lie me down in bed, got my side bitch cryin'

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Sono decisamente disorientata in questo momento. Non capisco se devo preoccuparmi oppure se Elizabeth mi stia facendo uno scherzo di cattivo gusto; ma a giudicare da come si comporta, direi che la seconda ipotesi è da scartare.

"Che ti ha detto Tracy?", le chiedo, avvicinandomi e guardandola dritta negli occhi, ma lei fa di tutto per eludere il mio sguardo.
"Bi, davvero non sai niente?".
"Che cazzo dovrei sapere?", le domando esasperata: "Vuoi dirmelo o cosa?".
Lei continua ad evitarmi, si morde il labbro in evidente imbarazzo: "Senti, credo dovresti richiamarlo e parlare direttamente con lui".
Scuoto la testa e tengo gli occhi puntati su di lei: "Dimmi almeno se devo preoccuparmi!".
"Ascolta, torna a casa e chiedi a lui", mi risponde in tono sbrigativo: "Non voglio mettermi in mezzo".
"Cazzo, ma stai scherzando? Sei la mia migliore amica". Alzo la voce mentre prendo il telefono e richiamo Gus.

Stranamente, lui mi risponde dopo pochi squilli: "Hey baby, dove sei?"
"Sono da Beth", dico in tono un po' alterato: "Tu dove sei?"
"A casa", replica con naturalezza: "Ti aspetto per cena?"
"Non lo so", gli rispondo. Ma, mentre parlo, tengo gli occhi fissi sulla mia amica che tenta di fare la vaga: "Torno tra poco, fai quello che ti pare, Gus".
Gli attacco la chiamata in faccia con decisamente troppa collera, credo che a questo punto si stia chiedendo confuso cosa abbia fatto per meritarsi tanta acidità.

Fulmino Beth con lo sguardo e, senza quasi salutarla, me ne vado: mi fa incazzare il fatto che si rifiuti di dirmi ciò che sa, perchè diavolo deve lanciare il sasso e poi nascondere la mano? Sento che cerca di fermarmi, riesco a sentire qualche scusa, ma ormai sono già fuori dal suo cancellino che cammino come una pazza verso casa. Spero almeno che la mezz'ora di passeggiata che mi aspetta mi aiuti a darmi una calmata.

Raggiungo finalmente il mio appartamento, nonostante a metà strada abbia ricominciato a piovere.
"Hey, sei tornata". Gus mi accoglie con tranquillità, ma credo sappia che stia per succedere qualcosa: "Ti ho aspettato per cenare, non ho ancora ordinato nulla. Pensavo all'indiano, ti va?".
Lo fulmino con lo sguardo mentre mi tolgo i vestiti inzuppati di pioggia: "Fai quello che vuoi, come sempre".

"Baby, mi dici quello che sta succedendo o vuoi fare così tutta la sera?".
"Sei tu che devi dirmi cosa stai combinando", lo incalzo mentre, nella camera da letto, indosso alla svelta una t-shirt oversize e mi raccolgo i capelli umidi in una coda alta.
Lui mi guarda decisamente confuso: "Che stai dicendo?".

"Quante sere hai cenato con me, questo mese? Quante volte siamo andati a dormire insieme, eh? Aiutami tu a fare i calcoli perchè io faccio un po' di fatica, soprattutto con i numeri bassi".
Gus tiene le sopracciglia aggrottate e mi guarda con un'aria abbastanza perplessa: "Bianca, è questo il motivo per cui sei incazzata? Sto lavorando, cosa posso farci?".
"Niente, non devi fare niente", gli rispondo, sospirando e incrociando le braccia al petto.
Lui mi si avvicina, mostrandosi comunque comprensivo e cercando di tranquillizzarmi: "Baby, è lavoro. Non ti devi preoccupare".

Le parole di Beth però mi frullano nel cervello, non riesco a darmi pace. Mi ha instillato un dubbio e ora non riesco a fare finta di nulla: "Cosa fai in studio tutto quel tempo?".
Lui sgrana gli occhi: "Che cazzo di problemi hai? Ci lavoro!". Non mi sembra arrabbiato, piuttosto scocciato. 
"Cazzo, devono pagarti tipo dieci miliardi di dollari al mese per lavorare venti ore al giorno. Sei un vero stakanovista, eh?".
Gus mi guarda incredulo: "Non fare l'ironica, parla chiaro".

"Cosa fate tu e Tracy?", ripeto con il cuore in gola: "Dimmelo, so che succede qualcosa in quello studio del cazzo, perchè non è normale che ci passi tanto tempo per lavorare a musica che non è nemmeno tua".
Lui scuote la testa e si passa una mano sulla barba lunga. Si zittisce per qualche secondo guardando fuori dalla finestra, poi mi domanda semplicemente: "Che cosa sai?".
"Dimmelo tu", ribatto. Mentre io resto in piedi con le braccia incrociate al petto, Gus si siede sul bordo del letto, con un sospiro e la testa bassa.
"Okay, però promettimi di non incazzarti". Mi guarda dritto negli occhi con uno sguardo che mi perfora il cuore, al che mi limito ad annuire preoccupata. 

"Ti ho mentito", sbotta dopo qualche secondo di silenzio: "Ti avevo detto che avevo smesso con la droga e il resto, che ero sobrio da un po', ma non è del tutto vero. Non sono riuscito a restare pulito".
"Gus...". La rabbia che avevo prima si annulla del tutto, lo raggiungo e mi inginocchio davanti a lui, prendendogli il viso tra le mani e accarezzandogli le guance con i polpastrelli: "Baby, perchè non me l'hai detto subito?".
Lui scuote la testa, tenendo lo sguardo sulle sue stesse mani: "La sera in cui ci siamo rivisti e siamo stati a Santa Monica tu mi hai raccontato della tua vita, di come eri andata avanti, del tuo nuovo lavoro, della tua relazione e di tutto quello che sei riuscita ad ottenere in questi anni... Non lo so, ho avuto paura di dirti la verità perchè mi sentivo un fallito, in quattro anni non ho combinato un cazzo e non sono riuscito nemmeno a restare sobrio. Come facevo a dirtelo? Volevo solo che avessi un'idea positiva di me, volevo che pensassi che l'esperienza per la quale ti ho mollato mi avesse fatto crescere e migliorare, non che mi avesse fatto restare lo stesso stupido casino di sempre. E poi Axel... come potevo competere con uno come lui, se ti avessi detto la verità?".

Ogni parola mi sembra una pugnalata dritta al cuore, ma non tanto per quello che mi sta dicendo, ma più che altro per il modo in cui lo sta facendo. Riesco a sentire la sua voce tremare sotto al peso delle lacrime che stanno annebbiando il suo sguardo ed è impossibile non vedere quanto si stia sentendo in colpa in questo momento. Si asciuga una lacrima con il dorso della mano, al che mi siedo di fianco a lui sul materasso. Gli cingo le spalle con il braccio, facendo una leggera pressione in modo che si appoggi con il busto a me. Inizio ad accarezzarlo con dolcezza senza dire niente, mentre lui lascia cadere lentamente il capo sulle mie gambe e continua a piangere sommessamente, senza fare rumore.

"Tornare a lavorare in studio è stato il modo migliore per nascondertelo: mi facevo di qualcosa e rimanevo lì finché non mi passava la botta, poi tornavo a casa sperando non mi facessi troppe domande". Tira su con il naso, poi aggiunge: "Te lo giuro, Bianca, mi dispiace. Mi dispiace tanto averti mentito su questa cosa".

Continuo a coccolarlo con delicatezza, lo tengo stretto a me, quasi cullandolo, e spero solo che non si accorga che sto piangendo anche io, insieme a lui.
Non sono arrabbiata che mi abbia mentito sulla sobrietà o sulla natura delle ore passate in studio. In questo momento sento solamente una morsa al cuore, perché penso a ciò che deve avere provato quella notte a Santa Monica per sentirsi in dovere di nascondermi la verità; e soprattutto a come deve essersi sentito di merda nel dover continuare a portare avanti questa bugia. Mi sento parzialmente in colpa per come l'ho involontariamente fatto sentire per tutto questo tempo: certo, non potevo certo immaginarmelo, ma mi fa stare male il pensiero che abbia avuto la necessità di fingere solamente per sentirsi in un certo senso alla mia altezza, come se lui non fosse abbastanza.

"Non fa niente, Gus", bisbiglio con la voce che mi trema: "E' tutto apposto, devi stare tranquillo, okay?"

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora