CAPITOLO 35

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RYLAND

Lo aveva lui.
Lo aveva sempre avuto lui.

Mi aveva mentito quando gli avevo chiesto,anni fa,se fosse caduto nella sua auto. Il piccolo peluche che avevo trovato nel suo studio,era quello che avevo vinto al tiro alle lattine,a una delle tante fiere del paese. Era alto solo una decina di centimetri e aveva un fiocco rosso attorno al collo.

Lo aveva tenuto lui,per tutto questo tempo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quell'orsacchiotto,non riuscivo a non pensare a quante volte lo abbia preso e se gli fosse spuntato un sorriso. Perché se non voleva averlo sottocchio,non doveva lasciarlo lì,vicino alla sua postazione,pronto per farsi distrarre mentre lavorava a qualche progetto,no?

Non riuscivo a non pensare che,adesso,avevo capito tenesse a me,come io tenevo a lui. Adesso avevo capito che il suo era solo un comportamento per proteggersi,per proteggermi,perché entrambi eravamo troppo simili,entrambi eravamo segnati da troppe crepe. Quando quel giorno,in piscina,mi disse che ogni cosa nella sua vita non durava molto,quindi il suo atteggiamento indifferente (anche se di indifferente c'era ben poco) era per non cedere...adesso avevo capito cosa intendeva. Ed era un pensiero che condividevo anche io;la nostra vita non era esattamente quella dal lieto fine,tante persone si erano fatte male e tante altre ne avrebbero subito,c'erano persone andate via,per sempre e alcune faticavano ancora a rimettersi in piedi.

Ma se c'era una cosa che avevo capito,era che quando Simone era al mio fianco non sentivo più nulla.
Non sentivo nulla.
Avvertivo solo quella sensazione di libertà,quella sensazione di fluttuare in aria a dieci metri dal suolo,avvertivo il suo ascendente su di me...ed era una cosa che ancora non riuscivo a spiegarmi.

Aveva detto che gli sembrava maledettamente giusto. E mi aveva affibbiata tutti quegli aggettivi fantastici che vedeva in me. Li,in quel momento,avevo capito anche un'altra cosa: Simone sarebbe sempre stato al mio fianco,mi avrebbe protetta e si sarebbe preso cura di me,qualora mi servisse.
Mi aveva fatto abbandonare l'idea di bere solo con la sua voce,solo con il suo sguardo. Mi aveva fatto cedere,mi aveva fatto arrendere,ero crollata.

Si dice che quando una persona lascia andare tutto fuori,si sente meglio. Io non so se stavo bene,non so se stavo meglio ma di sicuro non stavo peggio di quanto credessi.
Mi sentivo...anestetizzata.

Simone dopo avermi asciugato i capelli,si era preso cura di me in altri modi. Mi aveva costretta a mandare giù qualcosa,ma avevo rifiutato tutto. Allora aveva messo fuori la sua arma vincente:il gelato,sapeva dei miei gusti simili ai suoi e con quello aveva vinto,di nuovo. Così mentre la mia ciotola gigante era piena di cookie e menta,la sua era piena di cookie e vaniglia. Il gusto forte e fresco della menta era stato una benedizione per la mia gola chiusa. Ma di cosa mi meravigliavo? Lui sapeva sempre cosa fare.

Abbiamo guardato un film,sul divano,una commedia che a me piaceva tantissimo. Ma in quel momento,non stavo prestando attenzione alla tv,in quel momento la mia mente stava tornando indietro,stava analizzando ancora una volta l'incontro di poche ore fa. La mamma aveva visto una sconosciuta,una pazza dai capelli neri che era piombata nella sua stanza senza un motivo.

Senza rendermene conto,i miei occhi erano di nuovo lucidi e mi ero avvicinata ancora di più a Simone. Avevo bisogno di sentirlo,volevo che il suo calore mi avvolgesse. Presto il suo braccio si alza e mi permette di scivolare con la nuca vicino alla spalla. Il suo braccio era forte e caldo,sapeva di leggerezza,sapeva di calma,di una vita meno amara.

NON RIESCO AD ODIARTI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora