make a few racks

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Dopo la brutta vicenda con Axel, Gustav ha deciso di trasferirsi da me. Ha detto che non si sentiva sicuro a lasciarmi sola a casa con il mio ex in giro, ma credo l'abbia presa più come una scusa per vivere insieme ed io non mi sono opposta in alcun modo. Non importa se ci eravamo ripromessi di andarci più piano, la verità è che mi piace averlo intorno e, in fondo, anche io mi sento più tranquilla se so che c'è. Inoltre, da quando è qui, non ho più sentito la necessità di farmi: Gus si è rivelato l'unico antidoto in grado di curare quella strana sensazione al petto che la sua assenza aveva causato e che mi aveva portato a cercare vie di fuga dal dolore decisamente poco salutari. Mi sembra davvero che stia ricostruendo pian piano tutto quello che all'epoca aveva distrutto.

"Baby, hai un minuto? Devo dirti una cosa". Gus si affaccia alla camera da letto dove sto ripiegando la biancheria che ho appena ritirato dalla lavanderia con un'espressione decisamente felice: ha un sorriso a trentadue denti e si vede lontano un miglio che è impaziente di rivelarmi la novità.
"Dimmi", lo esorto a parlare, mentre sto impazzendo alla ricerca di un calzino spaiato.
"Tracy mi ha trovato un lavoro", annuncia, avvicinandosi al materasso e sedendosi delicatamente sul bordo: "Ha parlato con i suoi manager e loro mi rivogliono in studio".

Io mi blocco immediatamente e lo guardo con un'espressione decisamente shoccata: "Come in studio?".
"Sì, ma non come prima", si affretta a spiegarmi: "Hanno parlato di qualcosa come un supervisore artistico o una cosa del genere".
"Gus, è fantastico!", commento entusiasta: "Quando devi andare a parlarci?"
"In verità ci sono andato stamattina mentre tu eri al lavoro. Non ti ho detto niente perchè avevo paura andasse male", mi spiega, guardandomi sorridente.
"E?"
"E' stato un incontro piuttosto veloce in realtà: Tracy ha messo una buona parola, ma comunque loro già mi conoscevano. Hanno detto che quello che avevo fatto all'epoca era avanti anni luce per i tempi e la cosa che più li aveva colpiti era stata la rapidità con cui mi ero fatto notare. Insomma, vorrebbero che mettessi a disposizione la mia mentalità e le mie idee per dare una direzione agli emergenti". Mi racconta tutto con un entusiasmo che contagia anche me: "Sarebbe una sorta di occasione per i ragazzi più giovani, poi credo che i più promettenti possano venire ingaggiati ufficialmente dall'etichetta... Non lo so in realtà, ho accettato senza pensarci troppo".
Mi congratulo con lui e gli stampo un bacio sulla tempia: "Sono davvero felice per te".
"Devo andare in studio già domani", mi rivela, alzandosi e facendo un piccolo saltello sul posto: "Cazzo, non vedo l'ora".

Parliamo per tutto il giorno di questa sua nuova avventura: è decisamente emozionato per questo lavoro e io sono felice che abbia deciso di rimettersi in carreggiata. Non so se la decisione di trovarsi un'occupazione sia stata dettata principalmente dal fatto che iniziasse ad annoiarsi a casa oppure perchè semplicemente i suoi risparmi stanno iniziando ad esaurirsi.

Mi aveva rivelato che nei quattro anni in cui è stato in giro per l'Europa, era riuscito a tirare avanti con ciò che aveva guadagnato dalla musica: il denaro gli era bastato per tutto quel tempo, sebbene non abbia di certo fatto la bella vita, sperperandolo a destra e a manca. Mi aveva raccontato che spesso dormiva in stazione o sui treni, oppure trovava ospitalità da qualche disgraziato: raramente si era concesso il lusso di prendersi una stanza in hotel. Mi aveva detto che gli piaceva così, che era quella la vera avventura: vivere male appositamente, così da avere un contatto più primitivo e viscerale con la realtà, quella vera, fatta di gente normale che spesso e volentieri non ha un cazzo.

Credo che la ragione di questa sua scelta fosse il senso di colpa: con Lil Peep ce l'aveva fatta, aveva guadagnato abbastanza per poter mantenere se stesso e le persone di cui gli importava senza sforzi, ma penso che ciò facesse sentire Gus quasi spaesato: arrivava da una famiglia con una madre single che si era sempre fatta in quattro per far quadrare i conti e non far mancare niente a nessuno, ed improvvisamente lui aveva più di quanto avesse mai immaginato. Non gli era mai importato di fare soldi, lui voleva solo fare musica, ma alla fine erano arrivati anche quelli e con essi il senso di colpa di avere più degli altri. E allora era fuggito in Europa, dove all'epoca Lil Peep era poco più di uno sconosciuto e poteva tornare a vedersi ancora come una persona normale, tagliando definitivamente i ponti con tutto ciò che poteva farlo percepire dagli altri come superiore o diverso. 

"Hai mai pensato di tornare a fare musica tu stesso?", gli domando, mentre ceniamo mangiandoci una pizza direttamente dal cartone.
"Ad essere onesto, sì", commenta addentando una fetta: "Però... non lo so, sono sicuro che se tornassi con della roba nuova, deluderei letteralmente tutti. Ci sarebbero quelli che avrebbero voluto il vecchio Peep e quelli insoddisfatti perchè si aspettavano il capolavoro del secolo, dopo avermi aspettato per quattro anni... Insomma, credo che, per un motivo o per l'altro, nessuno sarebbe contento".
"Anche quando hai fatto uscire il tuo primo album dicevi che nessuno ti avrebbe capito perchè era troppo sperimentale e cose del genere, eppure era andato bene", gli ricordo, sollevando le spalle: "Non hai mai avuto paura di esprimere quello che provavi tramite la musica e se senti ancora il bisogno di farlo, non dovresti precludertelo".
Lui mi sorride scuotendo la testa: "Troppa pressione, non fa per me. E' meglio che continui a restare dietro le quinte".


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SPAZIO AUTRICE:
capitolo più noioso e inutile del solito perchè mi serviva solo per introdurre il nuovo lavoro di Gus, capirete a breve il motivo... quindi, per farmi perdonare, i prossimi capitoli saranno un po' strappalacrime 🥲

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora