you got me fucked up

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Nemmeno la pillola che mi sono appena presa riesce a calmarmi, non faccio altro che rivedere nella mia mente il momento in cui Axel mi ha baciata d'improvviso: aveva fatto un passo verso di me e mi aveva messo una mano alla base della nuca, come per evitare di farmi arretrate con la testa. Nonostante quel gesto avesse il preciso intento di non farmi fuggire via, lui non esercitava alcuna forza sul mio collo, era una presa quasi delicata. Mi aveva guardato negli occhi per una frazione di secondo e si era fiondato sulle mie labbra, in uno slancio istintivo. Io ci avevo messo qualche secondo di troppo per realizzare e rendermi conto di quello che stava succedendo, ma poi l'avevo scansato senza esitare e l'avevo ricoperto di insulti. Gli avevo urlato contro che era una testa di cazzo, che doveva starmi lontano perché era completamente impazzito e che non lo riconoscevo più.

Mi alzo dal letto e inizio a camminare per la camera con la luce spenta, mentre Gus è ancora in salotto. Non so cosa stia facendo, non si sente alcun rumore provenire dalla zona giorno; so solo che è tornato di là con fare decisamente incazzato: si è spazientito alla svelta, perché è palese che, dicendogli che fosse tutto okay, gli stessi mentendo.

Cristo, non so proprio che cazzo fare: dovrei ammettere quello che è successo con Axel, oppure sarebbe meglio inventarmi una balla per coprire quella stupidaggine? Non ne ho idea, so solo che mi serve un po' di carica per affrontare Gus, così rubo dalle sue riserve un po' di coca, in modo da contrastare almeno parzialmente gli effetti sedativi dell'ossicodone.

Apro piano la porta e zampetto con la testa bassa verso la sala. Gustav è seduto al tavolo della cucina e sta fumando un'altra canna, tenendosi la testa tra le mani. Non appena si accorge della mia presenza, solleva gli occhi su di me senza dire nulla, sbuffando fuori il fumo; al che mi avvicino e mi siedo di fronte a lui.

"Ce la fai a dirmi cosa cazzo ti prende stasera?", mi chiede, in tono piuttosto ostile.
Sento la bocca parecchio impastata e cerco di inumidirmi le labbra con la lingua: "É successa una cosa", mormoro.
Lui non risponde, mi fissa tenendo la canna accesa tra le dita e poggia il mento sul palmo della mano.
"Promettimi solo di non incazzarti".
Aggrotta le sopracciglia e socchiude impercettibilmente le palpebre: "Ne avrei motivo?".

La verità è che non lo so se avrebbe effettivamente motivo di arrabbiarsi per questa storia: forse sono solo strafatta e non riesco a vedere la situazione del tutto chiaramente, ho l'impressione di averla gestita male dall'inizio, comportandomi in modo strano anziché raccontargli subito tutto. Sono confusa, ho mischiato un po' troppo alcol e droga e forse quello che ho in testa non corrisponde alla realtà, probabilmente sto solo esagerando e Gus capirà che non è successo niente di grave, ma in questo momento mi sembra di aver fatto una cazzata dopo l'altra.

"Ho incontrato Axel al locale, ci siamo parlati e si è scusato per quello che ti ha fatto", sbotto, dopo qualche istante di silenzio. Vedo Gus sgranare gli occhi e fare una faccia decisamente sbalordita, si sta mordendo l'interno delle guance come fa sempre quando è nervoso.
"E?", domanda, schiarendosi la gola. Sa che c'è dell'altro e, a giudicare dall'ombra di terrore che percepisco nei suoi occhi, credo si stia aspettando il peggio.
Respiro profondamente, mi sento la testa scoppiare e ho un po' di nausea, ma mi faccio coraggio e lo guardo dritto in faccia: "Mi ha baciata". 

Lui resta impassibile, sul suo viso non si legge alcuna reazione. L'unica cosa che fa è serrare la mandibola, contraendone il muscolo.

"L'ho scansato subito, Gus", chiarisco immediatamente: "Ti giuro, non ci sono stata neanche per un secondo".
Lui continua a fissarmi in silenzio, non ho la minima idea di cosa gli stia passando per la testa, mi sembra di impazzire: nella stanza l'unico rumore che si sente è quello del ticchettio dell'orologio attaccato alla parete ma, nonostante ciò, a me sembra invece che il tempo si sia fermato, perché siamo entrambi immobili da non so quanti secondi.
"L'ho spintonato via all'istante", ripeto, sperando di suscitare una qualsiasi reazione.

Un po' di cenere della canna cade sul tavolo, mentre Gus si passa la lingua tra le labbra e socchiude gli occhi, reclinando la testa all'indietro con uno sbuffo. 

"Dimmi qualcosa, per favore", lo supplico, con le lacrime agli occhi: "Parlami". Mi sta salendo il panico perché mi aspettavo di tutto, tranne questa strana situazione, mi sembra quasi un limbo: non so se è incazzato con me, con Axel o se sta solo processando l'informazione.

In tutta risposta, Gus si alza di scatto dalla sedia e butta con un gesto risentito la canna nel lavandino della cucina. Sempre senza dire una parola, inizia a camminare nervosamente avanti e indietro. Credo abbia fatto almeno diecimila chilometri quando finalmente decide di arrestarsi improvvisamente: "Ti ha fatto qualcosa?", domanda, guardandomi dritto negli occhi.
Mi limito a scuotere decisa la testa, so che probabilmente la voce mi si spezzerebbe sotto al peso delle lacrime anche solo pronunciando un semplice 'no'.

"Perché cazzo non me l'hai detto subito?", mi chiede con tono fermo: "Ho pensato al peggio, cazzo". 
"Avevo paura di come potessi prenderla", mugugno con la testa bassa, nel tentativo di difendermi. 

Lui si passa una mano tra i capelli che ormai sono decisamente ricresciuti, poi, ignorando la mia risposta, aggiunge: "Che cazzo ti è saltato in mente di andare lá e parlarci? Le sue scuse può infilarsele su per il culo dopo quel che ha fatto".

Mi sto sforzando al massimo di restare il più calma possibile, ma non è facile: mi fa male la testa, mi viene da vomitare e mi sembra di non capire un cazzo di quello che sta provando Gus in questo momento. Proprio non riesco a decifrare il suo comportamento, la sua calma apparente mi sta mandando ai matti perché non so se è deluso, arrabbiato, ferito oppure tutte e tre le cose insieme.

"Con chi ce l'hai?" gli domando con un filo di voce, spaventata dalla risposta che potrebbe darmi: "Con me o con Axel?",
Gus scuote la testa: "Non lo so", dice, dirigendosi verso l'ingresso. Afferra quindi un paio di scarpe e se le infila con un gesto rapido: "Ho bisogno di farmi un giro adesso".

Prima che possa aprire la porta e andarsene, mi avvicino con uno scatto a lui: "Ti ho detto che io non c'entro niente, è stato Axel a baciarmi", ripeto con decisione, guardandolo dritto negli occhi e afferrandolo per un braccio: "Non ho fatto un cazzo, Gus, non puoi avercela con me per questo. Era ciò di cui avevo paura, era esattamente il motivo per cui non ho parlato subito e ho agito da idiota per tutto il tempo, cazzo. Non puoi dirmi che allora avevo ragione a comportarmi in modo strano, pur di non raccontartelo. Porca puttana, dimmi solo che non ce l'hai con me".

"Sei strafatta, vedi di idratarti e mangiare qualcosa per riprenderti", constata con un tono distaccato, ignorando totalmente quanto ho appena detto per cercare di difendermi: "Posso uscire e farmi un giro in questa città di merda, per favore?".

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora