I giorni passarono veloci uno dietro l'altro, e Tony, rinchiuso nel laboratorio del quartier generale degli Avengers, stava lavorando senza sosta ad un guanto simile a quello di Thanos, in grado di imbrigliare il potere delle gemme e realizzare, così, il loro piano.
«Il concetto è molto semplice - disse a Banner - la tecnologia del guanto deve essere in grado di contenere il potere delle gemme. Voglio dire, se c'è riuscito un nano su una stella nello spazio, non vedo perché non dovremmo riuscirci noi.»
Bruce annuì «C'è solo un problema, però.» disse.
Tony si voltò «Quale?»
«Abbiamo visto che effetto ha avuto l'uso del guanto su Thanos.»
«Quindi - continuò Tony - dobbiamo trovare un qualcuno che possa resistere alla quantità di energia sprigionata da tutte e sei le gemme allo stesso tempo.»
«Esatto!» disse Banner additandolo brevemente con la penna che teneva in mano.
Tony si sedette sullo sgabello, si piegò sul tavolo appoggiando i gomiti sul ripiano e si strinse il mento tra le mani, guardando dritto davanti a se con aria pensierosa. «Credi che il tuo amico verde?...»
«No - rispose subito Banner - io e lui abbiamo ancora molti problemi da risolvere. E poi lo conosci, sai che non accetterebbe mai una cosa del genere.»
Tony si voltò verso di lui «Lo so, ma è la nostra unica possibilità. Non esiste nessun altro con la stessa forza di Thanos, e Hulk è l'unico tra tutti noi che ci si avvicina.»
Banner sospirò «Tony... che cosa ti aspetti che faccia?» chiese alzando leggermente le spalle.
«Che ci parli.» rispose il meccanico girando leggermente la testa.
Banner lo guardò esterrefatto e confuso. Tony si alzò, si avvicinò a lui, lo prese per le spalle e lo guardò dritto negli occhi «So che ti chiedo molto. Ma questa è la nostra unica possibilità. Dobbiamo farlo. Per Nat.»
Bruce deglutì, abbassò lo sguardo e accennò un lieve si con la testa. «D'accordo - disse incerto - lo farò. Gli parlerò.»
Tony sorrise, e una piccola luce si accese nei suoi occhi. Banner alzò lo sguardo e la vide "Wow" pensò "Non li avevo mai visti brillare così".Passarono le ore, Banner era sparito, dicendo a tutti che doveva fare una cosa molto urgente, e che non voleva essere disturbato. Allo stesso modo, Tony continuò a lavorare a quel guanto, non poteva fermarsi proprio ora. Steve era rimasto a casa a badare alla piccola Morgan. «Papà tornerà presto.» gli ripeteva tutte le volte che la bambina chiedeva che fine avesse fatto Tony. Di tanto in tanto, però, la portava fino al quartier generale a trovarlo. Quelli erano i momenti più belli per la piccola Morgan: un lungo viaggio in macchina attraverso la città, il quartier generale immenso, il laboratorio dove lavorava il suo papà. Tutto, in quei momenti, assumeva un'aria di magia e avventura. Ma Steve sapeva che non poteva continuare a portarla li. Era un posto pericoloso, e chissà, da un momento all'altro sarebbe potuto succedere una catastrofe. E se solo fosse successo qualcosa a Morgan, beh non se lo sarebbe mai perdonato.
«Happy?» lo chiamò il capitano al telefono.
«Rogers! Dimmi.»
«Io devo andare al quartier generale. Puoi venire a tenere Morgan?»
«Ma io voglio venire con te!» ribatté la bambina.
«Per favore...» continuò il capitano senza dargli retta.
«Certo. Sto arrivando.»
Steve chiuse il telefono, si voltò e la vide: Morgan era arrabbiata, il volto rosso e imbronciato.
«Morgan...»
«Voglio venire con te!» urlò la bambina.
Il capitano si inginocchiò «Lo so pulce. So che Tony ti manca, ma questa volta devo andare da solo.»
«No!» disse sbattendo i piedi a terra.
«Morgan, cerca di capire.»
La bambina cominciò a piangere «Voglio il mio papà! Voglio i miei papà!»
Steve inclinò la testa leggermente di lato intenerito dalla scena, e allungò le mani verso si lei, allargando le braccia «Vieni qui.» disse con voce bassa e calda.
La bambina si avvicinò a lui e si lasciò avvolgere in un caldo abbraccio.
«Lo so che ti manca. Manca molto anche a me. Ma vedi, il tuo papà sta lavorando a qualcosa di molto importante, e non si può fermare.»
La bambina si staccò leggermente da lui, si tolse una ciocca di capelli che le era caduta davanti agli occhi e tirò su con il naso «Che cosa sta facendo...?» chiese tra le lacrime.
Steve la guardò negli occhi «Sta cercando un modo per farti conoscere Peter.»
«Davvero?»
Steve annuì sorridendo. Sapeva che era difficile per la bambina stare senza suo padre per tutto quel tempo, ma sperava che, una volta rivelata la verità, avesse capito che tutto quello che stava accadendo era per un fine superiore.
«Okay... - mugugnò la bambina - ma poi tornate a casa vero?»
Steve sorrise «Si Morgan. Dopo torniamo a casa.»
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Fire on Fire
FanfictionDAL CAPITOLO 5: «Io ti ho odiato Steve - riprese Tony - non ho mai odiato nessuno nel modo in cui ho odiato te. E Dio! Vorrei poterti odiare ancora, ma non posso... Non ci riesco». È il 1991, sono appena iniziate le vacanze di Natale, e gli studenti...