14 Ineluttabile destino

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Cosa può un uomo dinanzi a un ineluttabile destino? Ma soprattutto come può continuare a vivere sapendo che forse la sua sorte toccherà anche alla dolce amata, decretando così il triste epilogo della loro storia d'amore? Avrebbe dovuto rassegnarsi Marco, beffeggiandosi del fato, facendo finta di nulla, o avrebbe dovuto raccontare l'amara verità?

Fu così che un giorno si presentò davanti a Marta, con quell'atroce verdetto tra le mani: un pezzo di carta, un miserabile foglio di carta. Come l'avrebbe presa, lei che aveva sofferto tanto dopo la scoperta della sua adozione? Quale sarebbe stata la sua reazione?

Marta aveva vissuto un'infanzia splendida, coccolata da papà Cristian e mamma Cristina. La sua adolescenza era stata segnata da allegria e spensieratezza, come tutte le ragazze della sua età. Purtroppo, soltanto dopo il compimento dei diciotto anni, aveva saputo di essere stata adottata da quelli che lei credeva essere i suoi veri genitori... e che sua mamma, la mamma naturale, sia pure per un breve lasso di tempo, l'aveva comunque amata. Magra consolazione questa! Una profonda crisi depressiva, sopraggiunta dopo il parto, l'aveva tuttavia portata a togliersi la vita. Del padre, invece, si erano perse le tracce.

Questa rivelazione, che le aveva sconvolto l'esistenza, l'aveva costretta, per un lungo periodo di tempo, a isolarsi dagli amici. Soltanto in seguito, dopo un profondo viaggio alla scoperta di se stessa, aveva deciso di dare una nuova lettura alla sua vita, come una sorta di compito: avrebbe aiutato gli altri ad avere quel sostegno che lei non aveva avuto...
Avrebbe studiato psicologia. Fu proprio in quel periodo che Marta decise, forte di quella nuova consapevolezza, di intraprendere gli studi all'estero. Così, in uno dei suoi tanti viaggi di ritorno a Parma, incontrò Marco e se ne innamorò follemente. Lui aveva rappresentato la sua salvezza in tutti quegli anni: un porto sicuro in cui approdare.

Poteva ora Marco devastare nuovamente tutta la sua esistenza? Due sole parole avrebbero potuto farlo: oligozoospermia severa. La definiscono come "possibile causa d'infertilità maschile". Se la si cerca nell'enciclopedia medica, la definizione recita: "È la condizione in cui lo sperma maschile contiene un numero di spermatozoi più basso del normale" . E ancora: "Concentrazione di spermatozoi nel seme eiaculato inferiore ai 5 milioni" .

All'apparenza solo dei banali numeri, degli insignificanti numeri. Eppure quelle cifre possono fare la differenza in una normale vita di coppia. Si aprí, Marco, disse tutto a Marta, con il cuore spezzato: come se quella potesse essere una sua colpa. Marta lo abbracciò, senza dire una parola. Gli sembrò che a essere più turbato tra i due fosse proprio lui, anzi, ebbe la sensazione che quella cosa avesse toccato solo lui: quasi come se la donna, dispiaciuta per il suo compagno, fosse nello stesso tempo sollevata da quella dichiarazione.

Forse fu solo una sua errata sensazione, in fondo ognuno di noi reagisce diversamente rispetto agli accadimenti della vita, forse fu solo una normale reazione, ma una cosa fu certa: in quel periodo si amarono intensamente, come non mai, senza inibizioni. Fecero spesso l'amore, dappertutto, in ogni momento, come se quella cosa li avesse uniti più di prima. Sembrarono finalmente ritrovare quell'armonia perduta, smorzata dalle continue trasferte di Marco. Finché arrivò quel giorno, determinante e inaspettato.

Marco sopraggiunse da un viaggio, a sorpresa; aveva le chiavi dell'appartamento di Marta. Vi entrò. Un lingua di luce si faceva spazio sul pavimento, cercando di vincere l'oscurità. Un buio e un silenzio agghiacciante avvolgevano la casa, stonando con la bellezza della giornata assolata. In terra le perline di una collana. Tutto intorno disordine e abbandono.

Una valigia più avanti ancora aperta. Gli armadi spalancati nelle camere. Pensò che Marta non ci fosse...
In cucina una lettera, scritta a metà. Le poche parole, chiare, dure: "Non posso tenerlo... Ho tentato di rassicurarmi, di trovare una ragione che mi spingesse ad amarlo, ma le paure del passato, l'idea che io possa fare a lui quello che mia madre ha fatto a me, abbandonandomi, mi tormentano. Perdonami se puoi".

Non poteva essere, non poteva succedere a lui!
Un misto di sentimenti d'amore, di gioia, di stupore e persino di terrore colpirono la sua mente. Sentiva il cuore battere, a mille. Ebbe il bisogno di prendere aria, luce. Aprì velocemente la serranda della cucina e uscì fuori, tenendosi forte al parapetto del balcone. Respirò profondamente: doveva pensare, prendere tempo, cercare Marta. Mentre era intento in questi pensieri, sentì sfiorare la sua spalla da un tocco impercettibile. Era lei, pallida, in camicia da notte. Avvertì l'impulso di abbracciarla: lo fece. Poi chiese, domandò se avesse inteso bene e quando capì che quel miracolo era ancora lì, tra loro, ne fu sollevato.

Ma questo suo sollievo, purtroppo, non durò molto. Marta era irremovibile. Non poteva continuare, lo doveva a quel bambino...
Non poteva sopportare di mettere al mondo un infelice. Allora Marco le baciò le mani, la strinse più volte a sé guardandola negli occhi. Era avvenuto un fatto straordinario. Il loro amore aveva vinto su tutto, su quelle percentuali, su quei numeri vuoti di significato. Avrebbero colmato quel bambino di attenzioni, d'amore...
Sarebbe stato il bambino più felice del mondo.
Quante cose avrebbero potuto fare insieme!

Avrebbe fatto equitazione, avrebbero fatto delle gite insieme...
Ma nulla di tutto ciò smosse l'animo di quella donna che, impassibile, rigida, lo guardava con tristezza. Non era la donna che conosceva. Ne ebbe timore...
Aveva uno sguardo vuoto. Le sue parole non la toccavano per nulla. Allora si prostrò ai suoi piedi, umiliandosi. La pregò, la supplicò e quando vide che all'ennesima sua preghiera la donna restava immobile, ferma nelle sue decisioni, si alzò di scatto dicendole che non poteva farlo, che non aveva il diritto, che lui glielo avrebbe impedito, anche a costo di ricorrere alla legge. Lei fu lapidaria:" Niente poteva il padre del concepito contro la decisione della donna di abortire".

Per l'ordinamento, la scelta ultima restava una prerogativa della donna, contro la quale a nulla sarebbe servita un opposizione del padre. La donna, unica titolare del diritto di abortire, era libera di autodeterminarsi senza che potesse essere attribuito un peso in senso contrario all'opposizione o al diritto alla paternità del padre del concepito.

La legge numero 194 del 1978, infatti, prevedeva questo. Ancora numeri. Quei numeri che gli avevano tolto la speranza di avere un figlio, adesso gli toglievano la possibilità di difenderlo, di prendersene cura, prima ancora che lui venisse al mondo. A nulla servirono le lacrime di Marta, che con tutte le sue forze cercò di trattenere Marco a sé. A nulla valsero le parole d'amore di Marta. Quello non era amore, non poteva esserlo: era puro egoismo. Lui che aveva tentato di tutto per salvare quel bambino, che aveva creduto fermamente in quel sentimento, ora si vedeva costretto a scappare, dove il cuore potesse continuare ancora a battere, ma non senza rancore.

L'incertezza di Sveva.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora