4 - Ragazzi perduti

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Il clacson di una macchina sopraggiunse alle orecchie dei passanti, mentre le urla dell'uomo alla guida maledicevano, senza sosta, il povero ragazzo che aveva appena rischiato di investire.
Quel giovane non si fermò a chiedere scusa, né tanto meno a controbattere alle odiose angherie che stava dicendo l'uomo al volante, ma continuò a correre imperterrito senza meta, mentre la sua mente confusa continuava ad affollarsi di immagini e pensieri che non gli appartenevano.
In quella fuga esasperata, Tony scorse l'entrata di una piccola stradina laterale e decise di gettarvisi dentro. Nel fare la curva, scivolò in avanti con i piedi, istintivamente si girò e mise le mani a terra per attutire la caduta, poi con altrettanta velocità mosse i piedi sull'asfalto cercando di rialzarsi, ma continuò a scivolare. Sentì un dolore lancinante alla mano che si era ferito con il piatto. Quando riuscì a rialzarsi, corse disperato verso quella stradina che pareva essere la sua salvezza.
Con il cuore ancora in gola, Tony finalmente si fermò. Si incurvo in avanti, appoggiò una mano sul muro freddo del palazzo, mentre l'altra era appoggiata sulla gamba a sostenere tutto il peso. Il volto era ricoperto di sudore, le braccia e le gambe gli tremavano senza sosta, incontrollabili, il cuore pompava il sangue all'impazzata per tutto il corpo e lo sentiva pulsare perfino nelle tempie. Il fiatone non gli dava tregua, non riusciva a respirare.
Serrò gli occhi, ansava senza sosta. Li riaprì, girò appena la testa e scorse un gradino, ci si sedette sopra pesantemente, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e abbassò la testa. Si passò nervoso, le mani tra i capelli e le strinse forte a pugno. Sentiva i capelli tirare, strapparsi. Inspirò profondamente con il naso ed espirò rumorosamente con la bocca, nel farlo emise un verso esasperato. Tirò su nervosamente con il naso un paio di volte, poi lasciò che gli cadesse una mano a peso morto, si portò l'altra mano, chiusa a pugno, sotto il naso, alzò lo sguardo e si guardò in torno. I suoi occhi erano lucidi, ricolmi di lacrime. Voleva piangere ma non poteva. Era spaventato ma non voleva ammetterlo. Non era più arrabbiato, ma voleva esserlo.
"Dove sono finito?" si chiese, non riconoscendo nulla di quel posto. Ma quella era una domanda a cui non era destinata alcuna risposta perché, in lontananza, Tony sentì una giovane voce maschile.
Strabuzzò gli occhi, girò di scatta la testa verso la direzione della voce, era spaventato e confuso. In un secondo, la sua mente andò completamente in tilt, non sapendo minimamente come reagire al solo pensiero che il capitano fosse riuscito a seguirlo fino a li. Ma tutto questo scomparve, quando realizzò che il ragazzo a cui apparteneva quella voce, altro non era che un giovane bracciante, intento a caricare un camion di quelle che sembravano essere scorte alimentari.
Tony tirò un sospiro di sollievo, si tranquillizzò e guardò il bracciante sorridendo lievemente. In un secondo, non sapeva nemmeno lui come, quel ragazzo gli fece venire alla mente il capitano. Ingenuo, sorrise a quel pensiero, come se provasse quasi piacere a rivedere quella dolce immagine nei suoi ricordi. Ma non appena si accorse di ciò che quei pensieri scaturivano in lui, di quel nuovo sentimento così caldo e profondo da fargli venire le farfalle nello stomaco, scosse forte la testa, come a voler mandare via quell'immagine a tutti i costi.
Si guardò i piedi, "Ma che cosa mi sta succedendo..." Si chiese.
Tony era confuso, spaventato, muoveva la gamba su e giù nervosamente. Aveva odiato il capitano per anni, arrivando a maledire la sua stessa esistenza. Era la causa di tutto il suo dolore, morale e fisico, era il motivo per cui suo padre lo odiava. Quindi perché, d'un tratto, provava dei sentimenti così contrastanti in lui? Che cosa era riuscito a scatenare, il capitano, nella sua mente e nel suo cuore, per fare in modo che al solo suo pensiero, Tony potesse sorridere?
"Devi concentrarti Tony, non puoi fallire! Sei qui per una ragione, devi vendicarti del capitano..." D'un tratto, la gamba smise di muoversi, Tony alzò lentamente la testa, gli occhi sgranati come se improvvisamente avesse realizzato qualcosa di importante, di significativo, qualcosa di straordinario. Lo sguardo fisso, puntato davanti a lui mentre osservava i mattoni sporchi del muro del magazzino. Spostò lentamente gli occhi sul bracciante e lo osservò mentre sistemava il carico sul camioncino. "Il capitano... - pensò - non so nemmeno il suo nome...".
Ancora seduto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, e le mani incrociate sotto il mento, volte a sorreggere tutto il peso della testa, guardava il camioncino allontanarsi, con a bordo quel ragazzo che, per chissà quale motivo, gli ricordava tremendamente il capitano. L'asfalto era irregolare e le casse ballonzolavano incontrollabili, facendone tintinnare il contenuto rumorosamente. "È possibile che... " si passò una mano sulla bocca, adesso era pensieroso, titubante. Gli costava così tanto ammettere i suoi sentimenti? Era così difficile mettere da parte per una volta, l'immagine dell'egocentrico Tony Stark, ed essere semplicemente Tony?
Con gli occhi ancora fissi sul vuoto che aveva lasciato quel camioncino, Tony incrociò nuovamente le mani e vi appoggiò la guancia. Sorrise dolcemente nel pensare, ancora una volta, al capitano e a come poc'anzi, egli avesse cercato di dirgli il suo nome, nel vano tentativo di stabilire un contatto con lui. Si vergognò della sua reazione, ma in fondo era comprensibile. Davanti a lui c'era finalmente, l'uomo che rappresentava quell'ostacolo che fino a qualche ora prima, sembrava irraggiungibile. Eppure adesso era lì. Ma presto si rese conto che quel sorriso così ingenuo, altro non era che una maschera volta a nascondere quello che ora, per Tony, era puro terrore.
La paura di ciò che sentiva dentro, di quei suoi nuovi sentimenti, così meravigliosamente inquietanti. Per la prima volta in vita sua, gli si palesò davanti agli occhi, un problema che non sapeva come risolvere, non poteva.
Mentre la sua testa vagava senza meta tra quelle miriadi di pensieri e preoccupazioni, Tony non si accorse dello scorrere inesorabile del tempo. Presto si fece tardo pomeriggio, ma non era afoso anzi, il sole era coperto da nuvole nere che minacciavano pioggia, il vento da prima lieve e tiepido, adesso era diventato una burrasca incontrollabile. Gli scuri delle finestre aperte sbattevano, producendo sordi rumori, il vento fischiava tra i palazzi e le viuzze. Ma Tony non si accorse di tutto questo, rimanendo seduto lì, immobile, a fissare il vuoto. Fu solo quando il vento cessò, e una goccia di pioggia gli sfiorò il naso schiantandosi a terra, che Tony riuscì ad uscire da quella trance.
D'improvviso, la pioggia cominciò ad aumentare, costringendo il povero ragazzo ad alzarsi di fretta, e correre verso il primo locale aperto che riuscì a trovare.

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