oh, i loved you, i did

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Mi sveglio nel tardo pomeriggio sul divano di Elizabeth, mentre lei sta guardando un film in tv. Decido di restare da lei ancora per un po': mi faccio una doccia veloce e mi rimetto lo stesso vestito che avevo tenuto addosso tutta la notte, poi mi decido a levare il disturbo e tornarmene finalmente a casa mia. Da un lato sono contenta che Axel sia già tornato al suo loft con i suoi coinquilini, non avrei saputo cosa dirgli onestamente; ma d'altra parte trovo parecchio codardo da parte sua andarsene nonostante ci siano cose che dobbiamo chiarire. 

Mentre guido per le strade trafficate di L.A., la musica alla radio viene sovrastata dalla suoneria di un cellulare che non è il mio. Accosto appena posso e inizio a guardarmi intorno, finché mi accorgo immediatamente che proviene dalla zona del passeggero: mi sporgo in quella direzione e noto che c'è un telefono incastrato tra il sedile e la portiera, così lo estraggo con due dita e non ci metto molto a realizzare che quello è l'iPhone di Gus. Deve averlo perso questa mattina, quando gli ho dato uno strappo in macchina fino a casa, oppure mentre stavamo andando a Santa Monica. Sul display ci sono almeno cinquanta notifiche non lette, si tratta soprattutto chiamate perse fatte nelle ultime ore dal numero salvato in rubrica semplicemente come "Tracy 👨🏾‍🤝‍👨🏼".

Vorrei richiamare quel numero, ma non posso farlo visto che il telefono è bloccato da un pin che ovviamente non conosco, così mi dirigo a casa di Tracy per restituirlo. Mi perdo un paio di volte, ho una memoria incredibilmente oscena quando si tratta di strade: nonostante l'abbia fatta poche ore fa, ho già dimenticato dove svoltare.

Una volta giunta a destinazione, parcheggio la mia auto al bordo della strada e mi attacco al citofono: riconosco immediatamente la voce di Tracy che, dopo essermi palesata, mi fa entrare con particolare entusiasmo.
"Ho trovato l'iPhone di Gus, l'ha perso sulla mia auto. Sono venuta a restituirglielo", spiego, sventolando il telefono in aria prima che possa pensare chissà cosa.
Lui scoppia a ridere mentre esce sulla veranda: "Cazzo, Peep adesso è uscito".
"Non fa nulla, ho solo riportato...", provo ad oppormi, ma non faccio nemmeno in tempo a finire la frase che Tracy mi sta già facendo entrare in casa sua.
"Aspettalo pure sul divano, è andato a prendere le pizze. Dovrebbe tornare tra poco".

Lui si accomoda sul sofà accanto a me, accedendosi una sigaretta: "Senti, ne approfitto per chiederti una cosa: la tua amica ha un ragazzo?".
Resto decisamente spiazzata dalla domanda e scoppio a ridere: "Chi, Elizabeth?".
"Sì, ieri c'ho provato tutta sera con lei, ma mi sono beccato un bel palo", ammette, sollevando le spalle.
"Beth è single, ma non so se potresti essere il suo tipo", lo prendo in giro e, nel mentre, si sente che qualcuno sta cercando di inserire le chiavi da fuori per aprire la serratura. 

Si distinguono chiaramente diverse imprecazioni che si concludono con un sonoro: "Porca puttana, Tracy, vieni a darmi una mano!".
Il ragazzo si alza divertito e spalanca la porta al suo amico, che stringe tra le labbra una sigaretta e tiene in bilico con una mano due cartoni contenenti le pizze. Quando Gus si accorge della mia presenza sul suo divano, l'espressione sul suo viso cambia drasticamente: sembra decisamente incredulo di vedermi a casa sua.

"Ti ho riportato il cellulare, deve esserti scivolato dalla tasca mentre eravamo in auto", gli spiego, sollevando davanti al viso il suo vecchio iPhone mezzo distrutto.
Lui scoppia a ridere, rifilando le pizze in mano a Tracy che le porta in cucina sbuffando, poi si avvicina a me con un sorriso enorme sul volto: "Grazie, cazzo! Credevo fosse sepolto sotto la sabbia, non credevo l'avessi tu".
Lo riprende e, senza degnarlo di troppa attenzione, lo infila distrattamente nella tasca degli stessi jeans neri di ieri sera.

"Vuoi fermarti a cena?", mi domanda poi, con naturalezza.
"No, voi avete già preso le pizze. Non voglio disturbare, ragazzi". Faccio per alzarmi dal divano e avviarmi verso la porta, quando sento la voce di Tracy provenire dalla cucina.
"Cazzo, mi ha appena scritto Ned", esordisce il ragazzo, facendo capolino nel salotto in cui mi trovo insieme al mio ex: "Devo proprio raggiungerlo, vi dispiace se vi lascio soli?", dice con un ghigno furbo, scoppiando a ridere e facendo l'occhiolino, per poi uscire nel giro di pochi secondi dalla porta d'ingresso.

E' successo tutto così rapidamente che non ho avuto la prontezza di dire niente, se non un timido "ciao". Io e Gus ci scambiamo uno sguardo divertito e ci mettiamo a ridere: "Ha davvero fatto finta di avere un impegno proprio adesso?", mormoro, incredula e decisamente imbarazzata.
"Giuro che non ne sapevo niente", si discolpa lui, sollevando le mani come per proclamarsi innocente e poi si mette a ridere pure lui: "Va be', mangiamo?".

Annuisco e lo seguo in cucina, ci sistemiamo al tavolo e Peep mi offre una birra, mente sbircio il che tipo di pizze hanno ordinato, sollevando leggermente il cartone.
"Cazzo, non ci credo", sbotto, con un'espressione fintamente arrabbiata: "Ne hai davvero preso una all'ananas? La parte italiana che c'è in me, ha appena avuto un collasso a causa tua. Sentiti responsabile".
Gus cerca di addossare la colpa a Tracy ridendo: "È la sua preferita, non guardare me".

Finiamo di mangiare e poi ci accomodiamo sul divano, dove continuiamo a chiacchierare: riprendiamo da dove ci eravamo interrotti questa mattina sulla spiaggia.

"Non mi hai detto cosa hai fatto in questi quattro anni", gli faccio presente, ad un certo punto.
"Sono stato in Europa", mi dice con un sorriso. Inizia così a raccontarmi di tutti i Paesi esteri in cui ha vissuto e di tutti i tizi strambi che ha incontrato lungo la strada, descrivendomi i particolari dei sobborghi di alcune città a cui si era particolarmente affezionato, specialmente Vienna, Amsterdam e Madrid.

Io resto ad ascoltarlo affascinata per almeno mezz'ora, poi si interrompe quasi improvvisamente e, dopo qualche secondo di silenzio, si volta verso di me con un'espressione furba disegnata sul viso.
"Che c'è? Perché mi guardi così?", chiedo. 
"Il tuo vestito mi dice che non sei ancora tornata a casa tua, oggi".
Lo guardo confusa: "Quindi?"
Lui solleva le sopracciglia come se fosse del tutto ovvio: "Quindi avevo ragione, sei diventata una ragazzaccia in questi anni", mi prende in giro: "Immagino che il tuo fidanzato non sia entusiasta che tu abbia passato la notte fuori". 
Sollevo gli occhi al cielo, mentre realizzo che mi tange ben poco il fatto che Axel sia incazzato con me in questo momento.

"Avete tipo una relazione aperta?", mi incalza divertito, prima che possa rispondere alla domanda precedente.
"No, che cazzo dici!", mi difendo, ma non so nemmeno io per quale ragione mi stupisca ogni santa volta della sua irriverenza.
"Beh, che resti tra noi", sibila poi, a bassa voce e allungando il busto nella mia direzione, come se mi stesse rivelando un segreto: "Ma, secondo me, se non si fa due domande su dove sei stata per ventiquattr'ore, è un po' scemo".
Scoppiamo entrambi a ridere: "Le domande se le fa, sono io che non voglio rispondergli. Ma questo non significa che sia una stronza: non ho mai fatto niente di male".
"Ma sei qui con me adesso", afferma con un ghigno, riappoggiando la schiena sui cuscini del divano.
"Non l'ho mai tradito", ribadisco, cercando allo stesso tempo di girare attorno alla sua constatazione: "Io non ho mai tradito nessuno".

Gus appare colpito dalla mia precisazione finale, credo non si aspettasse di sentirselo dire.
"È una frecciatina?", mi chiede divertito.
"Forse", faccio la vaga, sollevando le spalle e guardarmi intorno. In verità sì, eccome se era una frecciatina. 
"Beh, a mia discolpa posso dire che ero un ragazzino di vent'anni, sempre strafatto e circondato tutte le sere da un sacco di belle ragazze che ci provavano con me, era difficile resistere", cerca di mantenere un'espressione divertita sul viso, ma i suoi occhi sono sfuggenti, evita di guardami e muove la gamba nervosamente.

"Ti ho fatto vivere all'inferno, praticamente, eh?", mi dice poi, rendendomi subito chiaro il perché di quel suo comportamento un po' strano: "Come cazzo hai fatto a sopportare tutti i casini che combinavo? Sono stato un fidanzato terribile".
È divertente il fatto che abbia fatto questo stesso identico discorso con Beth, prima.
"No, non è vero. Non sarei rimasta con te per un anno, Gus". Lo guardo con gli occhi dolci e cerco di rassicurarlo in qualche modo, anche se non so quanto sia importante a questo punto: "È più semplice ricordarsi degli errori, piuttosto che dei momenti belli".
"Tu dici?".

"Avevi i tuoi problemi e io lo sapevo dall'inizio. Non ho mai avuto la pretesa di salvarti da tutti i tuoi casini, volevo solo stare con te perché...", mi fermo per un secondo: "perché ti amavo un sacco".
Lui mi sorride con dolcezza e si passa una mano sulla testa rasata: "Alla luce di tutto quello che ti ho fatto forse ti sembrerà una cazzata, ma giuro che anche io ero innamorato di te. Da morire".

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora