14. Capitolo quattordici

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Punto di vista: Clarissa

Il giorno dopo che Mattia è venuto da me ho mandato un messaggio a Luca dicendogli che sarei andata a scuola con Mattia visto che ha dormito da me, nel divano. Lui mi ha risposto con una semplice domanda: perché lo fai? E io gli avevo risposto la verità: perché è un mio amico ed io aiuto sempre i miei amici. Lui non ha più risposto.

Tutto questo è successa circa una settimana fa e da allora io e Mattia teniamo sempre gli occhi aperti, Luca invece non vuole avere a che fare con questa storia nonostante gli avessimo spiegato tutto.

Oggi è un normale giorno di università: lezioni, psicologa, lezioni. Con Mattia questa mattina ho solo un corso in comune: istologia, che per quanto possa essere noiosa a volte, a me affascina tantissimo. Mattia ha preso l'abitudine di sedersi vicino a me durante i corsi che abbiamo in comune ed è bello avere qualcuno con cui parlare ogni tanto.

"Hai avuto notizie?" domando sottovoce, lui fa cenno di no. Lo vedo teso e preoccupato ma penso che forse sia una mia impressione così continuo a prendere appunti. Ad un certo punto, le porte dell'aula si aprono facendo zittire il professore e rivelando due agenti che mi sembra di aver visto quando sono andata per la denuncia della scomparsa di mia madre. Si fermano a parlare con il professore a bassa voce. Io e Mattia ci scambiamo un'occhiata, abbiamo già capito tutto. Il professore annuisce e subito dopo i due agenti si avvicinano a Mattia.

"Lei è in arresto per percosse" dice uno, Mattia non si oppone così lo faccio io

"Lui non ha fatto niente, è stata legittima difesa" dico

"Signorina si faccia gli affari suoi" mi risponde l'altro

"Sono affari miei dal momento che lui è mio amico" dico

"Clarissa lascia stare, è il loro dovere" mi dice Mattia, arreso. Io mi siedo ma la mia testa sta già ragionando su come farlo uscire da dove lo stanno portando. E io so esattamente dove lo stanno portando, devo solo aspettare qualche ora. Sfrutto il fatto di essere simpatica ad un agente, prendo i potenti sonniferi di mamma, un po' di caffè ed il lavoro è fatto. Certo caffè e sonniferi potrebbe essere considerato un ossimoro ma questa volta no.

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Sono le 22 passate da pochi minuti ed è arrivato il momento di salvare Mattia. Prima di uscire ho preparato qualcosa come due litri di caffè, ma non per me, per gli agenti e dopo averlo versato in tazze ho inserito un sonnifero. Esco di casa come se stessi andando a fare una semplice passeggiata e mi dirigo verso la questura. A piedi sembra più lunga di quando l'ho fatta in macchina ma non importa.

Arrivata lì entro senza essere sospetta e inizio a parlare con il solito agente che aspetta qualche denuncia per qualcosa.

"Salve", dico, lui alza lo sguardo e sorride

"Clarissa, vero?" dice lui, io annuisco "Come mai qui senza nessuno stasera? Che succede?"

"Niente" dico "Volevo solo ringraziarla per avermi aiutata con mia madre e con il padre del mio amico"

"Ho fatto solo il mio lavoro" mi risponde lui

"Le ho portato del caffè, ho immaginato che il turno di notte non sia così semplice da superare" dico porgendogli una tazza "È freddo, ma sono venuta a piedi"

"Beh è molto gentile da parte tua, grazie" mi dice sorridendomi e afferrando la tazza, ne beve un sorso

"Dimmi, come sta tua madre?" Mi chiede e poi continua a bere il caffè

"L'ho portata in un centro di recupero" sospiro "Spero che riesca a non bere più" Finisco la frase e lui è già addormentato sulla sedia. Mamma lo diceva che erano in grado di stendere chiunque. Riesco ad entrare in silenzio con le altre tazze e appena vedo qualcuno attiro la sua attenzione.

"Scusi" dico "L'agente all'entrata mi ha detto di venire qui" L'agente si avvicina e riesco a riconoscerlo, è quello che ha arrestato Mattia.

"Lei non può stare qui" mi dice poi mi guarda meglio "Lei è quella che ha difeso quel ragazzo oggi all'università" dice lui

"Già volevo scusarmi con lei e ringraziare il suo collega all'entrata. L'ho già ringraziato, ora manca solo scusarmi con lei" dico "Le ho portato del caffè, per la notte. C'è solo lei?" Noto delle chiavi alla cintura.

"No, altri due agenti più avanti ma con loro non hai mai avuto a che fare, non avresti motivo per dar loro del caffè"

"Beh per non fare un torto a nessuno" scherzo io, lui prende una tazza e lo beve un po' alla volta. Una volta che anche lui si è addormentato passo oltre dopo aver preso le chiavi e vado dagli altri due agenti. Probabilmente merito l'ergastolo per quello che sto facendo ma ormai la mia vita è rovinata, non vedo cosa possa farla andare peggio.

Con una banalissima scusa offro il caffè anche a loro e trenta secondi dopo sono entrambi stesi a terra che sognano. Corro in cerca di Mattia chiamandolo sottovoce finché lo trovo.

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Punto di vista: Mattia

È da questa mattina che sono chiuso qui dentro e non vogliono dirmi quale sarà il mio destino. Non ne posso più ma Clarissa mi aveva avvertito che ne avrei pagato le conseguenze e lo sto facendo. Ammiro con quale coraggio si sia opposta oggi agli agenti che mi hanno arrestato ma avevano ragione. Non mi è importato nemmeno di essere stato arrestato davanti ai miei compagni di corso e al mio insegnante preferito.

La mia cella è fredda e il letto è scomodissimo. Sono stanco ma non riesco a dormire, almeno le manette me le hanno tolte.

"Agente" chiamo l'agente per chiedergli se posso avere una coperta ma non risponde "Agente!" dico più forte

"Mattia?" La voce di Clarissa, sta sussurrando. Come fa Clarissa ad essere qui?!

"Clarissa? Sono qui" dico. Sento i suoi passi veloci avvicinarsi. "Come sei entrata?" le domando

"Zitto. Te lo spiego dopo. Te l'avevo detto che ti avrei tenuto fuori dai guai" mi dice mentre inserisce le chiavi nella serratura e gira verso destra un paio di volte. Le sbarre della cella si aprono ed esco. Mi rendo conto che forse ha ragione Denis, gli ho raccontato di Clarissa e di come sono riuscito a raccontarle di mio padre. Sa praticamente tutto su Clarissa ma l'ultima volta che gli ho parlato di lei mi ha detto "tu sei innamorato di quella ragazza, amico, lasciatelo dire". Ecco, quella frase mi viene in mente e, Dio se ha ragione. Non lo dirò a lei perché so che non ricambia, sono suo amico giusto?, lei ha detto così e poi perché rischierei di rovinare un'amicizia nata da poco.

"Cosa fai lì impalato? Dai muoviti" mi dice a bassa voce.

"Sì scusa, arrivo" dico e le vado dietro. Così bella, così coraggiosa. È stata disposta a rischiare così tanto per farmi uscire di galera. La sua tuta non è un granché ma è comunque la ragazza più bella che conosco. All'entrata si ferma ed entra nell'ufficio dell'uomo che sta beatamente dormendo.

"Cosa cerchi?" le chiedo, visto che sta rovistando nei cassetti

"Il tuo fascicolo" dice e lo trova. Non so perché l'abbia preso ma sicuramente avrà i suoi motivi.

Usciamo correndo e corriamo fino a quando della questura non ne rimane traccia. Ci fermiamo con il fiatone e d'impulso la prendo e la stringo a me. Poi anche lei mi stringe a sé.

"Grazie" le sussurrò tra i capelli. É molto bassa rispetto a me e devo dire che mi piace parecchio. Lei non parla.

Mi godo quel momento di felicità prima che qualcuno o qualcosa lo rovini. Questa ragazza è una pazza, eppure non sembra. La accompagno a casa e poi torno a casa mia. Avrei voluto tanto baciarla, lasciare che le mie mani viaggiassero lungo il suo bellissimo corpo ma non mi sembrava molto comodo da parte sua, sarei stato troppo invadente e se c'è una cosa che ho capito di lei è che bisogna fare con calma, lasciare che sia lei ad avvicinarsi, a fare il primo passo. Come se fosse un cucciolo impaurito.

Damage - Una rosa dal cementoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora