41 Fuori tempo massimo

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Betta passò tutto il tempo a rammaricarsi per il danno fatto all'amica. Aveva rotto il vetro della finestra del bagno: era imperdonabile. Gestire le emozioni, controllarle, reprimerle, era stato sempre per lei un gioco da ragazzi.

Era un'artista, una maga della recitazione e in questo aveva un talento innato. Spesso, infatti, i suoi amici della compagnia l'avevano elogiata, per riuscire appunto a portare a termine e in modo brillante delle parti in cui la rappresentazione richiedeva gioia e spensieratezza, proprio quando lei, invece, aveva la mente ingombra da altre preoccupazioni.

Ciononostante quella sera non era riuscita a contenere la sua rabbia, il suo malessere, reagendo in quel modo, con quel gesto così inconsulto. Mentre procedeva in quel lavoro di pulizia minuziosa, raccogliendo una a una le schegge di vetro che erano finite dappertutto, Lana le venne incontro curiosa.

«Ciao principessa, dormito bene?»

Incurante, il cane, dopo aver dato una sbirciatina e un'annusata a quello che stava facendo, si era adagiato per terra, sul tappeto dinanzi alla porta del bagno, con il muso tra le zampe e lo sguardo sempre vigile.

«Beata te principessa che non hai nessun problema. Altro che vita da cani! Crocchette e passeggiate. Bello vivere così, eh? Tu non fai mai nessuna scoperta, non devi nascondere nessuna verità scottante. Ma che dovrei fare? Raccontarle tutto?»

Lana la guardava perplessa. Si stese allora a pancia all'aria, assumendo una posizione buffa per la sua stazza.

Betta allora capì e le diede una bella lisciata.

«E che cosa dovresti nascondermi, oltre a rubare il cuore della mia cagnolina, sentiamo!» disse Sveva stando in piedi, con le mani conserte, guardando quella scena dalla sua altezza.
Betta, ancora china sul tappeto, si alzò, sorpresa dalla presenza dell'amica, credendola ancora in giardino a fare i suoi esercizi di stretching. A giudicare dal tono che aveva usato, non era affatto arrabbiata, anzi pareva divertita, quindi fortunatamente aveva sentito poco della strana conversazione avvenuta tra lei e la cagnetta.

«Niente», disse prontamente Betta e, altrettanto velocemente, trovando una scusa, aggiunse: «Pensavo di passare anche io da Francesca stamane. Potrei accompagnarti e magari potremmo portare anche Lana, adesso che l'hanno cambiata di reparto.»

«Bellissima idea, ma temo che per ora non sia ancora possibile. Lasciano entrare solo me e Marco e in questo devo dire che sono molto attenti.»

«Bene», fece spallucce, «vorrà dire che la zietta passerà dalla sua pupilla un'altra volta», concluse poi rattristata.

Le frullavano tante cose in testa in quel momento: doveva soltanto fare chiarezza dentro di sé.

Ma ciò che le premeva più di tutto era la salute dell'amica.

Ma Sveva era davvero ignara della sua condizione?

E se avesse frainteso tutto e si trattasse semplicemente di un banale equivoco?
La sua razionalità le diceva di chiarirsi, parlare con l'amica, il cuore e il suo istinto al contrario la costringevano a non proferire parola circa quella scoperta, non ancora almeno. Decise allora di sondare il campo, a modo suo.

Ricordando il nome della dottoressa che aveva letto in calce alla diagnosi di Sveva, le tese quello che, a seconda dei casi, poteva essere un tranello o al massimo una semplice domanda: «Oh cheriè, non sai cosa succederà quando si sveglierà la piccina? Voglio dire quando sarà più vigile e inizierà a parlare... Probabilmente verrà seguita da uno psicologo. Ieri leggevo di una tale dottoressa, Marta Sfinteri. Pare sia molto brava nel suo campo, ma non ricordo se di Parma o Bologna. Ti dice nulla?»

L'incertezza di Sveva.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora