XV. Sugar

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Cinque giorni, cinque giorni senza rivolgergli praticamente la parola e mi sentivo perso. La verità è che lo facevo perché avevo paura, sapevo già cosa Francesco mi avrebbe detto quindi preferivo scappare. Non avrei retto a sentire definire il nostro momento sotto le coperte come un errore, mentre per me non lo era.

Lo pensavo sempre, continuamente, capitava spesso che anche quando parlassi con gli altri, mi perdessi a guardare il vuoto, la mente altrove. Il problema è che mi aveva preso di testa e questo mi stava facendo impazzire, non so quanto sarei riuscito a mantenere il punto.

Non aiutava la sua vicinanza con Giacomo in questi giorni, che avevo invitato a dormire da me, per paura di non resistere alla tentazione avendo il liscio al mio fianco.

Sospirai. Dalla vetrata che separava stanza blu e arancione, vedevo Francesco e il chirurgo dei vip, buttati sul letto del trentottenne a ridacchiare di chissà che cosa, mentre Urtis gli faceva un massaggio facciale.

Cercai di rimanere calmo, mi aveva sostituito? Certo era solo il volto, ma mi dava fastidio che un altro uomo lo toccasse. Non era mio, ma non potevo comunque sopportarlo, nonostante sapessi di essermela cercata.

Cercai di distrarmi, anche perché quella sera ci sarebbe stata una festa a tema, "Chic Masquerade" , l'avevano definita gli autori. Ci saremo tutti dovuti vestire elegantemente, con delle maschere a completare l'insieme. L'idea mi sembrava carina, sicuramente diversa dal solito.

Ma quando poi vidi Francesco vestito di tutto punto, non so se fossi più così d'accordo. Aveva uno smoking nero, camicia rigorosamente bianca, con una maschera elegante in pizzo, anche quest'ultima nera. Avevo deciso di non bere quella sera o dubito che sarei riuscito a controllarmi e non saltargli addosso.

In compenso, neanche a farlo apposta il mio abito era bianco. Ci ritrovavamo a essere opposti, anche in quel caso.

Bianco e nero, senza possibilità di grigio, di incontro.

La festa aveva musiche particolari per lo più lenti, ballai con tutti indistintamente e anche Francesco non si risparmiò, ma a fine serata mi tirò tra le sue braccia, senza darmi possibilità di fuggire, mi strinse forte a sé, poggiando la sua testa sul mio collo.

La canzone che poi partì fu la mia rovina, non l'avevo mai sentita prima, ma era lenta, sensuale, perfetta per noi due.

And I'll be like sugar
Call me
Tell me how you like it
Tell me stories
Baby I'll follow
Your lead
Take me to the wild
I've been lonely

Proprio come dicevano quelle parole lui conduceva e io l'avrei seguito anche nella natura più selvaggia. Non avevo toccato un goccio d'alcol, ma mi sentivo comunque ubriaco, del suo profumo, delle sue braccia attorno alla vita, di lui. Ormai ne ero dipendente e quei giorni lontani non avevano fatto che confermarlo.

"Tommy andiamo in lavanderia, per favore" mi supplicò quasi lui.

"No Fra, non voglio"

"Tommaso per favore"

Alzai lo sguardo, non avrei dovuto, mi guardava con un intensità tale, che per me fu poi impossibile rifiutare.

Appena entrati in quella stanza la tensione era palpabile.

"Parla Francesco ti ascolto"

" Non dovresti dirmi prima tu qualcosa?" Replicò il liscio infastidito.

"Senti Francesco Maria Oppini, non mi piacciono questi giochetti, parla chiaro"

La mia risposta, sembrò infastidirlo solo di più.

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