8. Capitolo otto

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Punto di vista: Clarissa

Un paio di ore dopo aver lasciato mia madre, io e Luca abbiamo portato una valigia con i vestiti di mia madre al centro di recupero. Ed ora sono quasi due settimane che è lì. Due settimane che non faccio da madre a mia madre.

Ho scoperto di avere tre corsi in comune con Mattia e la cosa non mi entusiasma per niente perché non mi va di vederlo, più lo evito meglio è. Ultimamente però ho notato che è piuttosto triste e arrabbiato e nessuno sa il motivo. So solo che non risponde più alle domande dei professori, come era solito fare, ed è spesso scocciato.

Negli ultimi giorni ho pensato parecchio alla promessa che ho fatto a Luca e forse adesso è il momento di mantenerla, anche se non sono completamente pronta. Ho deciso di essere forte ed andare da sola con i mezzi così prendo l'unico pullman che passa per il penitenziario. Il viaggio dura all'incirca 40 minuti e sono molto agitata. Non so cosa aspettarmi da mio fratello, so solo che sono mesi che non lo vedo.

Scendo davanti ad un enorme edificio in cemento armato circondato da filo spinato. Respiro profondamente e poi entro. Vado verso un agente seduto ad un tavolo che sta controllando dei fogli.

"Salve", lo saluto. Lui alza lo sguardo. "Sono venuta per una visita"

"Nome del detenuto?"

"Marco Stevenson" Lui mi guarda dubbioso "Sono la sorella"

"Non ha mai avuto visite da quando è qui" dice lui

"È complicato" dico. Lui annuisce poi comunica qualcosa alla radiolina sulla sua spalla. Si alza e mi accompagna in una stanza, simile ad un semplice bar ma solo con i tavoli.

"Si sieda e aspetti" mi ordina l'agente e qualche minuto dopo torna con mio fratello, ammanettato. È cambiato: i capelli sono sporchi, la sua carnagione è molto pallida ed è dimagrito. Appena mi vede sorride maliziosamente.

"Sorellina" dice sedendosi

"Ciao", dico secca

"Come te la passi?" mi chiede

"Bene" dico "Ho portato mamma in un centro recupero"

"Avete pagato tutti i debiti?" domanda. Scuoto la testa guardando le mie mani sul tavolo.

"Cosa ti serve?" mi chiede poi

"Voglio solo sapere il perché" dico. Lui scoppia a ridere.

"Una semplice scommessa" risponde. Non è la risposta che mi aspettavo. Non è una risposta normale.

"Sei solo uno stronzo" gli dico "Egoista"

"Ti ringrazio" mi dice come se gli avessi appena fatto un complimento. Mi sento avvampare.

"Sai, a volte ti desidero solo morto" gli sussurro a pochi centimetri.

"Desideri anche te stessa morta?" mi chiede sorridendo. Io lo fisso incredula. Non pensavo nemmeno sapesse quella parte della storia "Già, lo so"

"Come?" domando

"Le voci qui dentro girano. È stato piuttosto facile" Il suo sorriso mi dà sui nervi.

"Ne vai pure fiero?! È stata colpa tua se sono arrivata a tanto" dico arrabbiata

"No, io ho solo perso una scommessa" si difende "Tu, volevi morire"

"Volevo morire, hai ragione, ma solo dopo quello che mi avevi fatto tu. Non ero così felice nemmeno prima, è vero, ma tu hai complicato tutto"

"Come ti pare" dice. Allunga le gambe sotto il tavolo. "Come va con il tuo fidanzatino Luca?"

"Non è il mio fidanzatino" dico senza togliere lo sguardo

"Peccato, eravate così carini durante la denuncia" dice facendo il labbruccio

"Vaffanculo" gli rispondo. Mi alzo e me ne vado. Sono stanca di sentire le sue provocazioni. Torno a casa.

Damage - Una rosa dal cementoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora