16 Farneticazioni

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Dopo qualche ora trascorsa insieme a parlare del più e del meno e dopo che finalmente Sveva si fu ripresa da quell'incontro inaspettato con Marco, Suor Caterina decise di andare via, ormai più serena.
Sveva si era tranquillizzata e non aveva senso trattenersi ancora lì; dopotutto aveva un convento da mandare avanti. E così la suora salutò la ragazza, ma non prima di essersi fatta promettere dalla stessa che sarebbe passata a trovarla.
Un invito che non dispiacque affatto a Sveva, che aveva bisogno di cambiare aria, distrarsi...

Il rientro di Marco, infatti, le aveva creato una certa agitazione, facendole provare nostalgia della loro vita insieme. Ne sentiva fortemente la mancanza e più volte si trovò a rimpiangere di non essersi sforzata di più nel cercare un dialogo, un qualcosa che avesse potuto riaccendere il loro rapporto. Si era lasciata sfuggire molte occasioni, purtroppo, e così in quei giorni non successe proprio niente, neanche in ospedale.

Forse qualcosa si era spezzato tra loro... per sempre.
Forse non doveva tormentarsi.

Nonostante ciò, se da una parte il ritorno del dottore l'aveva scombussolata, cagionandole non pochi pensieri, dall'altra il saperlo nella stessa città le trasmetteva maggiore tranquillità: il poter contare anche su di lui era davvero rassicurante e poteva rivelarsi, quella, l'occasione perfetta per appianare le loro divergenze. Tuttavia avrebbe dovuto rimandare i suoi progetti di riavvicinamento ancora per un po'....
La salute della mamma era peggiorata e quale occasione migliore, allora, per allontanarsi da Parma se non quella?

Soltanto per pochi giorni, si disse, certa che Marco avrebbe capito le sue buone ragioni.
Doveva soltanto contattarlo per lasciargli una copia delle chiavi di casa, soltanto contattarlo...

Raccolto, dunque, tutto il suo coraggio, si affrettò a chiamare subito il marito al cellulare, non essendoci altrimenti nessun altro momento per svolgere quell'incombenza.

Non ebbe tuttavia nessuna risposta. Si sarebbe avviata con la macchina portando Lana con sé e poi, non appena si fosse trovata nei pressi dell'abitazione, avrebbe riflettuto sul da farsi. Così fece.

«Che dici Lana, ci meritiamo questa passeggiata? A quanto pare oggi non è il nostro giorno fortunato e il tuo padrone non ne vuole sapere di parlare con me. Se solo accendesse quel maledetto telefono...»
Il cane la studiava, perplesso. Nel sistemarsi i capelli, guardando nello specchietto retrovisore, si accorse dell'avvicinarsi di nonna Angela, la mamma di Marco, che affiancando la macchina, si era fermata davanti alla stessa.

Ormai erano mesi che non la vedeva e ritrovarla lì, al suo fianco, le fece un certo effetto. Stentava a crederci... ma era proprio lei.

«Sveva, ma sei proprio tu? Oh cara, sapessi quante volte ho chiesto a Marco di portarmi dalla Franci e poi da te. Ma lo sai com'è fatto, vero? Teme per la mia salute, che possa sentirmi male nel vedere quell'angioletto... Oh Dio, ma com'è potuto succedere? Anche noi siamo rimasti sconcertati, Marco più di tutti. Un vero colpo per lui, pensare che una donna potesse essere capace di tanto... Figuriamoci per te, mia cara.»

«Ma quale donna?» domandò Sveva.

«Ma no, cara, non volevo dire nulla... Fa' conto che io non ti abbia mai parlato, altrimenti tuo fratello chissà quante me ne direbbe. Si è tanto raccomandato di non dirti nulla. Per il tuo bene, sai?»
«Angela, io non ho un fratello, lo ricordi?»
«Certo che non hai fratelli! Che discorsi sono? Ho forse detto "fratelli"? Volevo dire Marco: lui brontolerebbe se sapesse...Non ci sto più con la testa, devi scusarmi. Quanto è brutta la vecchiaia! Mia madre lo diceva sempre», ripeteva la donna battendosi la mano sulla fronte, quasi a voler richiamare alla mente tutto il passato.

Eh già, pensava Sveva - non ci stava più con la testa.
Senz'altro anche per lei l'episodio di Francesca doveva essere stato difficile da accettare.

«Sai che diceva mia madre?», continuò nonna Angela, «Quando arriva la vecchiaia cerchi di cancellarne i segni, le rughe, i dolori, i primi acciacchi. L'unica cosa che non vorresti cancellare è la memoria. Ma lei è avida, assetata. È quello il suo compito, che credi? Devi stare tranquilla, a quello ci pensa lei, e si porta con sé i brutti e i bei ricordi».

Quanta tenerezza provava per quella donna dolcissima! E quanta gratitudine! Era la mamma di suo marito, la nonna di sua figlia, e per lei era stata una seconda mamma. Sempre disponibile, in ogni momento; non si era mai tirata indietro, prestando il suo aiuto sempre. Ora nel vederla così, provò anche un po' di pena.
La vecchiaia era davvero una brutta cosa.

«Nonna Angela, io ero venuta qui per parlare con Marco. Devo partire da mia madre domani. Ho provato a chiamarlo, ma non mi ha mai risposto. So che oggi non sarebbe dovuto andare in studio. È il suo giorno libero, giusto?»

«Tesoro è andato per curare la dottoressa: quella che ti seguiva. Pare che non sti bene. Che Dio ci liberi di quella donna lì! Ma dovrebbe essere di ritorno, perché deve accompagnarmi dal fisioterapista.»

Sveva continuava a non capirla. Allora la nonna, vedendo che faceva fatica a seguirla, le disse :«Quando non sei stata bene, ti ricordi?»

"Quando non sei stata bene ti ricordi? Ti ricordi? Ti ricordi?", le sentiva ripetere nella sua testa quelle frasi.

Fu colta da un profondo dolore alle tempie. Quelle parole le erano entrate dentro provocandole un forte mal di testa. Ebbe un capogiro, ancora come in ospedale.
Doveva riguardarsi: l'insonnia l'affligeva.

«Oh cara, non stai bene? Accidenti! Vieni su che ti preparo una tazza di tè... Ma guarda...» si affrettò a dire la vecchia, «è arrivato Marco».

Marco era arrivato, e vedendo Sveva confusa, con il fianco appoggiato alla macchina, attraversò velocemente la strada per andarle incontro.

«Le ho detto di quella, ho fatto forse male? Boccaccia mia, parlo sempre troppo!»

«Va' su mamma, per favore», la zittì Marco.

Ormai Sveva non badava più alle farneticazioni di quella donna.

«Ma possiamo andare tutti su! Poverina, non vorrai lasciarla in mezzo ad una strada?»

«Va'!» gridò secco questa volta. «Hai già fatto troppo danno...» si disse a bassa voce.

Reggeva Sveva per un braccio: era da tempo che non erano così vicini. Sveva poté sentire il profumo e il calore delle sue mani sulla sua pelle. Ebbe una grande voglia di baciarlo... erano talmente vicini. Sentì di essere contraccambiata, ne era sicura, ma lui, prossimo a ricambiare, si voltò di scatto, come frenato da qualcosa.

«Ti accompagno a casa!» disse.
«Poi tornerò a piedi. Ho voglia di camminare.»

E così, entrati in macchina, si avviarono per la strada di casa.

L'incertezza di Sveva.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora