25 Era soltanto l'inizio...

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25 giugno 2004

Ormai era passato più di un mese dal ricovero in ospedale e Sveva si era assolutamente ripresa. La scelta di rifiutare Marco e ogni sua visita l'aveva fatta soffrire molto, eppure non riusciva a togliersi dalla testa quell'uomo. Aveva nostalgia dei suoi occhi, del suo romanticismo, del suo sorridere alla vita; avrebbe dato qualsiasi cosa per colmare l'abisso che si era creato tra loro...
Ma cosa?
Perché Marco aveva reagito così?
Perché era stato talmente crudele con lei al ristorante?

Più volte si era arrovellata il cervello per capirne la motivazione, per scoprire un qualche passo falso o un suo sbaglio ma, scandagliando nel suo passato, nel loro passato, non aveva trovato nulla.

Proprio così: lei non aveva commesso nessun errore, ne era certa.
Perché allora tanta crudeltà?
Perché tanto livore nei suoi confronti?
Spesso quelle due immagini, di un Marco sorridente e di un uomo ferito, si sovrapponevano nella sua mente e nei suoi ricordi, lasciandole una grande amarezza.
Aveva sbagliato nel giudicarlo?
Era, forse, quell'uomo un pazzo?
La serata per festeggiare la laurea della Betta era andata benissimo e volgeva ormai al termine. Era fiera della sua amica. Nella discussione della tesi Elisabetta era stata impeccabile e lei non poteva che essere felice partecipando alla sua gioia, ma adesso che in pochi, i più intimi, si erano recati a casa sua, a San Giuliano, per l'ultimo saluto, prima di dar fine a quella bellissima giornata, si sentiva strana. Inspiegabilmente era stata colta da una profonda tristezza: avrebbe voluto che Marco fosse lì, che le spiegasse, avrebbe desiderato dimenticare quegli occhi lucidi pieni di rancore.

C'era anche Fabio alla festa: inaspettatamente era stato invitato dalla Betta. Ogni tanto le rivolgeva uno sguardo, carico di affetto, come se volesse calmarla, come se davvero capisse i suoi turbamenti. Alle volte il suo indugiare troppo su di lei le dava la sensazione che volesse dirle quasi qualcosa, ma cosa? Il giardino della Betta, di sera, era ancora più bello, più intimo. Sveva guardava le falene svolazzare attorno ai piccoli lampioni e creare, con il loro andirivieni, dei giochi di ombre e luci strane, intermittenti, mentre il bagliore si diffondeva da quelli tenue e rilassante.

L'aria, adesso, era cambiata sembrando carica di umidità. Sveva iniziava a sentirsi a disagio e ad essere insofferente. Quel vuoto si faceva opprimente. Guardò per l'ultima volta Fabio che aveva ancora fissi gli occhi su di lei, quando, a un certo punto, le rivolse uno sguardo molto imbarazzato.
Cosa stava succedendo?
Di colpo l'amico si girò, come per non disturbarla, quasi temesse di essere invadente, arretrando con il corpo e dileguandosi tra gli invitati. Fu allora che sentì cingersi dalle braccia di qualcuno...
Riconobbe il suo profumo...
Non era possibile: non poteva essere.

Il suo viso nel collo di lei.
«Scusa.»
Si voltò di scatto.
Gli occhi persi nei suoi: li riconobbe. Lo stesso sguardo caldo del giorno in cui si erano conosciuti tra i canneti. Gli stessi occhi scintillanti, color caramello, la guardavano amorevolmente. La donna cercò di tirare fuori un sorriso, ma non ne fu capace tanto era contenta e incredula. Le sue mani tremavano. Lui gliele prese stringendole a sé. Poi, affondando il suo volto tra i capelli di lei, sussurrò: «Potrai mai perdonarmi?»
E, senza neanche aspettare una risposta, la prese per mano tirandola a sé.
«Andiamo via... Vieni!»

Ricordava la sua reticenza ad andare, a lasciare la festa così, senza dare una spiegazione, e ricordò il volto di Fabio che, alzando il calice verso di lei, le fece un sorriso pieno d'amore, ma soprattutto d'approvazione. Seppe soltanto più tardi che era stato lui ad avere organizzato tutto, ad aver chiamato Marco. Non avrebbe mai dimenticato quel gesto, mai.



Adesso, seduta su quella panchina, all'ombra di un albero, guardava quello stesso lampione: erano passati dieci anni ma i ricordi erano vividi, scolpiti nella sua mente e nel cuore. Marco le mancava, come l'aria. Mentre quell'umidità - che poteva sentire solo lei - s'impossessava del suo cuore, udì Betta avvicinarsi, quasi timidamente. Non era il suo modo di comunicare, la conosceva bene, ma era come se una certa sintonia si fosse formata tra di loro. Aveva preso il posto di Fabio, Betta, riuscendo finanche ad ascoltare le urla strazianti del suo animo, quel dolore silenzioso che solo un vero amico era capace di comprendere. In silenzio le si sedette accanto, appoggiando la testa alla sua spalla

L'incertezza di Sveva.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora