it gets cold at night when you're alone outside

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Mi siedo sulla panchina di un parcogiochi ormai abbandonato: le erbacce hanno invaso le altalene e gli scivoli sono stati decorati da graffiti e scritte piuttosto volgari, credo che nessuna mamma porti qui i propri figli da un bel po'.

È ormai tardo pomeriggio e l'autunno è alle porte: gli alberi stanno iniziando a tingersi di colori più caldi, tendenti al marrone, e le chiome cominciano a perdere le foglie che si ammucchiano ai piedi delle radici. Questo clima rende il paesaggio che ho davanti ancora più triste e desolato, ma ammetto che mi piacciono le vibrazioni che mi trasmette questo posto che ho appena scoperto.

Completamente sola con i miei pensieri, mi accendo l'ennesima sigaretta della giornata. Do un'occhiata al telefono e, oltre alla notifica per il raggiungimento dei ventimila passi giornalieri, ci sono diversi messaggi e chiamate perse da parte di Gus, che ho volontariamente scelto di ignorare per tutta la mia lunga passeggiata. Sono stata talmente assorta nei miei pensieri che nemmeno so come ho raggiunto questo parco, ricordo solo di essere praticamente scappata da casa di corsa, ma non ho minimamente idea delle strade che ho percorso per arrivare qui.

Aspiro un po' di fumo mentre nella testa continuano a rimbombarmi le parole di Peep, quando mi ha detto che secondo lui è del tutto possibile che mi rimetta con il mio ex, solo perché era esattamente ciò che era successo con lui quando era tornato a Los Angeles.

Non so se questo suo pensiero sia stato concepito da sobrio oppure se sia frutto delle droghe che lo rendono più paranoico del solito, sono convinta però che quella frase sia stata un po' una cattiveria gratuita. Crede per caso che per me sia stato semplice lasciare Axel e cambiare da un giorno all'altro tutti i miei piani? Non lo è stato per niente, eppure l'ho fatto perché volevo stare con Gus, non mi importava di nient'altro. Il fatto che mi reputi capace di tornare con il mio ex mi ferisce, come fa a non capire che per me la nostra relazione è mille spanne sopra a tutte le altre storie che ho avuto? Vuol dire forse che per lui non è così? E dunque per lui forse il nostro è diventato un rapporto senza più niente di speciale? In fondo ha anche detto che non gli importa di finire nei casini perché tanto non ha niente da perdere... io sarei niente?

Mi tengo la testa tra le mani e lascio scorrere liberamente le lacrime, singhiozzo senza neanche provare a trattenermi: mi sento intrappolata nelle mie stesse paranoie, continuo a rimuginare su quelle frasi e fumo una sigaretta dopo l'altra, come se i polmoni non fossero nemmeno i miei. Mi arrovello sul suo assurdo rifiuto di mettere da parte l'orgoglio e scusarsi con Axel in modo da evitarsi un mucchio di guai legali, finché tutte le mie riflessioni vengono interrotte dalla vibrazione del cellulare. Immagino sia Gus che sta cercando nuovamente di contattarmi per convincermi a tornare a casa, ma mi sorprendo quando sul display leggo il nome di Tracy.

"Pronto?".
"Bianca, hey. Senti, ho appena saputo cosa è successo a Peep". La sua voce mi investe come un fiume in piena, nemmeno mi saluta e va dritto al punto: "Che cazzo gli è saltato in mente di mettere le mani addosso a quel tizio?".
"Devi chiederlo a lui", rispondo freddamente, aspirando il fumo del tabacco.
"Lo farei, ma non mi risponde al telefono. E' tutto okay?".
Il suo amico sembra vagamente preoccupato, immagino sia stupito quanto me da una reazione del genere: fare a botte non è mai stato tipico di Gus, anzi, lui è sempre stato un tipo tranquillo, il classico che si mette in mezzo per cercare di riappacificare la situazione.

"Sì, probabilmente non risponde alle tue chiamate perché è sotto benzo", lo avverto per tranquillizzarlo.
"Ma è vero che il tizio che ha pestato è il tuo ex?", mi domanda Tracy, visibilmente curioso di sapere più informazioni possibili riguardo a questa faccenda.
Spengo la sigaretta schiacciandola sulla seduta della panchina, poi la getto a terra: "Sì".
Il ragazzo scoppia a ridere dall'altro capo del telefono: "Non ci credo! Peep è andato proprio fuori!", esclama, ed io non capisco se sia più divertito o stranito da quanto accaduto.
Sbuffo e mi torturo le pellicine delle unghie, poi mi faccio coraggio e prendo al volo l'occasione per fargli una richiesta: "Tracy, posso venire a dormire da te stasera?".

Lui tentenna un po', sembra parecchio reticente: so di averlo colto alla sprovvista, ma non ho molta voglia di tornare a casa mia né di chiedere ospitalità a Beth: so che domani ha un turno pesante al lavoro e preferisco evitare di disturbarla con i miei drammi.

"Emh... Bianca, cioè...", balbetta sorpreso: "Dove sei adesso?".
"Non lo so, sono in giro. Per favore". Quasi lo supplico, immagino di fargli un po' pena.
"Se ha fatto una cosa genere e sei incazzata... Cioè, Peep non mi ha mai raccontato nulla, però immagino che se ha fatto una cosa del genere, aveva i suoi motivi. Non lo sto giustificando e non sto dicendo che non dovresti essere arrabbiata con lui, sia chiaro, solo... non lo so, prova ad immedesimarti. E' sempre stato una testa calda, uno che si infiamma subito, però non è mai arrivato a picchiare un tizio: deve esserci sotto sicuramente qualcosa".

Non mi sorprende il fatto che Tracy cerchi di difendere il suo amico, è più che normale che provi a farmi ragionare per spingermi a sistemare le cose con lui. E, in fin dei conti, ciò che ha detto è anche giusto, non mi sento di dargli torto, ma credo che a lui manchi un tassello fondamentale.

Mi alzo dalla panchina e ricomincio a camminare per tornare verso il centro della città, sta iniziando a tirare un po' di vento e comincio ad avere un po' di freddo. Riparandomi contro un edificio, riprendo a parlare con Tracy: "E se ti dicessi che preferisce essere denunciato, piuttosto che chiudere l'episodio facendo delle semplici scuse?"
Gli spiego tutta la storia e quella sorta di piccolo ricatto che Axel ha imposto; che non sono incazzata tanto per quello che ha fatto, ma perché si rifiuta di essere ragionevole. Mi sfogo un po' e mi sento più leggera a dire certe cose ad alta voce: non sono solita farlo spesso, ma condividere con qualcuno le mie preoccupazioni mi aiuta un po'.

"Idiota orgoglioso", è l'unico commento che fa Tracy, dopo avermi ascoltato parlare ininterrottamente per diversi minuti.
Continuo a vagare per la città con il telefono attaccato all'orecchio, anche se nessuno dei due parla più, finché non è lui ad interrompere il silenzio: "Bianca, senti, se proprio non ti va di tornare a casa tua, puoi venire da me stasera".
"Grazie", lo interrompo prima che possa finire di parlare, gli sono davvero riconoscente per questo gesto di gentilezza nei miei confronti.
"Però non voglio essere messo in mezzo ai vostri cazzi, d'accordo?", si affretta ad aggiungere: "Voglio starne fuori, quindi non devi assolutamente dire a Peep che vieni a dormire qui".

The last thing  I wanna do - parte 2 // LIL PEEPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora