Note: come ho già detto, saranno trattati argomenti delicati, a cui spero di rendere giustizia.
Inoltre, nonostante l'idea di base sia ispirata dalla trilogia Shatter Me, la trama differisce molto, si evolve in modo completamente diverso, anche lo stile di scrittura è differente. Di simile c'è l'idea di base, fine.
Vi lascio alla lettura, spero vi piaccia.Vi siete mai sentiti in balia della vita? Non so, un giorno ti svegli e ti rendi conto che tutto quello che hai fatto in vita tua non è mai servito a un cazzo. Che nel disegno dell'universo tu non servi a niente e sei solo un puntino inutile che morirà presto, in un tempo che per la nostra terra è meno di un secondo. E allora di te cosa rimarrà? Un pezzo di marmo conficcato per terra, i ricordi degli altri granelli di insignificante sabbia che ti hanno conosciuto e che moriranno portandoti con loro e poi? Poi il nulla.
È un pensiero deprimente, lo ammetto, ma anche rassicurante per certi aspetti. Se ci pensate, se tanto di te non rimarrà assolutamente niente, allora chissene frega. Chissene frega della figuraccia che abbiamo fatto l'altro giorno; chissene frega dell'esame che abbiamo la settimana prossima; chissene frega della persona che ci piace che non ci considera. Chi se ne frega. Nel disegno dell'universo tutto ciò è totalmente insignificante. Alla fine di noi non rimarrà assolutamente niente, ed è giusto così. Questo tipo di pensieri può essere rassicurante, può essere deprimente, può essere anche pericoloso. Infatti un pazzo potrebbe dire: "chissene frega se faccio una strage di quaranta persone. Nell'insieme non vale assolutamente niente". E potremmo pensarlo anche noi, a dirla tutta. Perché alla fine non varrebbe niente comunque.
Ma allora, se non valiamo niente, qual è il senso di tutto questo? Be', se lo sono chiesti in tanti. Non penso qualcuno sia arrivato a una risposta. Quindi penso che alla fine chissene frega. Meglio godersela. Se anche una risposta la trovassimo, nell'insieme non varrebbe assolutamente niente, quindi tanto vale godersi questo casino di universo per quel che possiamo e basta, no?
Fosse facile, risponderebbe Lovino. Il problema arriva quando tieni a qualcuno. Lì arrivano paranoie, problemi, e allora non puoi più fare come ti pare. Siamo animali sociali, purtroppo ci importa degli altri, siamo fatti per stare con loro, e allora puoi fare come vuoi fino a un certo punto.
Lui, per esempio, è sempre stato uno con la coscienza particolarmente bastarda. Ansia e paranoia sono sempre state le sue migliori amiche, e quelle non sono mica facili da mandare via. Se lo fossero lui a quest'ora sarebbe il presidente del mondo, grazie tante e vaffanculo.
Ma non è solo la sua coscienza ad essere bastarda, no no. Pure la genetica è stata particolarmente creativa nei suoi confronti.
Eh sì, perché tra tutti i poteri che poteva dargli proprio quello di distruggere qualsiasi cosa solo toccandola doveva scegliere, come se non fosse abbastanza bravo a rovinare tutto per conto suo. Ah, e quando dico "qualsiasi cosa" intendo proprio qualsiasi cosa, comprese le persone. Motivo per cui, quando a undici anni aveva quasi fatto fuori il suo fratellino per sbaglio, era stato spedito in culo ai lupi, in un fottuto manicomio fatiscente a marcire per il resto della vita merdosa che si era ritrovato.
Per i primi anni lo facevano uscire per fare esperimenti e studiarlo, ma da quando aveva raggiunto i sedici anni non erano più tornati a prenderlo, limitandosi a dargli due pasti merdosi al giorno. Era convinto che avessero buttato via la chiave della sua cella, tanto il cibo glielo passavano da una fessura e della sua igene se ne fottevano altamente, e invece un giorno quella porta si aprì e ne entrò un ragazzo, con in mano alcune coperte e un cuscino. Dalla poca luce che filtrava dalla porta e dalla finestra, Lovino vide che era abbastanza muscoloso, abbronzato, con i capelli ricci e scuri e gli occhi verdi. La porta si richiuse all'istante alle sue spalle.
-sei qui per farmi fuori?
Quello rise -no. Sarò il tuo compagno di stanza.
E che stanza. Pochi metri quadrati di spazio, un materasso sottilissimo con due coperte sudice e un cuscino lercio e una finestra minuscola con tanto di sbarre. Romano avrebbe potuto rendere tutto quello schifo cenere solo toccandolo, ma non se n'era ancora andato. Sapeva che era meglio così, era solo un pericolo ambulante.
-mi dispiace per te- disse solo, senza neanche alzarsi dal suo angolino sudicio -che hai fatto per farti sbattere qui con me?- che avessero deciso di sfruttarlo per le condanne a morte? Col cazzo, usassero una sedia elettrica piuttosto, non avrebbe fatto il lavoro sporco per loro.
Il sorriso del tizio vacillò un secondo -lunga storia.
-non vuoi parlarne. Va bene, come ti pare.
Il ragazzo gli porse la mano, dando dimostrazione di un'intelligenza al di sotto della media -io sono Antonio.
Lovino guardò prima la sua mano tesa e poi lui -non ti hanno detto niente di me o sei solo coglione?
-non mi hanno detto niente.
-mh- onestamente puntava sulla seconda -ti basti sapere che non ti conviene toccarmi. Mai.
-ah, va bene...- si mordicchiò il labbro, combattuto -quindi non posso abbracciarti?
-no.
-perché?
-non mi piace parlarne. E poi perché dovresti abbracciarmi?
-amo gli abbracci- esitò, poi la curiosità ebbe la meglio -ti è successo qualcosa di brutto?
-no. Non è quello a cui stai pensando.
-sicuro?
-eh.
-sicuro sicuro? Potrei aiutarti...
-no, senti. Non ho bisogno del tuo aiuto o della tua pietà. Non toccarmi, non rompermi le palle e andremo d'amore e d'accordo.
Antonio alzò le mani in segno di resa -okay, okay. Non mi hai detto come ti chiami.
-Lovino. Tanto per essere chiari, qui non c'è mai un cazzo da fare se non guardare fuori da quella finestra, per quel poco che si vede, mangiare quando te ne portano, dormire, pensare, cagare o pisciare in quel cesso là nell'angolo o farsi una sega. In caso di quest'ultima sei pregato di farlo il più lontano possibile da me, grazie.
Quello rise -va bene. Dove posso sistemare...- indicò le coperte e il cuscino che teneva tra le braccia con un cenno della testa.
-dove ti pare, sai che me ne frega.
Antonio annuì, posò il cuscino a terra e sistemò le coperte affianco alle sue, stendendosi a pancia in su, un po' troppo vicino per i suoi gusti. Istintivamente si allontanò leggermente, rannicchiandosi contro il muro.
-hai un materasso, che fortuna.
Lovino sbuffò -è praticamente una sottiletta, ma sì. Ero piccolo quando sono arrivato, si vede che gli facevo pena.
-quanti anni avevi?
-undici.
-oh- rimase in silenzio per un po', con gli occhi sgranati -oh.
-già. Tipo... ogni mese mettono del sapone per darsi una ripulita sopra il vassoio del cibo, anche se non fa quasi niente, mentre una volta all'anno mi passano dei vestiti nuovi. Almeno credo sia ogni anno, stando qui si perde la cognizione del tempo.
-e quanti... quanti vestiti ti hanno dato?
-vuoi sapere quanti anni ho?- quello annuì, stendendosi sul fianco per guardarlo in faccia -credo diciassette. Più o meno.
-oh. Io ne ho ventidue.
-buon per te.
Antonio sogghignò -comunque non rimarrò qui a lungo.
-tipo carcere? Hai fatto qualcosa di sbagliato e ti hanno sbattuto qui per qualche mese o anno?
Scosse la testa -in teoria dovrei stare qui per tutta la vita, ma so che i miei amici stanno già cercando di farmi evadere.
Sbuffò una mezza risata -buona fortuna.
-potresti venire con noi.
Si irrigidì -no.
-non ti sei stancato di stare qui? I miei amici sono brave persone, non ti farebbero del male. C'è un posto...
-no, non hai capito. Io devo stare qui.
-perché?
-perché non...- "perché sono un pericolo pubblico" -perché sì.
-Lovinito...
-chi ti ha autorizzato a chiamarmi così?- sbottò.
Fece un sorrisino colpevole -scusa. Comunque non penso che tu meriti di morire qui dentro.
Rise -che ne sai? Potrei aver fatto fuori decine di persone.
-eri un ragazzino quando sei arrivato qui. Cosa mai potrebbe fare un bambino di così terribile da finire qui?
Si trattenne a stento dal ridergli in faccia -esistere.
-sei figlio di un dissidente politico o qualcosa del genere? È per questo che sei qui?
Lovino scosse la testa -acqua.
-uffa. Allora... uhm...- fece un'adorabile espressione concentrata. Non che Lovino lo trovasse adorabile -sei stato testimone di qualcosa che non avresti dovuto vedere?
-in caso mi avrebbero fatto fuori direttamente.
-uhm...- rimase in silenzio per un po', pensando. Poi sbuffò -non ne ho idea.
Fece un leggerissimo sorriso -prova a indovinare. Io non ti dirò niente.
-sfida accettata. Dunque...
STAI LEGGENDO
Rebuild Me
Fanfiction(un grazie a @Mangaka05 per la copertina) Ispirato a "Shatter Me" di Tahereh Mafi Lovino era un mostro. Come altro poteva definirsi? Cos'altro poteva essere un ragazzo che distruggeva tutto quello che toccava e uccideva chiunque provasse a sfiorarlo...