14 - Ragni e anime infrante

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Passarono due anni da quel terribile addio, e Tony era andato avanti con la sua vita come meglio poteva. In quei anni, ormai solo e senza più Steve a coprirgli le spalle, fronteggiava le sue missioni una dopo l'altra, senza mai tirarsi indietro. Su ordine di Fury, aveva seguito e stanato, uno dopo l'altro, ogni singolo membro della squadra di Pierce, fino ad arrivare a lui stesso, consegnandolo poi alla giustizia. Ma la battaglia più difficile, era quella che combatteva dentro di sè. Si, nonostante gli anni trascorsi, ancora non riusciva a scendere a patti con il fatto che Steve, ormai, non faceva più parte della sua vita. Per quanto il futuro fosse radioso davanti a lui, comunque, questo sembrava ancora troppo buio ai suoi occhi, senza il suo bellissimo sole a illuminarlo. Le sue giornate passavano tra alti e bassi, in alcuni momenti, Tony sembrava radioso e pieno di vita, mentre in altri sembrava come se volesse farla finita da un momento all'altro. Ma alla fine, il suo era un comportamento comprensibile. In ogni cosa che faceva, in ogni suo gesto, in ogni sguardo che incontrava per strada, rivedeva lui, e questo lo faceva stare male. Il vagare per quella casa, poi, di certo non lo aiutava, rivangando inevitabilmente ricordi che da tempo cercava invano di sotterrare. Ma quello sembrava un compito troppo arduo perfino per uno come Iron Man. Così, decise che era arrivato il momento di lasciarsi dietro Malibù, e con lei, tutti i ricordi legati alla sua vecchia vita con Steve. Non voleva dimenticare, non voleva abbandonare quelle memorie, semplicemente avrebbe voltato pagina, riscrivendo ancora un nuovo inizio. Con la testa impegnata in una moltitudine infinita di pensieri e progetti, il suo cuore lo portò a costruire la sua nuova casa dall'altra parte dell'America, nel centro di New York. Quella che costruì, era il coronamento della sua smania egocentrica che a lungo era stata soffocata, la Stark Tower. Quell'edificio divenne il vanto del geniale Tony Stark, nonché della città stessa. Ma più di tutti, quello era il suo nuovo inizio, la prima riga in una pagina bianca, che aspettava solo di essere scritta.
La Stark Tower era immensa, bella e piena di vita. Un edificio moderno ed auto alimentato grazie ad un reattore ARC, simile a quello nel petto dell'inventore. Tony amava quel posto, e sulla sua cima, si sentiva il re del mondo, imbevendosi del panorama che si estendeva oltre la finestra, assaporando i raggi del sole sorgente, e il bagliore della luna soffocato dalle luci della città. Si, quello era un panorama totalmente diverso da quello a cui era abituato, ma adesso, andava bene così. Li, Tony era solito sedersi sulla terrazza, e guardare il cielo. In quei momenti, si chiedeva se anche Steve stesse guardando quelle stelle, le sue stelle, e se lo stesse pensando, come lui, adesso, lo pensava. E perso in quei pensieri, Tony si sfiorava le labbra con la punta delle dita, e chiudeva gli occhi ricordando la sensazione delle labbra del capitano sulla sua pelle, il suo calore, il suo profumo. Ma dopo quelle notti, perso in un mare di ricordi che cercava disperatamente di non rivivere, arrivava sempre il giorno, e la speranza che quello fosse più radioso del primo, moriva nel momento stesso in cui apriva gli occhi, e si rendeva conto che il posto accanto a lui, in quell'immenso letto dalle lenzuola bianco candido, era ancora vuoto e freddo. In quelle giornate, Tony scendeva e guardava le scolaresche in visita alla sua torre. Amava camminare nella hall e sentire i ragazzini bisbigliare al suo passaggio, o pronunciare il suo nome. Ma un giorno, successe un qualcosa di incredibile. Era un giorno normale, come tanti altri, le scolaresche invasero la hall della torre, mentre un continuo via vai di gente animava il resto dell'edificio. Tony, come al solito, era sceso per accogliere la nuova comitiva quando, improvvisamente, il suo sguardo venne catturato da un giovane ragazzo, correre e nascondersi dentro uno sgabuzzino. Dietro di lui, altri due ragazzi, più grandi e muscolosi, lo cercavano, chiamando il suo nome e deridendolo. Tony guardava la scena da lontano, e senza perdere d'occhio i due bulli, si avvicinò allo sgabuzzino dove il povero ragazzo aveva trovato riparo. Bussò leggermente alla porta, ma non rispose nessuno. Al suo posto, sentì un rumore indistinto di un qualcosa che cadeva, e i bisbigli spaventati del ragazzo che vi si nascondeva dentro. Tony bussò ancora, poi, lentamente, aprì la porta e guardò dentro. Quel ragazzino era seduto per terra in un angolo, e guardava terrorizzato la porta aprirsi davanti a lui.
«La prego, non gli dica dove sono» disse il ragazzo.
Tony lo guardò stupito «Perché dovrei dirgli che sei nascosto nello sgabuzzino?» chiese ironicamente Tony al giovane ragazzo.
Il meccanico spostò la testa per guardare verso la hall e vedere dove erano andati a finire i due bulli, per poi tornare a guardare di nuovo il ragazzo «Lo fanno sempre?».
Il ragazzino fece cenno di sì con la testa. Tony li guardò e contrasse il volto in una smorfia di disappunto, per poi guardare ancora il ragazzo con occhi compassionevoli «Vieni con me - gli disse aprendo di più la porta - Ti troveranno di sicuro dentro lo sgabuzzino».
Il ragazzo si alzò e lo guardò. Nel guardarlo, qualcosa si scatenò nel cuore di Tony. Si, una nuova sensazione, strana ma piacevole. Era come se dovesse proteggere quel ragazzo da tutti i mali del mondo, difenderlo a costo della sua vita. Istintivamente, Tony gli mise una mano sulla spalla e lo portò con sè verso l'ascensore.
«Lei è il signor Stark, vero?».
Tony lo guardò e gli  fece cenno di si con la testa.
«Dove stiamo andando?» chiese il ragazzo incuriosito, mentre entrava in quell'ascensore.
«In un posto più sicuro di quello sgabuzzino - gli rispose lui - A proposito, tu sei?» gli chiese in fine.
«Parker, signore. Peter Parker».

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