tryna stay clean

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È mattina presto e sono ore che siamo seduti a chiacchierare del più e del meno: ad ogni parola e ad ogni risata, mi rendo conto che la sintonia è rimasta immutata tra noi, nonostante tutto.

Resto rapita dai suoi racconti: è sempre stato una persona piuttosto profonda e affatto scontata, ma credo che questo periodo l'abbia fatto crescere. È sicuramente maturato, alcune sue idee si sono ammorbidite e mi sembra di non scorgere più quell'inquietudine che prima lo accompagnava sempre: è ovviamente cambiato, ma sotto sotto riesco sempre a vedere la stessa persona di una volta.

"Ti sei rimesso in sesto, quindi? Ricordo che stavi attraversando un brutto periodo prima di andartene", gli chiedo. Ho paura di essere troppo invadente, ma cerco di porgli la domanda con tutta la delicatezza possibile. In realtà la sua salute è un argomento delicato anche per me: ricordo ancora alla perfezione il sentimento di impotenza che mi si era cucito addosso all'epoca della sua overdose: mi ero colpevolizzata fino allo sfinimento e continuavo a ripetermi che, se non l'avessi lasciato solo, non sarebbe mai successo. Mi ero rifiutata di abbandonarlo, non mi ero mai schiodata dall'ospedale per tutto il tempo del suo ricovero e, anche dopo essere tornato a casa, facevo i salti mortali per essere sempre presente.

"Sì, ero messo male", conferma, mentre tiene gli occhi fissi sul mare con fare piuttosto pensieroso.
"Sei... alla fine, sei riuscito a stare lontano dalle droghe e dal resto?", domando, con particolare cautela.
"Sono sobrio da un po'. Cioè, a parte le canne, ho smesso con la roba pesante di un tempo", ammette lui, decisamente fiero di se stesso: "Non ho mai più toccato niente. Sono pulito".

Sul mio viso si disegna in automatico un sorriso enorme: "Non immagini quanto sia felice per te. Ricordo bene le tue abitudini dell'epoca, è un bel traguardo".
"La parte più facile è stato smettere con lo Xanax", mi confida, spostando lo sguardo su di me.
"Dici sul serio? Credevo fosse tipo il tuo punto debole".
"Beh, la mia memoria era già abbastanza fottuta e non volevo rischiare di dimenticarmi altri particolari della mia vecchia vita". Pronuncia quest'ultima frase sottolineando le parole con un diverso tono di voce, come se volesse insinuare qualcosa, tra le righe. Me ne rendo immediatamente conto, ma non voglio fargli altre domande a riguardo e distolgo lo sguardo con fare elusivo.

Inaspettatamente, Gus cerca di riprendere in qualche modo il discorso sulle droghe: "Invece prima ho notato che dalla borsa ti è caduta..."
Non gli lascio finire la frase, lo interrompo per cercare di giustificarmi: "Solo alle feste, niente di serio. Riesco a controllarmi bene".

Stiamo parlando da ore, sto morendo di sonno, ma allo stesso tempo non ho la minima voglia di tornare a casa né di guardare il cellulare perché questo significherebbe tornare alla realtà e proprio non mi va: mi sembra di essere in una bolla tutta nostra, che ci tiene lontani da tutti e da tutto quel che ci circonda.

Nel silenzio del mattino, mi perdo a fissare i tatuaggi che gli ricoprono le braccia: ne traccio i contorni colorati con lo sguardo, reprimendo la tentazione di fare la stessa cosa ma con la punta dell'indice. Ammetto che è sempre stato uno dei miei punti deboli: quando stavamo insieme, avevo passato un'infinità di tempo a ripercorrere con il dito le linee d'inchiostro, spesso malfatte, sulla sua pelle: non so perché, ma ne ero quasi ossessionata.

"Perché non mi hai mai chiamato?", esordisco d'impeto, quasi improvvisamente. È la domanda che più mi ha tormentato in questi anni e mi sembra incredibile avere la possibilità di porgliela, per questo mi esce dalla bocca con uno slancio impetuoso.
Lui ne appare colpito, ma credo che comunque se l'aspettasse. Si zittisce per qualche secondo, sembra stia cercando le parole giuste: "Ci ho pensato tante volte in realtà, ma non volevo interferire con la tua vita. Non lo so, credevo mi odiassi, magari non volevi nemmeno sentirmi".
Lo ascolto con attenzione, non riesco a fare a meno di continuare a guardare il suo viso di profilo, mentre lui tiene gli occhi fissi sul mare. Per un attimo ho l'illusione che tutto sia rimasto come allora, che il tempo sia rimasto cristallizzato a quattro anni fa.

"Ti ho odiato tanto", ammetto, sollevando le spalle: "Però mi avrebbe comunque fatto piacere sapere che eri ancora vivo: anche se sono andata avanti con la mia vita, una piccola parte di me non ha mai smesso di essere preoccupata per te".
Lui continua a giocare con la sabbia, fa delle piccole montagnole per poi distruggerle passandoci sopra la mano: "Ti ho già detto che mi dispiace?".
"Almeno un milione di volte", lo rassicuro: "Anche se hai fatto degli errori, siamo entrambi andati avanti, siamo due persone diverse rispetto a quelle che eravamo anni fa. Va bene così, è tutto passato ormai".

Poi, all'improvviso, lui fa un gesto decisamente inaspettato: poggia la sua mano sulla mia ed inizia ad accarezzarmi il dorso con i polpastrelli. A questo contatto sussulto leggermente, ma spero che non se ne sia accorto. Resto immobile e chiudo gli occhi, senza oppormi in alcun modo al suo tocco morbido e delicato.

Restiamo zitti per un po': se all'inizio della serata era chiaro che il silenzio fosse accompagnato da tonnellate di imbarazzo, adesso sembra essere sparita qualsiasi traccia di disagio.

"Comunque, posso dirti la verità?", esordisco. 
Gus mi guarda aggrottando le sopracciglia, con un'espressione curiosa ma divertita: "Dimmi, sono tutt'orecchi".
"Sapevo che saresti stato al Viper, ci sono venuta di proposito".
Sono stata indecisa per tutto il tempo se rivelargli questo particolare oppure no, ma sull'onda della completa sincerità della nostra conversazione, mi sono sentita di dirglielo.
"Cioè? Come facevi a sapere che...?", balbetta confuso, così gli racconto della settimana precedente, di quando avevo visto Tracy e che mi aveva raccontato tutto, invitandomi poi al locale.

Peep mi guarda cercando di mantenere un'espressione seria, ma fallisce miseramente scoppiando a ridere: "Ok, capisco. Quindi, in poche parole, volevi vedermi".
Leggermente in imbarazzo, cerco di spiegarmi meglio, ma devo sembrare particolarmente impacciata perchè sembra stia negando l'evidenza: "Che dici! Volevo solo parlarti!".

"Sei diventata proprio una ribelle, chi l'avrebbe mai detto?", commenta, decisamente divertito.
"Ribelle? E perché?".
"Beh, tanto per cominciare hai architettato un piano malefico con Tracy solo per rivedere il sottoscritto, sei fuggita da un bar senza dire niente a nessuno, hai mollato la tua migliore amica con i miei amici che lei nemmeno conosce, hai guidato fino a Santa Monica in botta da coca, stai parlando in spiaggia con il tuo ex che credevi scomparso nel nulla da tutta la notte, sono quasi le sette del mattino e non hai mai sentito il tuo ragazzo al telefono. Devo continuare?".
Ci mettiamo entrambi a ridere: "Nah, stai esagerando: non sono tanto cattiva!".

La nostra risata si spegne e Gus propone di fare una passeggiata sulla riva. Accetto di buon grado di fare qualche passo, sento le gambe indolenzite per essere stata praticamente nella stessa posizione per ore. Ci alziamo quasi in contemporanea, recupero la borsa e le scarpe che avevo tolto per poter camminare più facilmente sulla spiaggia e mi spolvero il vestito dagli eccessi di sabbia, rimasta appiccicata. Ci avviciniamo al bagnasciuga e iniziamo a camminare lentamente, godendoci il momento, anche se non siamo più soli ora: in giro c'è già qualche mattiniero che sta portando a spasso il cane o che sta facendo jogging. 

Ad un tratto, però, Gus si ferma e resta impalato a fissare le onde, con un'espressione seria. Io lo guardo senza capire e, prima che possa chiedergli se è tutto okay, mi coglie totalmente alla sprovvista: "Sai, Bianca... Mi sei mancata". Mentre lo dice non mi guarda negli occhi, ma li tiene puntati sui suoi piedi, a pochi centimetri dall'acqua. Quella semplice frase mi colpisce dritta al cuore: mi sembra che qualcuno si stia divertendo a contorcermi le budella. Resto palesemente shoccata dalle sue parole, decisamente non mi aspettavo mi dicesse qualcosa del genere e non so cosa rispondergli.
"Gus...".
"Mi sei mancata", ripete la frase, questa volta voltandosi verso di me e guardami dritto negli occhi.

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora