Le condizioni di Sveva sembravano peggiorare. La donna era riversa in terra in preda al panico e a forti dolori addominali. Forse avrebbe dovuto capirlo per tempo Attanasio, forse avrebbe dovuto fare qualcosa prima che la circostanza degenerasse, ma ormai non aveva senso dannarsi o colpevolizzarsi: bisognava fare in fretta. Impacciato, spaventato, dopo aver chiesto informazioni al cameriere, raggiunse frettolosamente il parcheggio. Mise le mani in tasca per prelevare le chiavi della macchina ma scoprì con rammarico di averle lasciate dentro, sul tavolo. Fece allora per ritornare indietro ma con grande stupore vide Fabio, in piedi, vicino alla sua macchina, che nervosamente spegneva in terra una sigaretta.
Forse Sveva lo aveva chiamato, si disse.
In fondo lo conosceva da molto tempo, si era creato un vero rapporto di fiducia oltre che di lavoro con quel ragazzo.
Forse era riuscito a liberarsi dal suo impegno all'ultimo momento.Certo tutto quel comportamento, il suo essere lì, ora, gli risultò alquanto strano e più si avvicinava a lui più quelle sue sensazioni si trasformavano in certezze.
Cosa stava succedendo a Sveva, a Marco, che sembrava impazzito, e a Fabio che ora era davanti a lui, quando avrebbe dovuto essere in un altro posto?
Il sospetto che ci fosse un sottile legame tra quegli eventi lo sfiorò.Soprassedette, in fondo non era il caso di indugiare e perdersi in simili elucubrazioni. Bisognava muoversi e il fatto di poter contare su Fabio in quella particolare situazione significava probabilmente guadagnare minuti preziosi.
«Ciao Fabio, sei in ritardo. Stavi entrando?» disse nervosamente.
Fabio rimase interdetto: la gelosia, uno strano presentimento, lo avevano riportato indietro dalla sua Sveva e così, quasi senza accorgersene, si trovava lì quando invece ostacolare Sveva sarebbe stata l'ultima delle sue intenzioni. Non voleva essere di intralcio nel suo rapporto con Marco.
Come risolvere adesso quella situazione, lui che non aveva nessunissima intenzione di pranzare con i suoi amici?
Fu Attanasio a lanciargli un assist salvandolo da quella situazione imbarazzante.«Dobbiamo rimandare il pranzo, Sveva non sta bene.»
«Come non sta bene?» chiese Fabio spaventato, intravedendo negli occhi di Attanasio una certa tensione.
«Avvia la macchina, ti spiegherò tutto: dobbiamo portarla quanto prima in ospedale!»
Fabio non se lo fece ripetere più volte. In un attimo prese il comando della situazione.
La sua piccola stava male, come poteva essere mai possibile?Parcheggiarono dove fu detto loro. Da quel punto la pendenza della scarpata, sulla quale si affacciava il locale, era più evidente, tanto era inclinato il terreno, e rendeva quella visione maggiormente spettacolare. Più dolce appariva il pendio se visto invece da un'altra angolazione. Camminando e risalendo verso il manto erboso, rigorosamente tosato, risentirono della corrente fredda che di lì proveniva. Fu tuttavia come una manna dal cielo per Fabio e Attanasio, tanto erano accaldati per la tensione. Dinanzi al pergolato, poco più in là, si era formato un gruppo di persone che tentavano di rianimare la ragazza. C'era la solita comitiva di curiosi che ostacolava il passaggio. Fabio, stizzito, si creò un varco per passare.
Intanto sopraggiunse anche Attanasio. Sveva era sudata, tremante, stesa in terra, le labbra incredibilmente livide. Fabio incrociò lo sguardo di Marco e si capirono immediatamente. A un cenno dello stesso i tre ragazzi sollevarono la donna e la trascinarono in macchina. Un sentimento di paura aleggiava sui tre amici. Fabio poi era terrorizzato, essendo l'unico a essere rimasto completamente all'oscuro di quanto era accaduto.
Pensò, rincuorandosi, che non avrebbe potuto prendere scelta migliore di ritornare indietro.
Chi meglio di lui avrebbe potuto conoscere quelle stradine strette e impervie?
La macchina sobbalzava, sembrava volare sull'asfalto. All'arrivo c'erano due infermieri ad aspettarli, prontamente avvisati. Salirono le scale in silenzio. Nessuno fiatò. Soltanto Fabio approfittò per chiedere ad Attanasio cosa fosse successo. Il più agitato sembrava Marco. Parlava con i dottori, entrava e usciva da una stanza all'altra senza darsi pace. Ma non ostentava le sue conoscenze mediche con spavalderia, né tantomeno sciorinava ipotesi per mettersi in mostra. La sua era davvero una sincera quanto mesta volontà di farsi ascoltare e aiutare l'amica.«Ci aveva visto giusto Dott. Paladini», disse il medico non appena lo vide.
«Peritonite. La tempestività delle sue osservazioni ci ha permesso di agire per tempo e di evitare l'irreparabile. Grazie a lei abbiamo scongiurato l'intervento. Ottimo lavoro!»
La felicità di tutti era tangibile. Marco aveva gli occhi lucidi. Scrollava la testa, quasi incredulo: lui che avendo capito la gravità, pensava ormai di averla persa, finalmente poteva gioire. Attanasio si avvicinò per stringergli la mano. Lo seguì Fabio.
La sua stretta però era carica di significato: sincera gratitudine e dichiarazione di resa. Ma la sua capitolazione era dettata dal suo amore verso Sveva e dal self control che lo contraddistingueva, non di certo da scoramento. Era un tipo che non si arrendeva lui, ma che non lottava nemmeno contro i mulini a vento.Non c'era alcuna competizione tra lui e Marco, non poteva esserci. Sveva aveva già fatto la sua scelta e lui sapeva perdere sportivamente, anche se questo lo avrebbe addolorato.
«Forza, il peggio dovrebbe essere passato», aggiunse il medico guardando Marco e dandogli una pacca sulla spalla.
«Resta il fatto che la signorina, pur essendo fuori pericolo, deve essere costantemente monitorata.»«Quale terapia seguirete?»
«L'obiettivo sarà in primis il controllo dell'infezione, la risoluzione dell'ileo paralitico a cui seguirà la correzione degli squilibri idroelettrolitici. Non le nascondo che stiamo pensando di sospendere ogni tipo di alimentazione e di praticare una terapia sostitutiva con plasma, trasfusione anche se...»
«Anche se cosa?» chiese Marco vedendo il medico pensieroso.
«Abbiamo avuto problemi con il Centro di raccolta trasfusionale in questi giorni... Alcune sacche sono andate perse per un problema nel sistema di conservazione non imputabile agli addetti. Dobbiamo attendere l'arrivo delle sacche da altre province. Non ci vorrà molto, già per domattina ci è stato garantito l'arrivo di un certo quantitativo. Intanto potremmo optare per soluzioni elettrolitiche.»
A Marco tutto quello non sembrava vero. Cercò conforto nello sguardo degli amici che nel frattempo si erano avvicinati e che, a dirla tutta, non avevano capito un granchè di tutto quello che era stato detto, se non che Marco era davvero allarmato.
«Ascolti, se ci fosse bisogno di fare delle trasfusioni, fatele. Noi siamo qui», disse Marco senza esitazione, guardando gli amici, certo che anche loro avrebbero acconsentito.
Ebbe il loro assenso.Vennero fatti gli opportuni controlli di compatibilità in seguito alla procedura d'urgenza innescata dal medico competente, dopodiché i pazienti furono messi nelle condizioni più idonee per donare il sangue. L'unico compatibile risultò Marco, che, a digiuno, a notte tarda, si sottopose alla donazione. Attanasio e Fabio lo aspettarono per andare a casa; avrebbero recuperato la macchina, lasciata al ristorante, l'indomani mattina.
«Ti abbiamo preso un panino. Noi abbiamo già mangiato qualcosa. Domattina, appena possibile, torneremo qui. Ormai la situazione dovrebbe essere sotto controllo», disse Fabio.
Ed era così: il peggio era ormai passato. Tutti erano più tranquilli tranne Marco che, con gran stupore dei presenti, decise di restare in ospedale. Una lunga notte lo attendeva.
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L'incertezza di Sveva.
RomanceA volte la vita ci mette a dura prova e le persone su cui contiamo, i fondamenti della nostra esistenza, possono venire meno inaspettatamente. È quello che è accaduto a Sveva. Questa è la storia di una coppia perfetta, Sveva e Marco, di una famiglia...