XVIII. Paura del bisogno

1.5K 45 14
                                    

Mi sono alzato prima di tutti, ho pulito l'intera casa, ho fatto una nuotata in piscina, ma non è servito a niente. Non sono riuscito a smettere di pensare.

Entrato in casa con l'accappatoio aperto e come costume lo slippino Givova, trovai tutti svegli intorno al tavolo a fare colazione, dovevo aver perso la cognizione del tempo.

Andrea subito si fece ironico
" Hai deciso di diventare Magnini, Oppini per caso?"

"Beh la vedo dura, cioè guardami" alla fine ero conscio del mio fisico ed ero molto sereno, sapevo di non essere un bronzo di Riace, ma avevo un buon rapporto col mio corpo.

"Non sarà Magnini, ma me lo farei comunque volentieri" Asserí il chirurgo. Questa battuta fece ridere tutti intorno al tavolo tranne me e Tommaso. Forse si sentiva in colpa, bene.

Mi aveva tradito, ancora prima di darci il tempo di viverci e io che per lui ero disposto a rinunciare a tutto. Avevo scansato un fosso, non riuscivo nemmeno a guardarlo, così come mi faceva schifo guardare Giacomo, nonostante non fosse sua la colpa ma solo di Tommy, alla fine era lui ad avermi illuso.

Aveva detto di amarmi, com'era possibile che mi avesse fatto questo? Valevo davvero così poco per lui?

Dopo la nuotata, feci una sostanziosa colazione e mi misi a letto, non era da me affrontare i problemi in quel modo, ma mi sentivo svuotato, quella notte avevo pianto in continuazione e non avevo chiuso occhio, avevo bisogno di riposare, di smetterla di pensare.

Si stavano baciando, con solo i pantaloni addosso e i petti che si toccavano, di fronte a quella maledetta lavatrice.
"Francesco, ma tu pensavi veramente che io volessi te? Cerchiamo di essere chiari, per me non sei niente, non ho bisogno di te, posso avere chi voglio. E ora torna dalla tua Cristina da bravo"
Mortificato per le loro risate dopo ciò che aveva detto il venticinquenne, tornai in stanza. Maledetti loro e maledetto me, non avrei mai più sofferto così.

Mi svegliai di soprassalto, era pomeriggio inoltrato, basta non potevo stare in quella stanza ancora un minuto in più o non avrei retto. Uscii, dirigendomi in piazzetta Morra, mettendomi a chiaccherare con Rosalinda.

Tommaso era scomparso e pure Giacomo, non era affar mio, ma dovevo vederlo con i miei occhi, dovevo sapere se fossero insieme. Sarebbe stata la prova definitiva, l'ultima.

Mi avviai verso la stanza blu, in casa mancavano loro due e Stefania, magari stavano riposando ed ero io a essere paranoico, ma meglio essere sicuri.

La porta della stanza però era chiusa, la scostai un poco, sentendo delle voci.

" Stefy, io voglio andare via capisci? Come posso stare in questa casa in questo modo? Ti rendi conto di quello che ho fatto?"

"Amore, l'hai fatto perché lo ami davvero e in quel momento hai sentito di stare facendo la cosa giusta, sei stato molto coraggioso. Sai non è da tutti sacrificare la proprio felicità per la persona amata, ma ti sei mai chiesto se in questo caso ne valga la pena? Se è davvero questa la scelta migliore? Io penso dovresti parlargli e dirgli la verità. Povero, non si è alzato dal letto tutto il giorno, l'hai notato anche tu? Qualcosa questo vorrà dire, penso che dovresti dirgli che tra te e Giacomo non c'è stato nulla, vi fate solo del male così"

Non sapevo se essere felice o meno, perché mentirmi allora? Mi avvicinai ancora di più alla porta per tentare di ascoltare, quando proprio Giacomo mi toccò la spalla.

"Fra devi entrare?"

Merda.

"No no, stavo chiudendo la porta che Stefania mi ha detto che doveva parlare un attimo con Tommy in privato"

Speravo non dicesse niente a nessuno dei due.

"Va bene allora grazie. Gli dò spazio vado in giardino con gli altri, tu vieni con me?"

"Certo, certo andiamo"

Non avevo molta scelta, per non destare sospetti dovevo andarmene.

Lo seguii pieno di interrogativi. Perché Tommaso mi aveva allontanato allora? Con Giacomo non c'era stato nulla, il giorno prima aveva detto di amarmi, proprio non capivo cosa potevo aver fatto di sbagliato.

Dovevo solo aspettare, sarebbe stato lui a dover fare il primo passo stavolta, me lo doveva. E se non l'avesse fatto? Sarei riuscito a conviverci senza toccarlo, abbracciarlo, baciarlo, anche solo senza parlargli? Mi mancava parlare con lui, avevamo un livello di affinità tale, che mi sentivo capito, ero riuscito ad aprirmi con lui anche sul rapporto con mia madre, di cui parlavo molto raramente. Poi mi sarebbero mancati i nostri balletti e risate assieme. Mi sentivo già nostalgico. Sapevo in cuor mio di non poterci rinunciare, ma il mio orgoglio mi impediva ora di fare il primo passo.

Era lui ad aver sbagliato, lui doveva ora dimostrarmi che a me ci teneva per davvero e soprattutto spiegarmi perché si era inventato tutta quella storia ridicola.

Forse non era pronto a reggere il peso di stare al mio fianco? Forse, come aveva detto, non mi amava abbastanza?

Strizzai gli occhi.
"Francy tutto bene? Hai gli occhi lucidi"

Strano, se pure una persona non così empatica come Dayane se n'era accorta, doveva essere proprio lampante.

"Nulla Day, sono solo tanto stanco, è una giornata no per me. Mangio qualcosa ora al volo e poi vado a letto"

"Va bene, sappi comunque che se hai bisogno di qualcosa o qualcuno io ci sono, a prescindere di come sia andata tra noi due, ti voglio bene"

Riuscì a strapparmi un sorriso, non era cattiva glielo leggevo nello sguardo, era solo un anima molto tormentata.

Gli poggiai una mano sulla spalla e consumai la mia cena in solitaria, per poi tornare in stanza. Sapevo di dover reagire, ma era ancora troppo presto, dovevo metabolizzare, tanto era successo in soli 2 giorni, la gioia, il dolore e poi le bugie, i dubbi.

Avevo dormito tutto il pomeriggio, ma col sogno che avevo fatto non mi sentivo affatto riposato, mi bruciavano gli occhi e li chiusi.

Sognai dolci carezze e mormorii, un bacio piuma sulla fronte, come ai bambini, gesti colmi di affetto, di cui avevo bisogno. Mi parve quasi di udire un "ti amo" ma preferii non soffermarmici. La mia immaginazione si era scatenata fin troppo quel giorno e se il pomeriggio avevo vissuto nel sogno ciò di cui avevo paura, sicuramente quella era una proiezione di ciò di cui necessitavo, soprattutto in quel momento.

Io che non ero mai dipeso da nessuno, ora mi ritrovavo ad aver bisogno di Tommaso.

Un emozione prendeva ora sempre più spazio in me: la paura.

Con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora