17 - Avrei voluto dimenticarti

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Un manto bianco ricopriva la città, mentre il rumore della neve che scricchiolava sotto i passi pesanti di Tony, sferzava il magico silenzio che era calato tra quei palazzi. Non un uccello osava cinguettare, non una foglia osava cadere. E il vento, magicamente, aveva cessato di soffiare tra le fronde spoglie degli alberi secchi, che ormai immobili, sembravano come le dita scheletriche della mano di un vecchio. Quel silenzio risultava quasi inquietante alle orecchie del meccanico, troppo abituato al brusio costante delle voci che pervadeva, quasi maniacalmente, i corridoi della Stark Tower. Per non parlare, poi, dell'infinita moltitudine di rumori che invadevano la sua testa, sempre in preda a mille pensieri, e di come, tutte le volte che chiudeva gli occhi, ogni suono attorno a lui si amplificava fino quasi ad assordarlo. Ma in quel frangente, così silenzioso da sembrare surreale, la testa del meccanico era svuotata da ogni singolo pensiero, concentrata su un solo obiettivo, e tutti i rumori attorno a lui, si erano annullati. Tony alzò lo sguardo, cercando di capire che ora fosse. Il sole filtrava appena tra la folta coltre di nuvole grigie. Così, era impossibile sapere l'ora, ma a giudicare, doveva essere, ormai, tardo pomeriggio. Si, l'ansia di rivedere quel viso, quegli occhi d'oceano, penetrava nella sua mente come spilli infilzati nella pelle, e il suo cuore, senza che se ne accorgesse, cominciò a battere all'impazzata. Improvvisamente, una vampata di calore pervase il suo corpo, mentre il mondo attorno a lui cominciò a girare. Si mise una mano sul cuore e strinse forte nel pugno il tessuto della giacca, contraendo il volto in una smorfia di dolore. Camminare gli diventava sempre più difficile, e con la vista leggermente offuscata, vide le sagome confuse dei suoi compagni di squadra allontanarsi sempre di più. Il fiato gli venne a mancare, e la costante sensazione che di li a poco sarebbe potuto morire si instaurò nella sua mente. Poi, d'un colpo, si accasciò a terra, in mezzo alla neve fresca. Peter si girò di scatto nel sentire un rumore che non riusciva a distinguere «Signor Stark!» urlò mentre correva verso la sua direzione. Clint e Natasha si girarono a loro volta, allarmati dalle urla del ragazzo.
«Tony!» disse Natasha correndo e inginocchiandosi accanto a lui.
Tony aveva gli occhi sgranati. Fissava imperterrito la candida distesa di neve bianca deturpata dai passi degli amici corsi in suo aiuto.
«Non ce la posso fare - disse a fatica il meccanico - Non posso».
Natasha gli prese la mano e la strinse «Tony, ascoltami. Sei forte, più di quanto pensi. Puoi farcela».
Per un breve secondo, Tony la guardò negli occhi. Natasha vi vide il terrore di fallire, la miseria di un cuore infranto. Peter non staccava gli occhi di dosso dal meccanico, quando, improvvisamente, sentì i suoi sensi di ragno vibrare. Alzò appena la testa, in lontananza, nascosta nell'oscurità di un vicolo buio, una figura alta li stava fissando, per poi svanire dietro l'angolo.
«Che cosa hai visto Peter?» chiese Clint, incuriosito dall'atteggiamento del ragazzo.
«Non lo so - disse titubante Peter - non ne sono sicuro, ma credo che...» ancora, i suoi sensi di ragno vibrarono, mentre di sottofondo, sentiva l'ansimare di Tony, spaventato e confuso.
«Aspettate qui» disse il ragazzo alzandosi e correndo in direzione di quella figura.
«Peter fermati!» disse Clint guardandolo.
Natasha si girò e lo guardò allontanarsi. Tony ancora seduto in mezzo alla neve, lo guardò confuso «Dove sta andando?» chiese ansimando.
«Da nessuna parte Tony, tranquillo - gli disse Natasha cercando di calmarlo - Clint! Inseguilo» disse guardando l'amico.
Clint fece cenno di si con la testa, e fulmineo, si alzò, correndo dietro il giovane ragazzo.
Peter stava inseguendo l'ombra, affidandosi completamente ai suoi sensi. Correva attraverso quei vicoli stretti e bui, agile come un gatto che rincorre la sua preda, saltando i bidoni della spazzatura rovesciati al suolo, e schivando qualsivoglia tipo di ostacolo si trovasse davanti. Nella sua mente, una sola immagine. Nei suoi occhi, una sola figura. Doveva sapere chi si celava dietro quell'oscura silhouette che li stava osservando, doveva avere la certezza che non fosse un pericolo, ma più di tutto, doveva scoprire se sapeva qualcosa sul capitano. Quella figura oscura lo aveva condotto fino al cuore di quella città deserta, così silenziosa da sembrare finta. Peter aveva il fiatone per la corsa sfrenata, e continuava a guardarsi attorno confuso, alla ricerca anche solo di un piccolo indizio che lo potesse condurre a quella misteriosa persona, quando, improvvisamente, qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla.
«Ragazzo» disse la voce.
Fulmineo, e senza girarsi, Peter prese la mano dell'individuo e se la tolse di dosso. Con altrettanta velocità, cercò di colpire l'individuo, ma non ci riuscì. Peter cercò di guardarlo in faccia, ma l'uomo era troppo veloce, e lo prese per un braccio, facendolo volare in aria e scaraventandolo a terra. Il ragazzo sentiva la testa rimbombare per la caduta, e il suono di una voce che sembrava fin troppo lontana, chiamare il suo nome. A fatica, Peter aprì gli occhi, il cielo era grigio, ma comunque irradiato da una luce accecante. Si alzò sui gomiti e guardò dritto davanti a se. Appena fuori quel vicolo, Clint stava li, in piedi, a fissare sconvolto quella figura dietro il ragazzo. Appena dietro di lui, comparvero Natasha, anche lei sconcertata nel guardare quella persona. Poi, i suoi occhi vennero catturati da una terza figura, Tony. Era appena dietro Natasha, ma tra tutte, la sua espressione era quella che più aveva colpito il ragazzo. Il meccanico stava li, dietro di lei, e a mala pena riusciva a stare in piedi. Aveva il fiatone, segno che gli era corso dietro, forse era preoccupato, o forse, era semplicemente incuriosito dal suo atteggiamento. Ma ciò che stava vedendo lo aveva sconvolto, forse più di quanto potesse immaginare. Fece per fare un passo in avanti, ma era incerto, ancora non ci poteva credere. Incuriosito, Peter si voltò. Dal basso vedeva solo una figura nera scontornata perfettamente dai deboli raggi del sole che filtravano appena attraverso la fitta coltre di nuvole che copriva il cielo. La figura gli tese una mano, offrendogli un aiuto ad alzarsi. Peter cercò di mettere a fuoco quella figura, ma non ci riuscì. Prese la mano dello sconosciuto e si alzò, e finalmente poté vederlo in faccia.
Il suo volto era come se fosse segnato dal tempo, accentuato da una folta barba. Le sue guance erano leggermente scavate, e i capelli, lasciati andare allo scorrere del tempo, erano lunghi e pettinati all'indietro, con una simpatica ciocca che cadeva a lato del suo viso, come a formare un'onda. Le sue sopracciglia erano leggermente corrucciate, probabilmente a causa della luce, e i suoi occhi erano stanchi. Si, Peter aveva già visto quegli occhi, ma dove? E improvvisamente, ricordò. Ricordò come Tony aveva descritto quegli occhi, e l'oceano dentro loro. Ricordò che li aveva paragonati ad un mare in tempesta e alle acque calme in una giornata d'estate. Ricordò che faceva fatica a trovare un altro paragone, perché a suo dire, non ve ne erano. Quelle iridi erano cristalline e limpide, e risplendevano di vita propria sotto i timidi raggi del sole. Più il ragazzo fissava quegli occhi, più aveva la sensazione di affogare, ma non aveva paura, questo no. Non era niente di quello che si era immaginato, era come se dolcemente si stesse lasciando andare, perso in quelle acque profonde, e in qualche maniera, allo stesso tempo, stesse guardando la luce del sole. Sentì come se una sensazione di pace avesse preso possesso del suo cuore e della sua mente, realizzando, in fine, a chi appartenessero quegli occhi.
«Stai bene ragazzo?» disse l'uomo guardandolo.
«Tu... tu sei...» provò a dire Peter, ma senza successo.
Improvvisamente, l'uomo alzò lo sguardo e sgranò gli occhi, nel vedere chi, oltre al giovane, era sbucato fuori da quel vicolo buio.
Tony fissava quella figura, che ancora teneva stretta la mano di Peter. La guardava come non aveva mai guardato nient'altro. Era sconvolto, sorpreso, mai si sarebbe aspettato una cosa del genere. Cercò di dire qualcosa, ma le parole non gli uscivano dalla bocca. Gli sembrò come se un nodo gli si fosse formato alla gola, impedendogli di parlare, di emettere un qualsiasi suono. La sua mente era in preda ad una confusione disumana, non riusciva più a pensare lucidamente. Improvvisamente, sentì come se il cuore gli stesse per uscire dal petto, mentre cercava, vanamente, di riordinare il casino che aveva in testa.
«Non ci credo...» disse con un filo di voce l'uomo misterioso, facendo un passo in direzione del meccanico.
Tony continuò ad avanzare lento, passo dopo passo verso quella figura misteriosa. Ormai era a poco meno di un metro da quella persona che ancora, guardava sconvolto.
«Sei... Tu...» cercò di dire Tony con voce rotta.
Adesso, era a pochi centimetri quell'uomo, e lentamente, Tony gli prese il volto tra le mani. I suoi occhi erano diventati lucidi, la bocca leggermente aperta in segno di stupore, e sentiva la folta barba morbida sotto il tocco della sua mano. L'uomo abbassò leggermente la testa in avanti, abbandonandone tutto il peso sulla mano del meccanico. Poi, alzò gli occhi lucidi e sorrise dolcemente a mezza bocca nel vedere il suo volto. Una lacrima scese dall'occhio di Tony, mentre un sorriso comparve sulle sue labbra.
«Steve» disse il meccanico con un filo di voce.
«Ciao Tony...» disse piano il capitano.
Il labbro di Tony tremò leggermente, mentre sul suo volto comparve un'espressione a metà tra la felicità più pura e la disperazione più straziante. Senza preavviso, si gettò tra le braccia del capitano, alla ricerca di quell'abbraccio che aveva sempre desiderato. Da subito sconcertato, Steve rimase li per qualche secondo, gli occhi sgranati e lo sguardo fisso sul vuoto. Lentamente, avvolse le braccia attorno al corpo del meccanico, e fu come se, nel sentirlo ancora una volta stretto a se, gli venne un tuffo al cuore. Finalmente, Tony poteva sentire ancora il corpo del capitano stretto al suo, sentirne il calore, toccarne la pelle morbida. Era quanto di più avesse mai desiderato, riaverlo li, stretto a se, a proteggerlo da tutti i mali del mondo. E di nuovo, sentì quella sensazione di sicurezza infondersi nel suo corpo, consapevole che qualunque fosse stata la minaccia, adesso aveva di nuovo Steve con sé. Sentiva di nuovo il profumo della sua pelle morbida, la lunga barba pungergli leggermente le guance, le braccia muscolose strette attorno al suo corpo. Tutto questo gli era mancato tremendamente, e fu come se l'eco di emozioni ormai dimenticate fosse tornato vivido nel suo cuore e nella sua mente, riportandolo a sensazioni a lungo assopite, e che ormai, ne era convinto, non fosse più in grado di provare. Steve, dal suo canto, aveva bramato per due interi anni quel corpo. Non era mai riuscito a dimenticarlo, no. Le parole di T'Challa e di quel vecchio continuavano a tormentare la sua mente, come spettri in una casa infestata. Il ricordo di Tony tornava sempre alla sua memoria, e più vi pensava, più si domandava se avesse fatto la scelta giusta. Se mai quello strazio avrebbe avuto una fine. Ma ormai era tardi, non poteva cambiare il passato, doveva convivere con ciò che aveva fatto, e sperare di andare avanti nel migliore dei modi. Ma adesso, tutto quello non aveva più importanza. Aveva di nuovo Tony nella sua vita, un miracolo che sembrava impossibile. Mille domande invasero la sua testa, mentre stringeva sempre più a sé il corpo del meccanico. Gli era mancato davvero così tanto? Davvero lo avvero perdonato? Meritava ancora il suo amore? Non lo sapeva, ma adesso, comunque, non gli importava. Il corpo di Tony era esattamente come se lo ricordava, così esile in confronto al suo, ma muscoloso e ben definito. Steve passava le dita della mano tra i capelli di Tony, morbidi e ben pettinati, come sempre del resto, e la barba, vide con la coda dell'occhio, era, come al solito, corta e ben curata. Il capitano poteva percepire il battito del cuore del meccanico accelerare leggermente, il reattore ARC premere contro il suo petto, sentiva la cassa toracica espandersi e contrarsi ad ogni suo respiro, e le sue braccia che si stringevano sempre di più attorno a se. Gli diede un leggero bacio sulla testa, odorando il profumo dei suoi capelli, che tanto gli era mancato. In quel minuscolo momento, in quel fugace secondo, era come se quegli anni di lontananza fossero stati cancellati, e i loro corpi, ancora una volta, si erano ritrovati in un abbraccio che sarebbe potuto durare in eterno. Non gli importava più di altro, Bucky, lo S.H.I.E.L.D., erano solo un lontano ricordo. Loro erano li, erano vivi, ma sopratutto, erano di nuovo insieme. Il mondo attorno a loro cessò di esistere, gli uccelli smisero di cinguettare. Non esisteva più niente, nessuno, solo loro due, solo quell'abbraccio. Poi, lentamente, come se non si volessero staccare, Tony alzò leggermente la testa dalla sua spalla, e guardò i suoi occhi. Si, erano esattamente come se li ricordava, bellissimi e sconfinati come lo erano due anni fa. E mentre li fissava, un leggero brivido corse giù, lungo la sua schiena, mentre si perdeva in quelle acque perfette. Allo stesso tempo, Steve guardava nei suoi occhi color nocciola. Cercava con esasperazione, in ogni sguardo che aveva incrociato in quei due anni, quelle sue stesse fiamme, ma non le aveva mai trovate. No, perché quelle fiamme appartenevano a Tony. Erano sue, e di nessun altro. E mentre le guardava, come se le stesse osservando per la prima volta, ebbe come la sensazione di poterne sentire il calore, e di poterle toccare con la punta delle dita. Le sentiva brucargli la pelle, e gli piaceva. Si, era qualcosa di straordinario, quasi masochista. Avrebbe dato la vita pur di vedere la sua anima bruciare tra quelle fiamme peccaminose, pur di sentire quel fuoco sulla sua pelle. Ci si sarebbe buttato dentro senza pensarci troppo, perché lo amava alla follia. Quella sensazione di calore, quel sentimento di piacere gli era mancato tremendamente. Si, era arrivato al limite, non poteva più vivere senza. È ancora, si strinsero forti l'uno all'altro, in quel loro abbraccio.
«Mi sei mancato Tony» gli disse Steve sussurrandogli nell'orecchio.
«Anche tu mi sei mancato Steve - gli rispose Tony abbracciandolo forte e affondando il suo volto tra la spalla e il collo del capitano - non sai quanto».
Il meccanico si scostò leggermente e lo guardò sorridendo, mentre si asciugava una lacrima. Dietro di lui, fecero la loro comparsa anche Clint e Natasha. L'arciere guardò il capitano con un grande sorriso luminoso, mentre si avvicinava a lui con passo deciso e le braccia aperte, accogliendolo in un abbraccio. Al contrario, però, Natasha rimase in disparte, imbarazzata da quelli che erano stati i loro trascorsi, e da ciò che il capitano non sapeva, e con tutta probabilità, non avrebbe mai saputo. Steve la guardò incuriosito. Ciò che era successo apparteneva, ormai, al passato, non aveva più motivo per rimuginarci sopra. Clint si scostò, Steve si avvicinò alla donna con passo lento, sotto l'occhio vigile di Tony. Il meccanico era teso, non riusciva a prevedere quale potesse essere la reazione di Steve alla vista della donna, ma contro ogni aspettativa, fu qualcosa di semplicemente straordinario. Il capitano si fermò davanti a lei, la guardò per un breve secondo con sguardo accusatorio, per poi rivolgerle un dolce sorriso appena accennato e porgerle la mano «Senza rancore Nat» disse.
Natasha lo guardò negli occhi, per poi spostare lo sguardo sulla mano del capitano, che esitò nell'afferrarla. Per una frazione di secondo guardò Tony negli occhi, e in quel fugace momento, labile come un ricordo, il meccanico la implorò, con il solo sguardo, di non rivelare nulla al capitano di quella loro notte. Doveva essere un segreto che si sarebbero portati entrambi nella tomba, costi quel che costi. Il suo sguardo, in fine, tornò sulla mano del capitano, che afferrò saldamente.
«Senza rancore Steve» concluse guardandolo negli occhi e ricambiando quel timido sorriso.
Improvvisamente, una voce interruppe quel momento.
«Salve capitano, grande fan. Io sono...» provò a dire il ragazzo, ma venne interrotto.
«Peter» disse Steve afferrando la mano tesa del ragazzo.
Tony lo guardò confuso «Lo conosci?» chiese guardando il capitano.
«Ah, non proprio» rispose Steve imbarazzato.
«E allora come?...» chiese confuso il meccanico senza finire la frase.
Steve sospirò «È una lunga storia Tony, e questo non è il luogo dove raccontarla. Venite con me» disse Steve facendogli cenno di seguirlo.

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