E dopo secoli, le gemme erano finalmente riunite. Spazio, tempo, realtà, potere, anima e mente. La forza di tutte e sei, combinate per generare quella che sarebbe stata l'estinzione di metà della vita nell'intero universo. Gli Avengers provarono a fermare Thanos, ci provarono davvero, ma contro ogni previsione, il titano pazzo, folle di bramosa compassione, schioccò le dita.
«No!» urlò Thor a pieni polmoni mentre guardava il nefasto gesto compiersi davanti ai suoi occhi.
Aveva fallito.
Uno dopo l'altro, gran parte dell'esercito wakandiano, così come molti degli Avengers, sparirono, macchiando quel campo di battaglia della polvere dei loro corpi che si disintegravano.
Il dio del tuono si guardò attorno confuso e sconcertato.
T'Challa porse la mano a Okoye «Questo non è un buon posto per morire» disse poco prima di dissolversi sotto gli occhi increduli della guerriera.
«No no no!» disse Rocket disperato, mentre guardava il giovane Groot, inginocchiato a terra, soffrire della stessa sorte di tutti coloro che, in quel momento, gli erano attorno.
Il capitano si guardava attorno confuso "che cosa..." pensava.
«Steve?...» disse una voce appena dietro le sue orecchie.
Svoltò «Bucky?» disse con tono preoccupato, gli occhi sgranati, increduli. Non riuscì nemmeno a raggiungerlo, a toccare il suo dolce viso un'ultima volta che, il soldato d'inverno, cadde a terra, mentre il suo corpo si dissolveva nell'aria. Un silenzio inquietante calò su quella radura, dove fino a poco prima le grida di battaglia dei soldati riecheggiavano nell'aria come echi distanti.
Il capitano si alzò e camminò verso quello che sembrava essere il corpo di Visione. Si inginocchiò e, con occhi esterrefatti e terrorizzati, guardò l'enorme buco che aveva sulla testa. Sotto le sue ginocchia, la cenere di un corpo.
«Wanda...» sussurrò prendendone una manciata e guardandola.
«Che cosa è successo?» disse Banner alle sue spalle.
Il capitano sospirò, un rivolo di sangue gli colò giù dalla bocca «Abbiamo perso» disse senza nemmeno voltarsi.
Tutt'altra storia era su Titano. Tony, ferito e stanco per lo sconto che aveva avuto poco prima contro il titano pazzo, vide i guardiani della galassia, coloro che per un motivo o per un altro si erano uniti alla sua causa, sparire sotto i suoi occhi.
«Questo era l'unico modo» disse Strange nell'esatto istante in cui il meccanico lo guardò, anche lui poco prima di sparire. Poi, l'addio più straziante.
«Signor Stark?».
Tony si voltò.
Peter avanzava barcollando «Non mi sento molto bene».
Si guardava le mani, una strana sensazione pervadeva il suo corpo mentre sentiva le sue forze abbandonarlo.
Tony lo raggiunse, Peter si aggrappò al suo corpo.
«Non voglio morire. Non voglio morire signore, la prego! Non voglio morire...».
Tony cadde in avanti, le ferite si facevano sentire e non reggeva più il peso dei loro corpi.
Steso a terra, Peter lo guardò. Il suo corpo tremava dalla paura, mentre sentiva quella orribile sensazione farsi sempre più forte. Guardava dritto davanti a sé: un cielo arancione, oscurato di polvere e sabbia. Un suono indistinto che ronzava nelle sue orecchie, due mani sul suo corpo.
Voltò la testa «Mi dispiace» disse sussurrando.
Quelle, le sue ultime parole, poco prima di dissolversi anche lui nell'aria, riecheggiavano nel cranio di Tony, pungenti come le spine di una rosa.
Avevano perso.
Disperazione. Che cosa avrebbe fatto da ora in poi? Peter, suo figlio, era morto tra le sue braccia, davanti ai suoi occhi. E quelle parole, dio come facevano male. Un dolore che descrivere a parole sarebbe stato inutile, riduttivo. Nel suo cuore, un'altra crepa che non si sarebbe mai più rimarginata. Si portò le mani congiunte davanti alla bocca e vi appoggiò contro il viso, i gomiti puntati sulle ginocchia. Chiuse gli occhi, voleva solo urlare.
«Lo ha fatto» disse Nebula, in piedi accanto a lui.
"Mi dispiace" riecheggiava la voce di Peter nella testa del meccanico.La morte, forse, era l'unica cosa che avrebbe cancellato quel dolore. Vedere Peter, suo figlio, sparire davanti ai suoi occhi, dissolversi come polvere nell'aria, aveva segnato la sua mente in maniera indelebile. Andare avanti? Impossibile. No, ora che Peter non c'era più, non aveva senso continuare. Tutto ciò che voleva, era rimanere lì, su Titano, a guardare il sole tramontare un ultima volta, mentre sentiva le poche forze che gli rimanevano in corpo, abbandonarlo una volta per tutte. Se solo ne avesse avuto il coraggio, si sarebbe tolto la vita con le sue stesse mani. Qual era il problema? Ci aveva già provato altre volte, ma il destino si era sempre messo in mezzo, e con il passare del tempo, si era convinto che dietro a tutto questo, vi era un disegno ben più grande, che sfuggiva alla sua logica. Ma ora non ne era poi così sicuro, e il destino, per una volta, se ne sarebbe rimasto in un angolo a guardare Tony compiere l'estremo atto. Ma i suoi piani, ancora una volta, andarono in fumo. Nebula lo trascinò a bordo della navicella con cui lei e i Guardiani erano arrivati su Titano. Avrebbero raggiunto la terra, questo era il loro piano, e una volta arrivati avrebbero trovato il modo di riportare tutti indietro. Ma presto, l'ossigeno sarebbe finito, e ad occhio e croce, le scorte di cibo non bastavano nemmeno per una persona. Così mentre vagavano alla deriva in uno spazio oscuro ed infinito, Tony riuscì a ritagliarsi un piccolo momento per sé. Si rintanò nella cabina di comando, una strana luce verde ne irradiava l'oscurità, donando a tutto quello una sorta di alone nostalgico. A fatica, si sedette a terra, posò davanti a se i resti del casco che Thanos aveva distrutto, lo accese e sospirò profondamente.
«Steve? Ciao. Io... io non so nemmeno se riuscirai mai a vedere questo messaggio ma... beh credo che questa sia l'unica cosa che mi è rimasta da fare. Non so nemmeno se sei ancora vivo o... no... non voglio pensarci. Dio, spero che tu sia vivo. Qui le cose... ma che lo dico a fare. Il cibo è finito ieri e presto anche l'ossigeno finirà».
Si voltò e guardò le stelle brillare contro quella coltre nera. Sorrise tristemente.
«Non pensavo di morire così. Le stelle, lo spazio... fa un altro effetto vedere tutto questo così da vicino. E adesso, ciò che prima adoravo, ora mi terrorizza. Ma che importa, giusto? Domani finirà anche l'ossigeno, e io morirò. Non che la cosa mi dispiaccia, alla fine ho fallito. Si... ho fallito. Come uomo, come Avenger, come padre, come marito. Forse Howard aveva ragione... Forse non sono tutto questo granché. Adesso capisco l'adorazione che aveva nei tuoi confronti, e il disprezzo che aveva nei miei... come biasimarlo».
Sospirò.
«Beh, direi che è l'ora di finirla con questa lagna. Se mai riuscirai a trovare questo messaggio, beh... spero solo che tu stia bene. Addio capitano».
Si allungò e spense il casco. Il fianco gli doleva tremendamente, ma non gli importava più di tanto. Quel dolore era niente in confronto a tutto ciò che attanagliava la sua testa. Si raddrizzò e appoggiò la schiena contro la parete, sospirò ancora una volta e chiuse gli occhi. Era pronto. Si, avrebbe accolto la morte a braccia aperte, tutto pur di zittire la voce di Peter che continuava a riecheggiare nella sua testa, tutto pur di avere un po' di pace. Ma una strana luce si accese davanti al suo volto, mentre lentamente, Tony riapriva gli occhi. Si alzò a fatica e e si avvicinò al vetro.
«Chi sei tu...» disse il meccanico con un filo di voc mentre guardava quella donna avvolta da una strana luce gialla, sorridergli.
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Fire on Fire
Fiksi PenggemarDAL CAPITOLO 5: «Io ti ho odiato Steve - riprese Tony - non ho mai odiato nessuno nel modo in cui ho odiato te. E Dio! Vorrei poterti odiare ancora, ma non posso... Non ci riesco». È il 1991, sono appena iniziate le vacanze di Natale, e gli studenti...