Come ogni mattina, Sveva si recò in ospedale. Camminando tra i corridoi, prima di raggiungere la stanza di Francesca, pensò a come sarebbe stato bello se, raggiunta quella camera, l'avesse vista seduta su quel lettino: un sogno. Immaginava che potesse abbracciarla, che chiedesse di Lana e del suo papà.Già, del suo papà.
Guardava, dalle finestre che correvano lungo tutto il corridoio, quell'edificio così imponente e così freddo. I volti delle persone che incontrava lungo tutto il percorso sembravano talmente grigi, tristi, come immagini scolorite.
Una forza misteriosa teneva quegli individui, loro malgrado, in movimento.
Forse la speranza, pensò la donna.
Pareva fossero automi, privi di riflessi e sentimenti. Si sentì in quel momento quasi mancare. Tutto appariva sempre meno nitido e i movimenti della gente a rallentatore. Vide correre degli infermieri che spingevano un lettino arancione lungo il corridoio. Anche quel colore, quelle persone, furono presto inghiottite da quel vortice fortissimo che non le permetteva più di camminare e poi... poi all'improvviso comparve lei, una luce bellissima. Sembrava scuoterla e assumere piano piano sembianze umane. L'accarezzava, le inumidiva il viso, le parlava. Sveva poteva vederne bene i contorni, ma non le era facile comprendere le parole. Poi di nuovo il buio.
Si trovò in un lettino, in una stanza del pronto soccorso. Sentiva il rumore delle macchine, costante, e l'odore di disinfettante, diventato all'improvviso insopportabile, iniziò a disturbarla. Ricordò di aver sentito quell'odore prima di essere venuta meno.
«Signora, le stiamo facendo qualche analisi», le disse un'infermiera mentre controllava che i vari parametri fossero nella norma. «Probabilmente non sarà nulla di grave, ma preferiamo monitorarla prima di dimetterla definitivamente.»Le venne chiesto se avesse fatto regolarmente colazione e il motivo della sua presenza in ospedale. Sveva raccontò... non nascondendo una certa impazienza nel voler dar fine a quella spiacevole situazione. «Io... adesso dovrei andare da mia figlia», disse con sincerità.
«Signora, non deve preoccuparsi, la ragazzina è in buone mani. Sicuramente il suo non è un caso che dovrebbe destare preoccupazioni. A volte lo stato emotivo gioca brutti scherzi. Concluderemo gli ultimi esami per essere più tranquilli. Comunque vedrà che un po' di riposo e una sana alimentazione la rimetteranno subito in sesto.»Sveva appoggiò la testa sul lettino, finalmente più rilassata. Ricordò anche l'immagine vista prima di svenire... ma il ricordo era confuso, sfocato.
«Sa», proseguì ora la dottoressa, «c'è qualcuno lì fuori che vorrebbe vederla. È stata lei che le ha prestato soccorso. È stata qui ad attendere che si riprendesse fino a questo momento, e tutto per sincerarsi che stesse bene. Credo che sia carino farla entrare, se lei non ha nulla in contrario. Soltanto qualche minuto però, mi raccomando.»Da quella posizione scorse l'ampia veste nera, lunga fino ai piedi, poi il crocifisso che stringeva nervosamente tra le mani. Riconobbe quel viso che aveva visto prima di svenire: rubicondo e paffuto. Ne fu colpita. La pelle chiara e lucida, gli occhi tondi, la figura che sprigionava un'aura di pace e serenità. Non sapeva spiegarselo, Sveva, ma tutta quella figura emanava un effluvio di estremo candore. Poteva vederne una luce che rendeva tutta quella sagoma evanescente. Successivamente quella sensazione svanì. Che stesse per svenire di nuovo? Le toccò la mano quasi ad assicurarsi che non fosse una visione.
La voce schietta e sincera disse: «Cara, eri così pallida. Sono contenta che ti sia rimessa!»
Guardò in cielo e si fece il segno della croce. Le accarezzò la guancia con il palmo della mano. Poi continuò: «Ho sentito tutto, della tua bambina, tutto. Il Signore ci mette alla prova, ogni giorno. A volte i motivi ci sembrano oscuri e inspiegabili, ma credimi, c'è sempre un perché. Vedrai che tutto andrà bene. Ma posso fare qualcosa per te, cara?»
Sveva era stupita da tanta generosità e affetto, in fondo non conosceva quella persona ed era la prima volta che la vedeva. Ci pensò, dopo disse: «Sì, in realtà c'è qualcosa che può fare per me, andare dalla mia bambina.»
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L'incertezza di Sveva.
RomanceA volte la vita ci mette a dura prova e le persone su cui contiamo, i fondamenti della nostra esistenza, possono venire meno inaspettatamente. È quello che è accaduto a Sveva. Questa è la storia di una coppia perfetta, Sveva e Marco, di una famiglia...