i got nothing to lose

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Guido in silenzio verso casa, Gus è seduto al posto del passeggero e guarda fuori del finestrino massaggiandosi le tempie. Nessuno dei due ha ancora aperto bocca da quanto la poliziotta gli ha tolto le manette e gli ha dato il permesso di andarsene, non prima però di aver firmato e compilato qualcosa come tremila moduli.

Ferma ad un semaforo rosso che sembra durare all'infinito, mi volto verso Gus e lo guardo mentre tiene la fronte appoggiata al vetro, è quasi rannicchiato sul sedile e muove nervosamente la gamba su e giù. Mi aspetto che inizi a parlare da un momento all'altro: in fondo dovrebbe essere lui quello con qualcosa da dire in questo momento, ma non proferisce parola. Scatta il verde e premo sull'acceleratore, mentre la radio sta passando Fly me to the moon di Sinatra, rendendo questo viaggio in auto ancora più surreale: mi sembra quasi di essere in un sogno lucido, è come se vedessi la scena dall'esterno e fossi una sorta di narratrice.

Non faccio nemmeno in tempo ad aprire la porta di casa che Gustav si fionda subito in camera da letto: so perfettamente cosa vuole fare, quindi lo seguo in stanza.
"Non hai niente da dirmi?", domando, mentre mi da le spalle. È chinato sulle ginocchia ed è intento a recuperare il suo blister di pillole dal mobiletto.

Lui mi lancia un'occhiata strana, poi si butta sul materasso e si fa cadere una pasticca di Xanax in bocca e, mettendosi comodo, risponde con estrema tranquillità: "Sí, che odio il tuo ex ragazzo".
Sbuffo avvicinandomi a lui e mi siedo sul bordo del letto: "Cazzo, sono appena venuta a prenderti in una Centrale di Polizia e questo è tutto ciò che hai da dirmi?".
"Cosa ti hanno raccontato gli sbirri?", chiede in tono tranquillo, strofinandosi il viso.
"Che hai iniziato tu la rissa e l'hai mandato in ospedale", riassumo brevemente: "Ah, e ti hanno anche trovato la cocaina addosso".

Lui fa una sorta di risatina, ma io non ci trovo proprio niente da ridere in tutta questa situazione: "Cosa c'è di tanto divertente?".
Mi guarda con un sorriso beffardo disegnato sul volto e scuote la testa: "Sono tutte stronzate. Vuoi sapere come è andata veramente?".
Annuisco facendo un sospiro: sono mentalmente esausta e non so nemmeno quanta importanza abbia sapere la verità, a questo punto. L'unica cosa che riesco a vedere è il fatto che si sia comportato da imbecille e che stia rischiato tanto per niente, ma è giusto lasciargli il beneficio del dubbio ed ascoltare la sua versione della storia.

"Stavo fumando una sigaretta sul balcone e ho riconosciuto il tuo ex che gironzolava qui sotto casa. Era palese che stesse aspettando che tornassi dal lavoro, continuava a camminare avanti e indietro fissando il fondo della strada nella speranza di vederti sbucare da un momento all'altro. Mi ha fatto girare i coglioni e così sono sceso di sotto, l'ho raggiunto e gli ho detto di andarsene, in maniera anche abbastanza pacifica. Gli ho detto che sapevo del bacio e che mi faceva pena per quanto era disperato, ma sai che cosa mi ha risposto? Che non dovevo intromettermi, che sono fatti vostri... ti rendi conto? Mi sono incazzato e l'ho colpito: lo ammetto, sono stato io ad iniziare, ma è stato lui a provocarmi. Qualcuno nel frattempo deve aver chiamato gli sbirri e mi hanno portato in Centrale; mentre lui è finito in ospedale: dicono che gli ho spaccato il setto".

Mi racconta l'episodio con fare distaccato, come se lui fosse stato un testimone dell'evento e non il protagonista. Lo ascolto senza guardarlo in faccia, mi sento parecchio delusa al momento: ha davvero importanza chi ha provocato chi? Così come Axel mesi fa era stato ingiustificabile, anche Gus lo è questa volta: non siamo fottute bestie, siamo esseri umani, e trovo davvero tossico dover risolvere le cose con la violenza.

"Ah", aggiunge: "Comunque non mi hanno trovato addosso la droga, i poliziotti hanno visto una bustina a terra mentre ci separavano e hanno assunto fosse mia, anche perché poi Axel è risultato negativo ai test antidroga mentre io no: ci hanno messo tre secondi a trarre le loro conclusioni del cazzo. Quella merda in realtà è scivolata fuori dai pantaloni del tuo ex quando l'ho colpito, è questa la verità".
"Impossibile", rispondo di getto: "Non ha mai toccato nessuna sostanza".
Lui si solleva con la schiena e si mette seduto più composto, facendo una smorfia: "Perché dovrei mentirti? E poi per quale ragione sarei dovuto scendere sotto casa per cacciarlo con qualche grammo di coca addosso? Non sono così idiota".

"Gus, sinceramente non me ne frega un cazzo, il problema non è di chi fosse la roba", mi alzo in piedi di scatto e allargo le braccia in un gesto esasperato: "Il problema è che sei stato uno stupido, sei finito nei guai per che cosa? Cosa volevi dimostrare andando giù per picchiarlo? E soprattutto per quale cazzo di motivo ti rifiuti di scendere a patti per far ritirare ad Axel quella denuncia? Vuole solo che tu gli chieda scusa".

Anche Gus si alza dal letto, barcollando: l'effetto della pillola sta già iniziando a palesarsi perché i suoi movimenti sono visibilmente rallentati. Per tutto il tempo ha tenuto un sorrisetto stampato sul viso che mi manda decisamente fuori di testa: sembra quasi che non gli importi nulla di ciò che è successo e non capisco perché si stia comportando in questo modo così sbruffone, perché proprio non è da lui.

"Non mi scuso con lui", dice con tranquillità, scuotendo la testa.
"Sei scemo?", sbotto incredula: "L'hai capito che non è uno scherzo e che se non ritira la denuncia passerai dei guai seri?".
"Bianca, si sta divertendo a prendermi per il culo: non scendo ai suoi stupidi compromessi di merda. E poi non mi importa niente, non ho cazzo da perdere".

Lo guardo stordita, non riesco proprio a capire il senso di questa assurda presa di posizione. "Questa è la vita vera, non è un cazzo di videogioco e le conseguenze si pagano care, se non si capisce quando è il caso di abbassare la testa e stare alle regole degli altri".
Faccio un passo verso di lui e mi posiziono a pochi centimetri dal suo viso, lo guardo dritto in faccia con serietà: mi sono stancata di sentire queste cazzate, dettate dalla presunzione e dall'orgoglio.
"Se per te è più facile andare davanti ad un giudice e beccarti chissà quale sanzione, piuttosto che chiedere scusa ad Axel, sei davvero un coglione".

Lui resta in silenzio per qualche secondo, come se stesse processando quanto gli ho appena detto: mi guarda con le sopracciglia leggermente aggrottate e poi fa un passo indietro, socchiudendo gli occhi.
"Stai dalla sua parte, quindi?", mi domanda.
"No", preciso: "Se insisto affinché ti scusi con Axel è proprio perché sto dalla tua. Schierarmi con te non significa necessariamente assecondarti sempre, soprattutto se dici cose senza senso e di cui potresti pentirti".

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora