io canto benissimo! Ah no ma forse sei solamente gelosa delle decorazioni natalizie! Come farai quando la mamma tornerà a casa e tutte le attenzioni saranno rivolte a lei?"

La bambina, come se avesse intuito quello che lo sto dicendo e non ne fosse affatto contenta, accentua il broncio che ha deciso di esibire sul visetto paffuto, finchè un urlo, seguito da un pianto disperato, sovrasta le note della mia canzone natalizia preferita.

"E va bene, vieni qui, ti faccio fare amicizia con l'albero di Natale" mi arrendo sollevandola e portandola a vedere la miriade di luci e palline colorate che adornano il grande abete che occupa una buona porzione del soggiorno dell'appartamento in cui vivo a Londra con i miei bambini.

Mentre Lizzie smette di piangere e allunga le manine per cercare di catturare una delle decorazioni o delle lucine appese all'albero, ripenso al rapporto controverso che ho avuto in passato con il Natale. Quando ero bambino, mi avventuravo spesso fuori dal numero dodici di Grimmauld Place senza che i miei genitori se ne accorgessero, e mi incantavo ad oservare le luci che scintillavano nelle strade e nelle piazze della Londra babbana, le decorazioni appese alle finestre dei palazzi, le persone che entravano e uscivano dai negozi cariche di pacchetti di ogni forma, colore e dimensione; volti felici, e forse lo erano solo in apparenza ma mi piaceva sperare che per loro fosse diverso, che la gioia abitasse davvero nei loro cuori. Per me, invece, il Natale era un'agonia, una sofferenza tremenda, era motivo di angoscia e di rabbia più di qualsiasi altro giorno dell'anno. Io e Regulus eravamo costretti ad indossare scomodissimi abiti eleganti, camicie, giacche sempre troppo strette e pomposi cravattini che mi davano una terribile sensazione di soffocamento. E, così agghindati, venivamo portati a forza dai nostri genitori a casa di qualche famiglia purosangue per partecipare a serate di gala di una noia mortale.

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