23 - Risveglio

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Il capitano lo guardò confuso «Che cosa?» disse con appena un filo di voce.
No non poteva essere vero, non doveva essere vero. Tony non poteva averlo dimenticato, non lui. Lentamente negli occhi di Steve si fecero spazio le lacrime, mentre un'espressione disperata e sconvolta comparve sul suo viso. Tony lo guardò, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Steve rimase spiazzato da quella reazione, che cosa stava succedendo?
«Dai Steve, sto scherzando! Dovresti vedere la tua faccia!».
Il capitano aggrottò le sopracciglia «Non è divertente Tony!».
Il meccanico smise di ridere, si alzò mettendosi seduto e si voltò verso il capitano, mascherando il dolore che stava provando come meglio poteva. Prese il suo volto tra le mani e lo guardò, i suoi occhi nocciola fissi in quelli del capitano, azzurri come il cielo d'estate «Pensi davvero che mi possa dimenticare di te?» disse sussurrandolo appena, mentre le loro labbra si facevano sempre più vicine.
«Ti odio Tony».
«Un pò me lo merito».
E in quel momento, in quel bacio, il cuore di entrambi riconquistò quella pace che aveva perso. Steve appoggiò la mano su quella del meccanico e la strinse forte, non riusciva ancora a credere che Tony fosse sveglio, che fosse tornato da lui. Allo stesso modo, il meccanico si sentiva sollevato. Adesso ne era certo, era tornato a casa. Tutto attorno a lui era reale, vivo, e Steve... Lui era veramente li. Si, non avrebbe potuto chiedere di più, e anche se quella sensazione, comunque, non era ancora sparita, e anche se il suo cuore era ancora avvolto da quel sentimento di pericolo, ora non gli importava. No, adesso contava solo Steve, solo quel momento che avrebbe voluto durasse in eterno. Ma come sempre, tutte le cose belle prima o poi finiscono, e come quelle, anche quel bacio. Steve e Tony rimasero li, a fissarsi negli occhi per qualche istante. Tutti quei non detti, quei taciuti segreti ora si stavano dissolvendo, diventando ricordi lontani di una vita appena passata. Steve aveva tante domande e tante cose da dire al meccanico, così come le aveva Tony, ma nessuno disse niente, nessuno osò rompere quel magico silenzio che valeva l'attesa di quel momento. Lentamente, Tony portò la testa del capitano vicino alla sua, fronte contro fronte. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, come a riempirsi i polmoni del suo inebriante odore. Steve gli portò la mano sul viso e gli accarezzò la guancia con il pollice, mentre la sua mente veniva a patti con la realtà.
«Pensavo di non rivederti mai più - disse il capitano con un filo di voce - io...».
«Lo so Steve» rispose il meccanico, la tristezza che prendeva piede nella sua voce.
Steve alzò lo sguardo, incontrando gli occhi tristi di Tony «Me lo avevi promesso...» disse con voce tremante.
Tony si staccò, si raddrizzò e guardò in basso «Perdonami...».
Ora, tutta la gioia di quel momento era svanita, lasciando il posto ad amari rancori e risentimenti nascosti. Tony aveva rotto quella promessa, quell'unica cosa che teneva Steve aggrappato alla vita. E in cuor suo sentiva come se quest'ultimo non si sarebbe mai più fidato di lui. Allo stesso modo, Steve temeva che quello, in qualche modo, non era ancora riuscito a spaventare Tony, ad infondergli il terrore della morte. Ma se solo il capitano avesse saputo, se solo Tony gli avesse detto ciò che era successo in quel mondo così distopico ed etereo, allora avrebbe cambiato sicuramente idea. Ma no, quello era l'ennesimo fardello del meccanico, un segreto che non poteva condividere, per lo meno non adesso. E improvvisamente, tutte quelle preoccupazioni, quei non detti, divennero futili e taciuti pensieri nell'istante in cui la porta della stanza d'ospedale si aprì. Tony e Steve si girarono di scatto, sulla soglia vi era Natasha, gli occhi lucidi e rossi, e un sorriso che sapeva di dolce e amaro.
«Tony» disse lei in un sospiro.
Il meccanico accolse la sua espressione, a metà tra la gioia e il dolore, con il sorriso più genuino che riuscì a fare. Con passo svelto, la Vedova si precipitò sul meccanico, abbracciandolo con delicatezza. Tony sussultò leggermente sul posto, il corpo gli faceva male, e molte delle ferite che aveva non erano ancora guarite. Natasha si alzò, e per un breve istante si guardarono negli occhi. Ancora, quei loro segreti, quei loro ricordi scaturiti da quei sguardi fugaci, smossero qualcosa nello stomaco del meccanico, che volle attribuire ad un mal di stomaco improvviso. Entrami erano andati avanti, o almeno questo era quello che continuava a raccontarsi Tony. Lui di certo lo era, ma poteva dire lo stesso della donna? Quella, con tutta probabilità, era la bugia che continuava a raccontarsi per stare meglio, e avere il coraggio, in qualche modo, di guardare il capitano negli occhi e non provare rimorso. E per un breve istante, il pensiero che Steve sapesse tutto gli sfiorò la testa, ma sparì improvvisamente quando, ancora una figura si palesò davanti alla porta di quella stanza.
Gli occhi di Tony si fecero seri, preoccupati e inteneriti nel vedere Peter sulla soglia di quella camera, la testa bassa ed incassata tra le spalle. Guardava in basso, come a nascondere la sua espressione, anche se in qualche modo, Tony notò i suoi occhi rossi di lacrime. Lo aveva ferito, aveva fatto quell'unica cosa che si era sempre ripromesso di non fare. Aveva promesso di proteggerlo da tutti i mali del mondo, che avrebbe dato la sua stessa vita per quella del ragazzo. Ma ora... Ora in qualche modo era lui stesso la causa di quel dolore, e si convinse di essere il male da cui avrebbe dovuto proteggere il ragazzo.
«Pete...» disse il meccanico in quello che era poco più di un sussurro.
Il ragazzo alzò la testa di scatto, rivelando i suoi occhi rossi e lucidi. Ormai non aveva più lacrime da piangere, no. Ma questo, comunque, non gli impedì di gettarsi sul corpo del meccanico, e abbracciarlo con quanta più forza aveva in corpo. Tony accolse il ragazzo, cercando di sopportare il dolore delle sue ferite. Ma quel dolore era niente in confronto a quello di Peter. Il ragazzo aveva avuto paura. Una paura viscerale, profonda. Il terrore di aver perso non solo il suo mentore, ma la sua figura paterna. Non poteva perdere anche lui, non poteva. In quel momento, Peter era un misto di emozioni, era triste e rallegrato, disperato e gioioso. Era felice di sapere che Tony fosse vivo e che si fosse svegliato, ma allo stesso modo era furioso con lui. Si, lo aveva abbandonato, lasciato da solo ancora una volta, e questo non glielo avrebbe mai perdonato. Forse, quello era quel genere di rancore che sarebbe sparito con il tempo, insieme al ricordo che ne scaturiva la ragione, o forse, lo avrebbe taciuti per sempre, rimembrando quella sensazione ogni volta che avrebbe posato gli occhi sul meccanico. Peter non lo sapeva, non aveva la risposta a questa domanda, solo il destino lo poteva dire. Ma ora, tutto quello che voleva il ragazzo era stringere forte il padre, e non lasciarlo mai più, a costo della fine del mondo.

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