"Bryan!"
"Ellie??" Si alza dalla sedia al tavolino in cui era seduto con un'altro ragazzo e mi viene incontro.
"Cosa ci fai qui El?" Dice con voce più stupita della mia stritolandomi in quello che deve essere un abbraccio.
"Tu piuttosto cosa ci fai qui. Non ti eri trasferito a Jackson??" Gli chiedo ricambiando l'abbraccio. Vorrei picchiarlo per avermi lasciata sola due anni fa, però dopotutto, è sempre il mio migliore amico.
"Esatto, solo che sono venuto a sapere che mia nonna non sta bene, ha un tumore, perciò ho deciso di venire qua almeno per i primi due anni di università, poi tornerò in America"
"Oddio mi dispiace, non sapevo niente..." Bryan ed io continuiamo a parlare in italiano, perciò c'erano Jess e Lottie che non capiscono niente, e continuano a guardarci in modo interrogativo. Con mia madre in Italia parlavano in inglese, anche perché lei lo parla abbastanza bene.
"Tranquilla, te che ci fai qua?"
"Ci vivo" Dico in modo ovvio, facendo scappare una risatina da parte sia di Bryan sia mia.
Alla fine presento Bryan a Jess e Lottie, e lui mi presenta il suo amico, Edgar, un tipo di media statura, moro, con gli occhi scuri e abbastanza simpatico, almeno, per quello che poteva sembrare. Resto a parlare con Bryan fin troppo tempo, e Lottie e Jess decidono di prendersi un caffè senza di me.
Scopro che Bryan ed Edgar hanno il mio stesso indirizzo, architettura, quindi molto probabilmente li avrei visti a lezione il giorno dopo. Continuiamo a perlustrare il campus per circa due ore, poi finalmente ognuna nella propria camera. Apro con fatica la porta con questa dannata chiave argentata che non entra e subito i miei occhi guizzano sulla ragazza alla scrivania di fronte al letto sul quale c'era un enorme valigia e il resto accanto."Oh...mh, ciao" le dico quando vedo che non mi ha notata, e facendo così la faccio sobbalzare.v
"Mi hai spaventata! Non si bussa??" Chiede girandosi verso di me e alzando la voce.
"Mi dispiace, ma in realtà questa è anche la mia stanza, quindi non ho bisogno di bussare" le rispondo andandomi a sedere sul letto per togliermi le scarpe. La vedo sbuffare e riprendere a chattare al computer.
"Bhe comunque piacere, sono Ellie Anderson" mi alzo dal letto andando verso la scrivania su cui è seduta la ragazza dai capelli color nero come la pece e allungo la mano aspettando che me la stringe, ma non lo fa.
"Come ti chiami?" Dico ritraendo il braccio, ma non ricevo alcuna risposta.
"Bhe, è stato un piacere" vado verso il letto e comincio a sistemare le mie cose. Insomma, ho una compagna di stanza fantastica, non potevo desiderare di meglio.
"Senti so che non abbiamo iniziato con il piede giusto, ma dato che dovremmo condividere questa stanza per i prossimi cinque anni, non pensi che potremmo provare ad essere amiche?" La guardo mentre inizia a ridere e buttare la testa indietro sul cuscinetto della sedia girevole su cui è seduta.
"Non hai capito niente tesoro, io non sarò mai tua amica, c'è, ti sei vista? Non saresti mai al mio livello, se vuoi sapere il mio nome mi chiamo Chrystal, ma non aspettarti di essere mia amica, voglio dire, chi mai indosserebbe quei cosi lì?" Dice indicando tutti i miei vestiti, vorrei non dirlo, però mi ha ferita. Non le ho fatto niente, perché mi parla in questo modo? La guardo alzarsi ed uscire dalla camera, pronunciando uno "che sfigatella" e senza volerlo mi accovaccio sul letto iniziando a piangere ricordando i momenti delle medie e del liceo dove la "sfigata" ero sempre io, il che fu un motivo del diventare autolesionista.

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HOLD ME
Fanfiction"Dovevo stare lontana da lui, dovevo stare lontana da quell'amore impossibile, dovevo farmelo passare, non avevo altra scelta, ma non ci sono riuscita. Aveva detto: "Sono solo cresciuto, non sono cambiato" e forse aveva ragione, ero stata io a cambi...