Le strade erano deserte, riempite solo dal rumore della pioggia che ora stava cessando. Tony guardava il capitano, o meglio Steve, camminare poco più avanti a lui.
Sotto la luce dei lampioni, riusciva a scorgere il profilo del suo volto, e diventò rosso per l'imbarazzo nel ripensare a quel loro piccolo momento, che sembrava essere durato un eternità. Ripensò a come, in quell'attimo, tutto attorno a lui divenne nero, e solo il volto del capitano, che man mano si faceva sempre più vicino, risplendeva in quella oscurità.
Con la coda dell'occhio, Steve guardò per un breve istante Tony. Vide che lo stava osservando, imbambolato, con la bocca leggermente aperta. Arrossì nel distogliere lo sguardo, ma subito si fermò quando lo sentì starnutire di nuovo. Si girò per controllare che stesse bene e, improvvisamente, un vento gelido soffiò, muovendo violento le chiome degli alberi. Tony ebbe un brivido che gli fece scuotere le spalle.
«Dobbiamo muoverci, prima che ti ammali sul serio» gli disse Steve, guardandolo negli occhi. In quel momento, il capitano venne rapito da quell'immagine così innocente di quel piccolo ragazzo, di cui adesso sapeva il nome, tremare e incrociare le braccia cercando di riscaldarsi un po'. Sorrise dolcemente guardandolo con occhi carichi d'amore, ma subito tornò alla realtà, sentendo il rumore dei denti di Tony battere. Steve gli prese il polso e lo trascinò con se, accelerando il passo. Attraverso quel contatto, riusciva a sentire l'intero corpo di Tony tremare. Camminava, scrutando ogni singolo negozio ma, improvvisamente, si ricordò che alla fine della strada, vi era un bar che di solito non era particolarmente affollato.
Arrivati davanti alla porta, Tony si fermò. Steve si girò e lo guardò, vide il profilo di quel ragazzo illuminato dalla luce artificiale che attraversava le vetrate del bar. Vedeva le gocce di pioggia cadere dalle ciocche bagnate e scivolare giù, lungo i profili del suo volto. Tony era infreddolito, sentiva la pioggerella fine cadere e appoggiarsi delicata sui suoi zigomi. Aveva la labbra blu e non smetteva di tremare. Guardava l'interno del bar attraverso le vetrate. Al contrario di quello da cui erano appena usciti, questo era pulito e ben illuminato. La luce calda si irradiava attraverso i vetri, illuminando anche il marciapiede. Tony sentì il profumo di caffè, e subito gli venne in mente il ricordo di casa. Si, difficile a dirsi ma sentiva la mancanza di quel posto, e soprattutto, sentiva la mancanza di Jarvis. Di sicuro lui, in quel momento, gli sarebbe stato di grande aiuto, portandolo a capire cosa diavolo stesse succedendo dentro quella sua mente così contorta.
Un altro soffio gelido arrivò senza preavviso, facendo tremare il povero ragazzo.
Steve sentì il corpo di Tony scuotersi sempre più forte. Si rese conto che era solo questione di tempo prima che gli salisse la febbre o chissà, forse qualcosa di peggio. Maledì se stesso per non avere con se la sua giacca di pelle, che gli avrebbe volentieri offerto per riscaldare quel corpo, che adesso gli sembrava essere così fragile.
Steve lo tirò di nuovo per il polso, facendolo entrare in quel bar. Di corsa si diressero verso il tavolo più vicino al camino. Il capitano lo fece sedere sul divanetto proprio accanto a questo. Tony era in preda ai tremolii, di sicuro prima di partire, non aveva minimamente pensato che potesse succedere una cosa del genere. Per un breve istante, vide Steve allontanarsi e avvicinarsi alla barista, per chiedergli un qualche cosa che non riuscì a sentire. Con altrettanta fretta, si precipitò nuovamente da lui, gli si sedette di fianco e gli mise le braccia attorno. Cominciò a muovere le mani su e giù lungo i suoi arti, sfregando il tessuto della sua camicia nel tentativo di scaldarlo un po'.
Tony chiuse gli occhi, e si abbandonò completamente tra le sue braccia. Con un lieve sorrisetto, rilassò tutti i muscoli da prima tesi e si accoccolò sul suo petto, appoggiandovi la schiena. Sentiva le possenti braccia del capitano attorno a lui, così calde e rassicuranti, e per un momento provò quella stessa sensazione di sicurezza che solo Jarvis riusciva a fargli sentire, e per lui fu come se in quell'istante, fosse tornato a casa. Il calore del camino riscaldava i loro corpi bagnati, Tony percepiva ogni vampata di ogni fiamma sul suo volto. La voce del capitano che gli sussurrava dolcemente nell'orecchio per tranquillizzarlo, per dirgli che era tutto a posto, che adesso c'era lui a proteggerlo, era il placebo che gli serviva per cadere finalmente in estasi. Aprì leggermente gli occhi, guardò le fiamme del camino bruciare indomabili sotto il suo sguardo. Mai si era sentito così bene. Mai avrebbe pensato di poter vivere un tale momento di serenità. Non distolsero nemmeno per un secondo lo sguardo dalle fiamme del camino, nemmeno si staccarono l'uno dall'altro. Rimasero così, abbandonati in quel loro momento, così intimo da sembrare irreale. Tony appoggiò la testa sotto il mento di Steve, percepiva il battito del suo cuore, e questo lo rilassava. Il capitano appoggiò il mento sulla sua testa, sentiva l'odore dei suoi capelli bagnati e quel profumo distinto di pioggia sulla sua pelle, mentre fissava il fuoco risplendere di vita e illuminare di calda luce, quel piccolo angolo buio del bar. Continuava a sussurrare parole dolci, voleva tranquillizzare Tony, che stretto tra le sue braccia ormai aveva già smesso di tremare. Ma presto, Steve si rese conto che quelle parole erano più per se stesso che per lui. Aveva avuto paura che potesse ammalarsi, magari di qualcosa di serio, certo era un pensiero irrazionale, alla fine si trattava solo di pioggia, ma per qualche strana ragione, la sola idea che quel ragazzo potesse ammalarsi, lo angosciava tremendamente. Tony tirò su con il naso, chiuse gli occhi accoccolandosi ancora di più tra le braccia di Steve e, lentamente, si lasciò cullare dalla musica del suo cuore, facendosi prendere dal sonno di Morfeo, assaporando ogni secondo che gli rimaneva prima di addormentarsi. Steve scostò la testa e lo guardò dolcemente "Si è addormentato" pensò, mentre osservava il profilo di Tony illuminato dalla calda luce del fuoco. Il capitano lo guardò attentamente, rapito da quell'angelica immagine, così innocente e pura. I capelli, da prima bagnati, adesso si stavano asciugando, assumendo un acconciatura ribelle. Sul viso, adesso, non vi era quasi più traccia di alcuna goccia di pioggia. Steve osservò le sue ciglia, nere e perfette, poi guardò le sue labbra, così carnose e morbide. Avrebbe dato la vita per poterle toccare, e in quel momento maledì quella donna che poco prima li aveva interrotti. Ma subito, i suoi pensieri vennero spazzati via da quella strana sensazione che ciò che stava provando, in qualche maniera, fosse sbagliato.
"Steve, che cosa stai pensando? Tu non puoi... Lui... È sbagliato... È contro natura..." Ma per quanto quell'odiosa sensazione che aveva in corpo potesse dirgli che ciò che provava era sbagliato, il capitano non poté non staccare gli occhi da quelle labbra che tanto bramava.
Steve osservò il fuoco, perso nei suoi pensieri "Perché dovrebbe essere contro natura..." .
La cameriera arrivò con una piccola teiera in porcellana bianca «Il suo tè, signore» gli disse, posizionandola sul tavolo.
Steve la guardò e gli sorrise, mimando un grazie con la bocca.
Tony era ancora addormentato, sfinito dalla faticosa giornata che tutt'altro era stata tranne che tranquilla. Mugugnò qualcosa nel sonno, mentre si girò per sistemarsi meglio. Adesso dava le spalle al fuoco, il suo corpo era completamente girato, rivolto verso quello del capitano. La sua testa era appoggiata sulla sua spalla e con il naso gli stava sfiorando il collo. Portò una mano sul suo petto e afferrò un lembo della maglietta. Steve poteva sentire il calore di quella mano stretta su di lui, il suo respiro caldo sulla sua pelle, e per quel momento cadde in estasi, immaginando scenari che mai avrebbe anche solo lontanamente sognato. Tony mugugnò qualcos'altro di incomprensibile, ma Steve non ci fece caso, perso nei suoi pensieri. I loro corpi si toccavano, i loro cuori battevano all'unisono. Erano vicini, quasi si sarebbero potuti toccare se non fosse stato per quelle loro prigioni di carne ed ossa. Steve chiuse gli occhi, imbevendosi di quel caldo respiro che sentiva sul collo, poi lentamente li riaprì, e guardò ancora il fuoco. Improvvisamente quell'estasi, quella dolce sensazione che provava scomparve, lasciando il posto a mille domande che lo tormentavano. Guardava le fiamme divampare, e si chiese perché quel giovane ragazzo gli scaturiva tutto questo. Perché averlo così stretto a se, sentire il suo respiro e i battiti del suo cuore, gli provocasse così tanto piacere. Sospirò silenziosamente e cadde preda di quel fuoco, così ardente e puro, e per quell'istante vide in quelle fiamme, le stesse che scorse negli occhi di Tony. Vi vide la loro purezza, il loro ardore, la loro violenza. Ma anche la loro dolcezza, e quello splendido calore che emanavano. Steve strinse più forte le braccia attorno a Tony e cominciò ad accarezzargli la schiena dolcemente. Sentiva tutto il calore del fuoco sulla camicia del ragazzo che ora era asciutta. Il capitano non aveva intenzione di svegliarlo, non voleva disturbare il suo sonno così faticosamente meritato.
