XIII. Risvegli traumatici

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Se pensavo di svegliarmi placidamente tra le braccia di Francesco mi sbagliavo. All'improvviso verso le 9 una sirena ci destò dal sonno. Il grande fratello aveva un comunicato per noi, proprio la mattina avremo dovuto fare una serie di prove militari nel giardino, allestito per l'occasione.

Io e Fra dovevamo parlare ma non ne trovammo il tempo, tutto era di corsa, non avevamo nemmeno fatto colazione.

Le squadre erano due, ma la cosa che più mi spaventava era che Francesco era nella squadra avversaria, uno di noi sarebbe andato in cucurio per una settimana, all'idea mi sentivo già male.

Proprio ora che potevo averlo tutto per me, saremmo stati divisi. Che fosse un segno del destino?

Durante la prova ci furono dei momenti eclatanti, come le numerose cadute dalle funi di Rosalinda, Dayane che cadde proprio con la faccia sul fango e Maria Teresa che perse qualche sua extension lungo la strada. Alla fine quel percorso a ostacoli la mia squadra lo perse, non che io mi fossi particolarmente impegnato, ecco. Io e lo sport navigavamo su due binari diversi.

Ci diedero giusto il tempo di fare una doccia e poi ci saremmo dovuti separare, ma io e il mio, cosa? Amico? Amante? Okay, meglio che non pensarci ora forse, o potrei raggiungere un picco nel mio crollo di nervi, decidemmo di fare la vasca.

Vasca che accuratamente il maggiore riempì per me col mio bagnoschiuma preferito e che ora era piena di bolle.

Immersi nella vasca, provammo a rilassarci un poco in silenzio, ma il liscio presto lo interruppe.

"Tommy, se vuoi ti faccio lo shampoo, avevi detto che non riesci mai bene a fartelo da solo, per me non è un problema, faccio in fretta"

Annuii e sorrisi intenerito. Possibile che quell'uomo fosse così perfetto, sicuramente aveva i suoi difetti ma questi non me lo facevano apprezzare di meno. Adoravo i suoi gesti, come si prendeva cura di me e quello non era che un gesto, l'ennesimo, che dimostrava che una minima cura nei miei confronti doveva esserci. Alla fine i fatti contano più delle parole, almeno per me.

Iniziò a massaggiarmi i capelli dolce come una piuma, passandoci i polpastrelli, poi li tirò lievemente, spiegandomi passo, passo come dovevo fare. Devo ammettere che era piuttosto bravo.

"Oppini comunque sai, se la tua concessionaria o il tuo lavoro come telecronista dovessero fallire, ti assumo io, che dici? Come sciampista hai un futuro"

Lui alla sola idea scoppiò a ridere.
"Che pirla che sei, almeno hai capito come fare?"

"Sisì certo, se vuoi ti insapono io i capelli, poi mi dai un voto magari" esclamai convinto senza ammettere repliche.

"Va bene almeno se mi ritroverò calvo a trentotto anni, saprò chi incolpare" asserì lui.

"Oppini fai meno il simpatico e girati che non c'è tempo da perdere"

"Ah ma guarda come è autoritario oggi il signor Tommaso Zorzi, bene, bene, mi piace" Concluse Francesco nello sguardo un pizzico di malizia.

Adoravo quello scambio di battute tra noi, sarebbe stata una delle cose che più mi sarebbe mancata in quella settimana, senza contare che avevamo appena iniziato a dormire insieme la notte precedente e che dovevamo parlare di tante cose. Mi rabbuiai a quel pensiero, ma fortunatamente il moro già voltato di spalle non se ne accorse.

Cercai di essere il più meticoloso possibile con quello shampoo, massaggiando i capelli proprio come mi aveva mostrato e dopo aver finito e averlo sciaquato, gli diedi un piccolo bacio sul collo, indugiando forse un po' più del dovuto. Sì girò accarezzandomi la guancia, con uno sguardo colmo di qualcosa che in quel momento non seppi definire. Sì trattava di affetto?

"Grazie amore, sei stato bravissimo, da 10 e lode. Era da quando ero piccolo che qualcuno non mi dedicava un attenzione simile"

Amore. Mi aveva chiamato amore. Stavo per andare in iperventilazione. Io non avevo mai usato questo termine con lui, chiamavo amore tutti nella casa tranne lui, forse tesoro, ma amore, la cosa mi terrorizzava. Non potevo innamorarmi di un uomo etero, fidanzato. Ovviamente però la mia mente traditrice insinuò in me il tarlo dell'esserlo già, che quello era amore, non c'era altro modo di definirlo.

Potrebbe essere stato un caso però, magari l'ha detto senza pensare, magari chiama così anche Stefania e le persone con cui va d'accordo.

"Tommy tutto bene?" Mi chiese preoccupato con un altra carezza sulla guancia.

"Sisì scusa mi ero un attimo perso nei miei pensieri"

"Un penny per i tuoi pensieri?" Sorrise lui, sembrando sereno.

Non volevo rovinare l'atmosfera ne avremmo parlato più avanti, non potevamo farlo ora, davanti alle telecamere, avrei retto un altra settimana col dubbio mi dissi, potevo sopravvivere una settimana senza Oppini, d'altronde avevo vissuto una vita senza di lui ed ero stato benissimo.

"Niente di importante Francy, dai asciughiamoci che tra poco dovrò andare in cucurio"

Quando eravamo in piedi e entrambi con l'accappatoio, il maggiore mi prese e mi abbracciò, sussurandomi all'orecchio.

"Mi mancherai sai"

Non sapevo cosa dire, era ingiusto, non poteva dirmi cose del genere, con quel tono così dolce, non ora che ci trovavamo in quel limbo, sapevo certo che era attratto da me, mi voleva bene magari, ma se si fosse stancato anche lui? Sì stancavano tutti prima o poi, dopo un po' di tempo. Le mie paranoie e la mia ansia, sempre presenti, mi portarono a rispondere nell'immediato e di getto.

" Dai Fra non essere esagerato, è solo una settimana cosa vuoi che sia." Per poi staccarmi dal suo abbraccio senza guardarmi indietro.

Sapevo che c'era rimasto male, ma dovevo tutelarmi, ero sull'orlo di un precipizio, lasciarmi andare del tutto, questa volta, sapevo che avrebbe potuto distruggermi.

Non parlammo più, ci asciugammo i capelli, fianco a fianco in silenzio. Mi mancava già ora, che lo sentivo distante, non sapevo come avrei affrontato quella settimana. Ma non potevo dirglielo, il mio orgoglio non me lo permetteva.

Quello stesso orgoglio che nel momento dei saluti, non mi consentí di soffermarmi nel suo abbraccio, quello stesso orgoglio che nei giorni a seguire quando lui veniva a parlare alla finestrella, mi fece dialogare con lui meno che con gli altri. Quello stesso orgoglio che però nelle notti fredde in quella branda, che chiamavamo letto, non mi teneva compagnia, né mi stringeva a sé.

Per quella settimana tornai a essere solo.



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