Sveva si alzò di buon'ora quella mattina, aprì le finestre della sua stanza. C'era una bella luce e così pensò che, malgrado l'aria frizzantina, una bella corsetta le avrebbe fatto bene al fisico e allo spirito. Aveva trascorso l'intera serata a sgranocchiare anacardi e mandorle, seduta davanti alla televisione - una piccola tregua che si era concessa - era giusto adesso che facesse un po' di moto. Tuttavia, sebbene quel pensiero per un attimo la fece sentire in colpa, ritenne che dopotutto prendersi un po' di tempo per se stessa non avrebbe significato trascurare la sua bambina, che comunque la nonna sarebbe andata a trovarla in ospedale, che doveva farsi coraggio e continuare a vivere, nonostante tutto. Troppi erano stati i giorni in cui aveva sacrificato ogni parte di sé rinchiusa tra quelle mura. Troppe erano state le ore passate a piangere in quell'ospedale...
Erano trascorsi mesi dall'incidente.
Non era più vita quella, avevano ragione gli amici...
Non era più lei. Di se stessa non rimaneva che uno spettro.Con quell'idea, ma senza convinzione, si trascinò in cucina, pronta a dare un senso a quella giornata. Non doveva arrendersi, non ora. C'erano stati tempi peggiori che aveva superato senza tentennamenti, adesso il percorso sarebbe stato tutto in discesa. S'infilò velocemente la sua vestaglia di cotone pesante, si diede una rapida occhiata nello specchio e decise che anche la sua immagine doveva essere rinfrescata, ma lo avrebbe fatto al ritorno dalla corsa, dopo la doccia e dopo aver portato Lana a fare una passeggiata. Lana era un magnifico collie che Francesca aveva avuto in dono dal suo papà al compimento dei quattro anni. Ricordare il suo arrivo in casa, lei che da principio non aveva accettato quel cane, le fece pensare come potessero sembrare diverse le cose viste da un'altra prospettiva, che non tutto è definitivamente come sembra, che gli avvenimenti della nostra vita possono prendere un significato diverso a seconda del periodo in cui questi accadono e che i giudizi che diamo alle cose o alle persone possono mutare inspiegabilmente.
Noi stessi cambiamo e tutto quello che aveva dovuto affrontare certamente continuava a trasformarla. Non avrebbe saputo spiegare se in meglio o in peggio, ma certamente la sua trasformazione era ancora in atto, anche se dove sarebbe arrivata e come sarebbe diventata forse non l'avrebbe mai saputo. Guardando ora quegli occhi teneri che la osservavano scodinzolando, implorando crocchette e coccole, pensò a quale fortuna avesse avuto invece ad avere la compagnia di quello splendido animale.
Lei la fissò, chinò la testa, quasi riuscisse a penetrare i suoi pensieri, poi si accovacciò facendo una strana danza sul tappeto, che voleva dire "Sono felice, eccomi qui!", per finire poi a pancia all'aria. Ebbe quello che voleva: crocchette e acqua fresca. Fedele si sistemò vicino alle gambe del tavolo, accanto alla sua padroncina, elemosinando qualche altra carezza. Fu accontentata.
Lana era un pastore scozzese di uno splendido colore blue merle. Vantava un pedigree di tutto rispetto. Nella sua genealogia nonni e bisnonni avevano ottenuto una serie di premi e riconoscimenti. Eppure, a parte l'aspetto nobile e raffinato e l'andatura elegante, tipica dei Rough Collie, Lana, era un cane di poche pretese e, a dirla tutta, si accontentava spesso di poco. Non si poteva dire che fosse invadente, ma nemmeno che fosse schiva e poco socializzata. Amava curiosare e conoscere con discrezione tutto ciò che la circondava e poteva restare per ore in un angolino a osservare. Fu adottata quasi per sbaglio. Dopo un'attenta selezione, Marco aveva deciso di prendere da un noto allevamento di Vicenza un bellissimo Border Collie, conosciuto per le sue prestazioni in agility, pensando di portarlo con sé nelle sue tanto amate camminate in montagna, ma la sua scelta era ricaduta sull'assai più riservata razza del Rough Collie. Quante occasioni aveva avuto per raccontare alla sua "tata", perché è così che chiamava Francesca, l'incontro fortunato con quella meravigliosa creatura. Quante parole erano state spese... e tutte le volte quelle descrizioni avevano suscitato grande ilarità in tutta la famiglia.
Il papà che rientrava in casa, soddisfatto di aver visitato l'allevamento, di aver preso il cucciolo, rigorosamente maschio. La segretezza, lo strano odore in macchina, il panino sbocconcellato qua e là e la sorpresa nel trovare Lana nel portabagagli. "E tu che ci fai qua?" E così, facendo capolino da dietro il borsone della palestra, era apparsa lei...
E così finì che lei scelse lui.La corsa in allevamento per riportare la cucciola, le scuse dell'allevatrice per giustificare l'accaduto, i racconti di quella cagnetta che nessuno aveva voluto perché, per una serie di vicissitudini, era troppo grande d'età per essere educata, e poi inaspettatamente il ripensamento, la corsa al pet shop per prendere la cuccetta, il cibo, la toelettatura, il fiocco rosso, il collare, la pettorina e poi... cosa? "Come potrei chiamarti, piccolo ammasso di pulci?" Fu Francesca a decidere:"Papà, è morbida come il tuo maglione di lana! " "Papà, è un gomitolo di lana..." E così fu per tutti Lana! E quanta gioia portò in quella casa, ma non fu sempre così. Non almeno all'inizio.
Ripensando a quell'episodio, cercò di scacciare l'immagine di Marco, che ogni tanto ritornava con prepotenza nella sua mente, e con lui anche quel dolore pungente, che quando la coglieva all'improvviso era così lancinante da costringerla a lunghi pianti sul divano. Non si fece sopraffare, non questa volta. Scappò in bagno, fece una doccia, una veloce pettinata e infilò rapidamente pantacollant, maglia e giacchetta. Con in mano una brioche, la solita presa al forno da Franco, si avviò fuori. Il tempo sembrava cambiare... ma ormai era deciso, non poteva ritornare indietro. Presto fu giù, dinanzi al cancello.
Un lungo sentiero alberato l'attendeva. C'era una leggera foschia; la gente le passava di fianco quasi indifferente. Guardò la villa, poi la strada che le si stagliava di fronte, man mano sempre più nitida. Ora era sola: c'erano soltanto lei e i suoi pensieri. E come l'acqua di un torrente scorre a valle impetuosa, portando con sé tutti i detriti e scaricando via via tutta la sua energia, così lei doveva liberarsi da quei ricordi, da quel fardello pesante che come un macigno la opprimeva, gravando sulla sua anima. Era davvero Marco responsabile di tutto? Quali colpe aveva? Forse lei era stata troppo severa con lui. Iniziò a correre. Provó una sensazione che non avvertiva ormai da lungo tempo. Le sembrò di respirare aria di libertà. Finalmente, per un attimo, si sentì affrancata dalle sue angosce.
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L'incertezza di Sveva.
RomansaA volte la vita ci mette a dura prova e le persone su cui contiamo, i fondamenti della nostra esistenza, possono venire meno inaspettatamente. È quello che è accaduto a Sveva. Questa è la storia di una coppia perfetta, Sveva e Marco, di una famiglia...