Stretto tra le sue braccia, Tony si svegliò aprendo lentamente gli occhi. Sentì il calore del fuoco sulla sua schiena, e confuso ed ancora assonnato, guardò dritto davanti a se. Vide che ciò su cui era appoggiato non era più il divanetto, ma era il corpo di Steve. Sentiva il suo petto muoversi a ritmo dei suoi respiri, e i battiti del suo cuore che parvero musica alle sue orecchie. Tony guardò la propria mano appoggiata su di lui, mentre stringeva forte un lembo della sua maglietta già attillata. Era confuso, e si chiese cosa fosse successo. Alzò lo sguardo e vide la forma squadrata della mandibola del capitano, scontornata perfettamente dai piccoli bagliori del fuoco. Tony capì che Steve non si era accorto che fosse sveglio, così decise di rimanere per qualche altro secondo li, stretto tra le sue braccia. Chiuse gli occhi, sentiva la mano del capitano muoversi, dolcemente e delicata, sulla sua schiena. Sorrise, mentre si accoccolava ancora di più in quelle presa. Si strinse a lui, e in quel momento si sentiva protetto, al sicuro da un mondo che sembrava fatto apposta per tormentarlo. Tutti gli anni di abusi che aveva subito, l'odio che aveva provato per tutta la vita verso il capitano, in quel momento scomparvero, e al suo posto vi subentrò quel nuovo sentimento che ancora non sapeva come definire.
Steve spostò lo sguardo su Tony, sentiva che si era stretto di più al suo corpo. Stringeva forte il lembo della maglietta che aveva afferrato e vide quel piccolo sorriso sul suo volto. Pensò che stesse sognando qualcosa di piacevole, ma subito si ricredette quando lo sentì starnutire e lo vide aprire gli occhi. Tony si scostò lentamente dal corpo del capitano, facendo perno sulla mano che stringeva la maglietta. Teneva quel braccio teso, rigido, e si guardarono negli occhi. Tony arrossì leggermente, Steve invece rimase, come tutte le volte, ipnotizzato da quegli occhi nocciola. Era una cosa più forte di lui, una stupenda sensazione paradisiaca che lo mandava più che in estasi. Tony spostò la testa di lato, guardando il camino con la coda dell'occhio, e nel farlo, Steve scorse le fiamme riflesse nei suoi occhi. Quelle fiamme li facevano sembrare ancora più violenti e passionali. Si rese conto che, in così poco tempo, era caduto vittima di qualcosa di ben più grande di semplice compassione, o dell'affascinante mistero che rappresentava quel ragazzo, no. Era qualcosa di molto più grande, bello, e tremendamente piacevole.
«Tony...» disse dolcemente Steve.
Tony girò di scatto la testa verso di lui, e lo guardò con fare interrogatorio. Steve vide che era bianco, forse aveva la febbre.
«Tony stai bene?» gli chiese il capitano. Il ragazzo percepì la preoccupazione nella sua voce, e con il suo carismatico charme, cercò di sminuire la cosa.
«Si non ti preoccupare, è solo un raffreddore».
Tirò su con il naso e guardò la piccola teiera bianca sul tavolo.
«Ti... Ho fatto fare un tè, ma ti eri addormentato e non volevo svegliarti. Stavi dormendo così bene».
Tony lo guardò e gli sorrise, rilassando il braccio ancora teso. Si girò per versarsi una tazza di tè, sentì che la teiera era ancora calda, probabilmente dovevano averla portata da poco. Prese in mano una delle tazze che vi erano accanto e nel farlo, sobbalzò leggermente sentendo che Steve gli aveva messo le mani attorno alla vita. Versò il tè e lo porse al capitano che, sbalordito, accettò volentieri, togliendogli le mani da dove le aveva messe. Poi prese la secondo tazza e se ne versò per sé. La portò vicino alla bocca, sentiva il calore del tè irradiarsi sul suo viso, entrando nelle narici. Ne bevve un sorso. Il tè scendeva caldo lungo la gola, sentiva distintamente l'aroma del limone che vi avevano tagliato dentro, e forse, vi era anche della menta. Mise giù la tazza e si guardò intorno. Il bar era praticamente deserto e il tavolo a cui erano seduti, era nascosto agli occhi dei pochi presenti. In questo, Tony vi trovò conforto, almeno nessuno lo aveva visto dormire, stretto tra le braccia del capitano.
Steve guardava Tony che, concentrato, non gli stava dando minimamente attenzione. Era indeciso, insicuro se parlare con lui, e chiedergli il motivo di ciò che era successo prima alla fabbrica.
Tony mise giù la tazza e guardandola, sospirò. Voleva scusarsi con lui per ciò che aveva fatto, voleva dargli una spiegazione che non sembrasse il delirio di un folle, ma come poteva spiegargli che veniva dal futuro? Come poteva dirgli che tutto l'odio che provava, e di cui adesso non era più così sicuro, era scaturito da suo padre e da ciò che in futuro, Steve sarebbe diventato?
Strinse forte tra le mani la tazza che aveva appoggiato sul tavolo, e raccolse tutto il coraggio che aveva dentro di se "Vada come vada, devo dargli una spiegazione" pensò.
«Cap... Steve» lo chiamò Tony senza distogliere lo sguardo dalla tazza che teneva stretta.
Steve lo guardò incuriosito, percepì una strana sensazione nel sentire il suo nome pronunciato da quella voce, come se in qualche maniera Tony fosse a disagio.
«Io... Volevo chiederti scusa... Per quello che è successo prima» Tony tirò su con il naso nervosamente, quel maledetto tic che lo accompagnava dalla nascita si rifaceva ancora presente. Era teso, i muscoli della mandibola erano contratti e non trovava le parole per dirgli ciò che voleva.
«Tony...»
«No Steve! Lasciami parlare, per favore... - in quel momento, Tony si girò, e lo guardò negli occhi. Steve vi scorse un cenno di determinazione, e lo lasciò continuare - Io... ho sbagliato. Sono venuto fino a qui con l'intenzione di vendicarmi, ma... Mi rendo conto solo adesso di aver sbagliato. Ma ero così arrabbiato, furioso con te, con mio padre, che non ho visto alternative! E ora mi rendo conto che il problema non sei mai stato tu... Ma Howard».
"Howard?..." Pensò il capitano "Che strano....".
Tony distolse lo sguardo, le lacrime cominciavano a farsi spazio nei suoi occhi. Si detestava. Odiava tutto quello che aveva fatto, tutto l'odio ingiustificato che aveva provato per anni verso di lui.
Steve lo guardava, scorse quelle lacrime che cercavano di scendere dai suoi occhi, ma che riusciva comunque a trattenere con magistrale controllo. Sentì Tony tirare di nuovo su con il naso nervosamente, e trovò quel tic adorabile. Poi si concentrò nuovamente sul suo viso. La sua espressione non lasciava spazio all'immaginazione, era profondamente triste, dispiaciuto. La vergogna di ciò che avrebbe potuto fare era percepibile per Steve, e non poté fare a meno che provare compassione per lui.
«Tony...» venne interrotto.
«Ti avrei ucciso! Ero venuto fino a qui per ucciderti, e non so come ho fatto a pensare che questa potesse essere una cosa giusta da fare e...».
«Tony! - Steve lo interruppe, gli prese le spalle e lo fece voltare. Adesso si stavano guardando - Non hai niente di cui scusarti. Non voglio che ti scusi».
«Se non fosse stato per quella donna, io...»
«Va bene così Tony, non hai nulla di cui preoccuparti. Sono qui, e sto bene. Vedi? Non mi hai fatto nulla».
«Avrei potuto» gli rispose Tony alzando gli occhi e guardandolo con uno sguardo freddo.
«Ma non lo hai fatto».
Tony abbassò lo sguardo, la vergogna era troppa per lui. Come aveva anche solo potuto permettere che gli sfiorasse un'idea del genere? Come aveva fatto a pensare che, uccidere Captain America avrebbe, in qualche modo, risolto tutti i problemi con suo padre? Ma Steve aveva ragione, non lo aveva fatto, e non era solo per l'intervento repentino di quella donna, no, era stato grazie qualcos'altro. Era stato l'incanto dei suoi occhi a fermarlo, e a far nascere in lui quei nuovi sentimenti profondi e stupendi, che gli impedirono di compiere quel gesto così agghiacciante. Senza volerlo, era annegato in quello sguardo, e gli stava bene così.
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Fire on Fire
Hayran KurguDAL CAPITOLO 5: «Io ti ho odiato Steve - riprese Tony - non ho mai odiato nessuno nel modo in cui ho odiato te. E Dio! Vorrei poterti odiare ancora, ma non posso... Non ci riesco». È il 1991, sono appena iniziate le vacanze di Natale, e gli studenti...