ask my pops? i don't even fucking know him

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Gus mi ha salutato con un bacio a stampo ed è sgusciato fuori casa di corsa, saltellando allegro al pensiero di chiudersi in studio tutto il giorno a fare musica. Un timido sole filtra dalle finestre del salotto, creando un fascio di luce che colpisce direttamente una fotografia appesa alla parete e facendo così risplendere la cornice argentata.

Sono stata talmente in paranoia che non ho chiuso occhio, non ho fatto altro che rigirarmi nel letto facendo calcoli mentali, che però hanno alimentato ancora di più le mie ansie. Ho controllato almeno trenta volta l'app che uso per monitorare il mio ciclo, sperando ogni volta di aver letto male: ma la verità è che ho un ritardo di quasi due settimane e io nemmeno ci avevo fatto caso. In realtà non sono mai stata particolarmente regolare, però quattordici giorni sono tanti e l'immagine che Gus ha dipinto ieri pomeriggio, con quel discorso sul futuro, mi ha praticamente fatto salire il panico. E se quel futuro non fosse così lontano come credevo?

Cammino avanti e indietro per l'appartamento con la testa tra le mani: ora che sono sola posso dare libero sfogo alla mia agitazione. Con Gus in casa ho cercato di comportarmi come se niente fosse, non volevo assolutamente farlo preoccupare: magari non è nulla e forse è solo lo stress che mi sta giocando un brutto scherzo, anche perchè siamo sempre stati attenti... sì, insomma, quasi sempre.

Ripercorro mentalmente l'ultimo mese, cercando di ricordare tutte le volte che siamo stati insieme; ma è davvero difficile fare mente locale per rintracciare il momento in cui saremmo stati, almeno in teoria, sufficientemente stupidi da creare un pericolo concreto.

So che è inutile continuare a farmi queste paranoie, non ha minimamente senso restare qui a farmi logorare dai dubbi, quindi mi faccio coraggio ed esco di casa per andare nella farmacia più vicina. Entro con la testa bassa e mi guardo attorno facendo la vaga, aspettando che tutti gli altri clienti escano. Non so perchè lo sto facendo, non c'è alcuna vergogna a chiedere un test di gravidanza al farmacista, eppure in questo momento mi sarebbe più semplice urlare a gran voce davanti a tutti che ciò di cui ho bisogno è una crema per le emorroidi. Sfortunatamente però il mio sedere sta più che bene, quindi mi avvicino di soppiatto al bancone e, tenendo gli occhi bassi, chiedo alla ragazza con il camice bianco ciò per cui sono venuta.

"Quale preferisci?", mi domanda la farmacista, con un sorriso gentile.
"Non lo so, me ne serve uno e basta", borbotto a voce bassa.
Sento il suo sguardo addosso e, anche se so che non mi sta giudicando, vorrei solo essere invisibile in questo istante. Capendo il mio stato d'animo, mi fa delle domande più specifiche per cercare di consigliarmi il test più adatto: nemmeno sapevo ne esistessero di diversi tipi, ma, a quanto pare, in base ai giorni di ritardo ce ne sono alcuni più indicati di altri.

Pago e mi infilo il bottino nella felpa, quanto cazzo sono costosi quei cosi? Sono solo dei bastoncini su cui pisciarci sopra, perché diavolo devono costare venti dollari l'uno?

Rientro in casa con le mani che mi tremano e mi sfilo la confezione dalla tasca. Me la rigiro tra le mani senza il coraggio di aprirla, non ho nemmeno la forza di leggere le istruzioni per capire di preciso cosa fare. Più guardo quella scatolina in cartone fucsia, più sento l'ansia stringermi la gola: è come se ci fosse una persona in carne ed ossa che mi sta premendo le mani contro l'epiglottide, facendomi mancare l'aria.

Guardo le sigarette di Gus dimenticate sul tavolo della cucina e ne sfilo una.
"Fanculo", bisbiglio tra me e me: "In ogni caso ho fatto di peggio questo mese".
Esco sul balcone a fumare per scaricare un po' di tensione e tengo gli occhi chiusi per tutto il tempo. La mia mente viene letteralmente assediata da una moltitudine di pensieri che mi perseguitano.

Non ho mai negato che mi sarebbe piaciuto diventare madre un giorno, ma un figlio adesso? Non credo di esserne pronta, mi reputo ancora una ragazzina e la mia vita è totalmente sregolata al momento, non sono affatto sicura di voler stravolgere le mie abitudini o di fare delle rinunce. Alla mia età, i miei genitori avevano già comprato casa, erano già sposati e stavano già pensando di darmi un fratellino (che poi però non è mai arrivato): ma quelli erano altri tempi. Io non sono affatto sulla stessa frequenza, cazzo no, io non voglio ancora diventare adulta. Mi sembra di non aver ancora combinato niente, di dover fare ancora un milione di esperienze prima di sistemarmi definitivamente. Prendermi cura di qualcuno per il resto della mia vita è sicuramente un'idea che mi piace, solo... non adesso. Non è ancora il momento.

Espiro il fumo e lo guardo dissolversi nell'aria mentre penso a Gus. Come cazzo faccio a dirglielo? Quand'è il momento giusto? Dovrei farglielo sapere prima di fare il test o dovrei solo comunicargli il risultato? E lui come la prenderebbe? Sarebbe felice se fosse positivo o preferirebbe un esito negativo?

Immagino che neanche per lui questo sia esattamente il momento adatto: ha tanto a cui pensare, ma credo che prenderebbe bene un'eventuale notizia di gravidanza. Lo so che anche lui un giorno vorrebbe dei figli, perchè so quanto è forte in lui l'esigenza di dimostrarsi migliore di suo padre. Ci ha sofferto tanto e si porta dietro ancora tanti strascichi del disastroso rapporto che avevano. Mi ha parlato davvero poco di suo padre e io non ho mai insistito, è sempre stato palese che non fosse un argomento gradito. Per quanto mi riguarda, quell'uomo è sempre stato più che altro un'ombra, una sorta di fantasma nella vita di Gus, che però è ancora in grado di condizionarlo: anche le assenze hanno una loro influenza.

Per farmi capire che tipo di persona fosse, una volta Peep mi aveva raccontato che, quando aveva circa undici anni, mentre erano in auto, suo padre aveva iniziato a parlare in tutta tranquillità al telefono con la propria amante: come se niente fosse, come se Gus non fosse lì presente ad ascoltare tutto quanto. Mi aveva detto che in quel momento si era sentito talmente ignorato e sottostimato, che aveva persino smesso di sentirsi una personale in carne ed ossa. Penso che la maggior parte dei suoi problemi vengano da lì: dal fatto di non essersi mai sentito apprezzato né amato da suo padre, dall'essere sempre stato trattato da lui come una nullità. Questa convinzione si è purtroppo radicata fin troppo in lui, a distanza di più di dieci anni ancora non è del tutto consapevole di essere letteralmente tutto per qualcuno e continua ad adottare comportamenti autodistruttivi, come se la sua vita non contasse poi granché.

Proprio perchè ha passato tre quarti della sua vita a sentirsi di merda per uno stronzo del genere, sono più che certa che lui sarebbe un padre migliore di quello che è toccato a lui. So che il suo unico obiettivo sarebbe quello di assicurarsi di non far mai provare ai suoi figli nemmeno un decimo di quello che ha attraversato lui: ha provato sulla propria pelle quanto le parole o i comportamenti di un genitore possano ferire, quindi so che sarebbe la persona più attenta del mondo a non lasciare neanche una minuscola cicatrice.

La consapevolezza che Gustav sarebbe un ottimo padre da un certo punto di vista mi tranquillizza e mette a tacere alcuni pensieri fin troppo intrusivi. In questo momento sono tanto ansiosa quanto confusa, ma l'unica cosa di cui sono certa è che voglio che Gus sia qui con me quando scoprirò l'esito del test. Non voglio farlo da sola, qualunque sia la risposta, desidero riceverla insieme a lui.

Prendo il telefono e digito alla svelta un messaggio:

- Appena finisci in studio, puoi tornare a casa? Non c'è fretta ma devo parlarti, è importante

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora